Dicembre è il mese migliore dell’anno per l’euro e il fatto che Trump non abbia per ora messo l’Europa al centro dei primi proclami sui dazi commerciali potrebbe aiutare la moneta unica in un rimbalzo in grado di allontanare la parità come potenziale obiettivo di breve termine.
Fino alla fine di novembre era previsto un rafforzamento stagionale del dollaro, ma da adesso in avanti la moneta unica deve battere un colpo anche perché gennaio e febbraio rappresenteranno altri due mesi non facili per l’euro.
Il futuro Segretario del Tesoro Usa Scott Bessent ha già messo in chiaro che il dollaro rimarrà una valuta forte rispecchiando i fondamentali solidi dell’economia americana
I tre pilastri sui quali si baserà la politica di bilancio saranno quelli di un taglio del deficit pubblico, una crescita del 3%, una produzione aggiuntiva di 3 milioni di barili di petrolio al giorno. E dazi.
Il primo annuncio di Trump è andato infatti nella direzione di colpire direttamente con barriere commerciali l’import di merci provenienti da due paesi confinanti, Canada e Messico, e un paese diretto concorrente come la Cina.
Traffico di stupefacenti e di clandestini sono i motivi ufficiali, ma è lo sbilancio commerciale accumulato negli ultimi anni che ha costretto Trump a parlare in questo modo. Il Messico ha superato la Cina come principale partner commerciale, ma gli stessi prodotti cinesi (assieme agli stupefacenti) entrano indirettamente sul suolo americano dal fragile confine messicano.
ll 2025 sarà però anche l’anno che precederà la fine del mandato alla FED di Jerome Powell e se possiamo vedere un elemento di criticità in questo scenario idilliaco che stanno dipingendo i mercati, proprio gli attriti tra governo e banca centrale potrebbero rappresentare un fattore di cui tenere conto qualora una presidenza ombra cominciasse a prendere forma in quel di Washington.
Intanto la BCE si avvicina al tanto atteso nuovo taglio dei tassi con dati di inflazione ambigui.
Scende ancora in Germania, risale in Spagna e in Francia. A Francoforte la convinzione è quella di dover ridurre ancora il costo del denaro per favorire anche una ripresa economia che langue. Di quanto tagliare è ancora un dubbio non risolto.
Se come vedremo tra poco sui grafici di lungo periodo EurUsd conferma la tendenza bearish, osservando il grafico giornaliero ci rendiamo conto che in realtà la lateralità che va avanti da fine 2022 ancora non è stata vinta. La base inferiore posizionata poco sotto 1,05 regge all’urto dei ribassisti e ormai si è capito molto bene che è questo l’ultimo ostacolo prima della parità. Ma ancora non crediamo ci siano le condizioni per andare long su EurUsd.
L’Eurozona attendeva con impazienza i dati sull’inflazione di novembre, numeri che saranno la base di riferimento della decisione BCE di tagliare i tassi. Dati che sono usciti misti come detto sopra.
Il 12 dicembre il mercato sconta un 50% di probabilità di assistere ad un taglio da 50 punti base con un punto di arrivo della riduzione nel costo del denaro al 1,75%.
L’oscillatore SMI (Stochastic Momentun Index) non sembra lasciare molti dubbi su cosa attendersi per il 2025 di EurUsd.
Il segnale bearish di medio periodo (le candele sono trimestrali) nelle ultime tre occasioni è sempre stato micidiale nell’anticipare un profondo bear market dell’euro.
Se sarà così anche questa volta non ci sarà da entrare lunghi su EurUsd almeno fino a quando l’oscillatore non avrà raggiunto livelli di ipervenduto considerevoli.
Per il momento quindi la sollecitazione delle resistenze (1,08 in primis) sono da considerare come finestre di ingresso fino a prova contraria. Al mercato la parola.
Salgono le tensioni geopolitiche tra Russa e mondo occidentale dopo che gli Stati Uniti e i paesi europei hanno dato il via libera all’Ucraina per usare le armi fornite in territorio russo. La ritirata sempre più evidente dell’esercito ucraino imponeva misure che potrebbero poi essere revocate a gennaio con l’avvento di Trump alla Casa Bianca. Così è stato alzando però il tono dello scontro bellico.
Il neo presidente rimane comunque un catalizzatore per i mercati che vedono soprattutto in Bitcoin un vincitore di questa campagna elettorale con la criptovaluta più capitalizzata al mondo sempre ormai a 100 mila dollari e decisamente preferita ad un asset come l’oro.
Anche il dollaro rimane una valuta apprezzata dal mercato proprio per le sue qualità di bene rifugio nei momenti di tensione geopolitica, ma anche per il rinnovato aumento dei rendimenti dei bond a stelle e strisce provocato da un mutamento nell’atteggiamento della Federal Reserve verso i tassi di interesse. Constatata la ancora vigorosa crescita e la resistenza dell’inflazione nello scendere sotto il 3%, Powell ha allertato che la politica di taglio nel costo del denaro potrebbe essere vicina alla fine alimentando speculazioni circa il fatto che a dicembre vivremo l’ultimo “cut” da 25 punti base.
Le dichiarazioni molto dovish del Governatore della Banca d’Italia, nonché membro del board BCE Fabio Panetta, su una politica monetaria BCE che è diventata troppo restrittiva e non necessaria viste le condizioni di inflazione e crescita attuali, non getta certamente acqua sul fuoco al ribasso di EurUsd che buca al ribasso anche il supporto di 1,05.
Atteggiamento opposto rispetto, ad esempio, alla Bank of England dove il Governatore Bailey rafforza l’idea nei mercati che il 19 dicembre ci sarà uno stop temporaneo nel ribasso dei tassi.
In Eurolandia si è stretti tra un’economia stagnante (con recessione in Germania) ed un’inflazione in ripiegamento, e una valuta debole con il rischio di una nuova fiammata inflazionistica causata dalla guerra ai confini. I dati Pmi composite di Eurolandia di novembre sono scesi sotto i 50 punti con particolari criticità in Francia e in Germania, due paesi tra l’alto coinvolti in una forte instabilità politica.
Se c’è una caratteristica che sembra lasciare aperte le porte ad un ulteriore rafforzamento del dollaro contro euro quella la ritroviamo nei grafici con scala mensile di EurUsd. Ogni volta che il cambio ha realizzato un minimo primario l’Rsi (qui misurato su 10 periodi) è in territorio di ipervenduto, per convenzione sotto i 30 punti. Al momento evidentemente ancora non ci siamo e questo è un fattore di cui tenere debitamente conto per il finale di 2024.
Altro indicatore che sembra per il momento non lasciare molte speranze ad una ripresa dell’euro è l’ADX, oscillatore che misura la forza del trend. Il livello attuale sopra i 50 punti testimonia una forza dei ribassisti notevole.
Solo nel 2020 e nel 2022, questa volta con un trend bullish, l’ADX era salito a questi livelli e in entrambe i casi la tendenza non si è arrestata, ma ha semplicemente modificato la sua inclinazione lasciando spazio alla formazione di massimi e minimi crescenti meno parabolici. Questo comportamento calato nella realtà di oggi di EurUsd potrebbe significare che la parità non è un livello così fuori portata seppur con tempi di raggiungimento che potrebbero dilatarsi di alcuni mesi.
Non ci sono dubbi circa il fatto che l’elezione di Trump abbia innescato forti volumi di acquisto sul dollaro americano e di vendita sull’euro, ma anche sullo yen giapponese. I mercati si aspettano un maggior flusso di investimenti all’interno dei confini nazionali (bene in borsa le small caps ad esempio) a discapito degli investimenti esteri e questo zavorra listini come ad esempio quelli europei alle prese con crisi politiche e inflazione in moderato ma costante calo.
L’inflazione in America, seppur rispettando le attese, conferma che ha smesso di scendere.
Anzi è risalita al 2,6% nel mese di ottobre nella componente headline ed è stabile al 3,3% in quella core. Numeri analoghi si sono visti a monte della catena produttiva con i prezzi alla produzione in aumento.
Si allentano così le aspettative di riduzione dei tassi in America con il mercato che non va oltre i 75-100 punti base di easing monetario.
Aumentano invece quelle di taglio anche piuttosto deciso dei tassi in Eurolandia con gli analisti che vedono il costo del denaro al 1,75% fra 12 mesi. I banchieri centrali che fanno parte del board BCE non mancano quasi mai in eventi pubblici di ribadire che l’economia è debole e le aspettative di inflazione stanno rientrando.
E come dargli torto visto lo Zew sceso sia nella componente aspettative che in quelle correnti ad ottobre. Non contribuisce a fare chiarezza la situazione politica tedesca con le prossime elezioni politiche anticipate che si terrano a fine febbraio.
In questo quadro economico e politico come avevamo previsto il biglietto verde ha avuto vita facile, dopo il break ribassista di 1,08, nello scendere fino a 1,05 contro euro.
Il bilancio delle ultime 8 settimane tutte impostate al ribasso per l’euro è simile a quello di settembre 2023. In quel caso 1,05 contribuì a far risalire la china all’euro dopo un
calo del 5% in due mesi.
Ora ci risiamo anche se obiettivamente si ha l’impressione che l’unica variabile che potrebbe salvare l’euro dalla perdita del supporto possa essere un atteggiamento meno dovish delle attese da parte della BCE proprio alla luce della recente dinamica dei cambi.
Perdere 1,05 per EurUsd significherebbe scendere sotto la parità nei prossimi mesi.
La volatilità è in aumento su EurUsd e dopo diverse settimane consecutive di ribasso che hanno spostato il cambio dalla parte alta delle bande di Bollinger a quella bassa, ci si chiede se questa volta il cambio avrà ragione di supporti dinamici che nell’ultimo anno hanno dimostrato di saper contenere gli ardori del biglietto verde.
La velocità e l’intensità con cui EurUsd sta interessando la lower band di Bollinger rispetto alle altre due situazioni viste nell’ultimo anno deve mettere in guardia i trader.
Andare long qui potrebbe aver senso ma significa andare contro ad un mercato che sembra decisamente ben impostato per proseguire la sua corsa.
I segnali arrivati prima del martedì elettorale da dollaro e rendimenti reali erano chiari seguendo i sondaggi. Trump vincente. E così è andata lanciando in orbita il dollaro e i tassi reali statunitensi. Questa volta il buy rumors sell news non ha funzionato e anzi la tendenza si è esacerbata confermato quanto il mercato aveva lasciato intendere. Maggior protezionismo da parte dell’Amministrazione Trump, spinta alla crescita economica interna (il rally delle small caps si spiega con questi due fattori) e quindi più inflazione. Dollaro e tassi di interesse in rialzo sono state le dirette conseguenze all’evento accompagnate dai massimi storici nuovamente ritoccati a Wall Street. Al gruppetto si aggiunge pure Bitcoin con la presenza di Elon Musk che sembra garantire une bel futuro all’universo crypto.
Ma questa è stata anche la settimana della FED con l’ennesimo e super scontato taglio dei tassi da parte di Powell di 25 punti base in una mossa che però rischia di essere l’ultima se le aspettative di inflazione ricominceranno a salire e i propositi trumpiani di lasciare in eredità una golden age per l’economia a stelle e strisce prenderà corpo. Powell ha cercato di fare l’equilibrista tra domande circa i suoi rapporti con Trump e le prossime mosse di politica monetaria. Con il mercato non più sicuro che il FOMC di dicembre si tradurrà in un nuovo taglio nei tassi.
Intanto in Europa trema la Germania dopo il “licenziamento” da parte del Primo Ministro del Ministro delle Finanze. Divergenze di vedute e volontà di andare a chiedere la fiducia in Parlamento dove Scholz potrebbe però trovare un’opposizione in grado di metterlo in difficoltà. A quel punto si andrebbe a nuove elezioni in un paese che dopo aver perso molto dalla parziale frizione nei rapporti con Russia e Cina, sta vivendo un periodo di difficoltà economica con una crisi demografica senza precedenti che mina il sistema di welfare pubblico. La crisi dell’auto (Volkswagen in primis) rischia di mettere in crisi l’intero sistema politico di quella che un tempo era la locomotiva dell’eurozona.
Ma dopo l’elezione di Trump anche la BCE è in difficoltà. L’aumento dei tassi americani sui tratti più lunghi di curva ha indebolito l’euro e nuovi tagli nei tassi rischiano di spingere ancora più giù una moneta unica che ovviamente importa inflazione dall’estero. Il dilemma su cosa fare con i tassi a Francoforte è sempre più forte visti i deboli dati macro dell’intera Eurozona.
La rottura ribassista di EurUsd sembra essere definitiva. Tutto lascerebbe pensare ad un dollaro pimpante nei prossimi mesi grazie alle politiche che Trump metterà in pratica e di stampo inflazionistico. E l’Europa naviga nelle difficoltà economiche e politiche. EurUsd ha disperatamente tentato di aggrapparsi ai supporti ma poi zona 1,078-1,08 ha ceduto di schianto portando immediatamente il cambio a 1,07. Si fanno concrete le possibilità di un ritorno in zona 1,03/1,04. Per la conferma definitiva serve un il break rialzista del Dollar Index, ancora non arrivato.
Come avevamo segnalato nel precedente rapporto i livelli di supporto chiave di EurUsd erano posizionati tra 1,078 e 1,08. Il mercoledì nero dell’euro ha dato il via ad un ribasso definitivo destinato a rilanciare le sorti del dollaro, con la chiusura di settimana che ha confermato la tendenza. All’orizzonte si sta profilando una divergenza tra oscillatori e prezzo molto interessante (per questo sarebbe opportuna la conferma del Dollar Index), ma al momento la strada verso il basso per EurUsd sembra spianata.
Il voto per le presidenziali americane sarà il market mover principale dei prossimi giorni, non solo del mercato valutario, ma anche di quello azionario, obbligazionario e delle criptovalute viste le posizioni assunte dai due leader Trump ed Harris in campagna elettorale. La vittoria di uno o dell’altro candidato sancirà i prossimi 4 anni di guida politica per un paese arrivato all’appuntamento con crescita economica, inflazione in fase di rientro, massima occupazione e indipendenza energetica.
Non mancheranno però i problemi per il prossimo Presidente. A cominciare da un debito pubblico che con questi tassi di interesse diventa particolarmente oneroso da servire.
Subito dopo il voto attenzione però al Fomc; Il 6-7 novembre la banca centrale americana deciderà sui tassi di interesse. Evento particolarmente atteso dopo l’ultima sforbiciata da 50 punti base a settembre. Da allora le attese di riduzione nel costo del denaro si sono decisamente ridimensionate con il mercato che non si aspetta più i 200 punti base di riduzione dei tassi entro 12 mesi. Powell dovrà mediare tra il desiderio di fornire maggior carburante alla crescita con un’inflazione che fatica a ritornare al di sotto dell’obiettivo proprio perché la congiuntura economica e l’occupazione permangono a livelli comunque sostenuti.
La fiducia dei consumatori poi ha registrato un vero e proprio boom a ottobre salendo ai massimi dell’anno. Unica nota stonata la quasi totale assenza di posti di lavoro creati a ottobre a causa di uragani e scioperi vari.
Nelle ultime settimane gli esponenti Fed hanno dimostrato di non voler accelerare il passo nel taglio dei tassi fino a quando l’inflazione non fornirà concreti segnali di voler piegare la testa sotto al 2% target. E il PCE pubblicato venerdì scorso ha confermato come il dato core dei prezzi al consumo fatichi a rientrare.
Intanto in Europa l’inflazione rialza la testa con la Germania in testa che vede i prezzi al consumo registrati a ottobre al 2%. Il tutto in un contesto di ripresa economica fiacca, ma migliore delle previsioni. Il Pil del terzo trimestre dell’Eurozona è salito dello 0,4% contro lo 0,2% atteso. La Germania esce dalla recessione con +0,2%, la Francia dello 0,4%, l’Italia è flat mentre la Spagna è cresciuta dello 0,8%.
EurUsd si presenta all’appuntamento elettorale americano a ridosso dei supporti chiave che conteranno per l’evoluzione futura. Sfondare al ribasso i supporti di 1,078/1,08 avrebbe un significato importante soprattutto perché arriverebbe in un momento di ipervenduto settimanale che nelle ultime due occasioni ha anticipato o coinciso in modo preciso con un bottom primario.
Da queste parti la up trend line che sale da un anno unisce i suoi minimi crescenti e questo rafforza l’importanza del livello tecnico alla vigilia delle elezioni.
La presenza dei supporti chiave di area 1,08 si può notare anche sui grafici giornalieri. Il 61,8% di ritracciamento di Fibonacci dell’intero rialzo aprile-agosto 2024 ha contenuto gli ardori del biglietto verde e ora faticosamente l’euro dovrà ricominciare a costruire la base per il rimbalzo.
La chiusura di mese sopra 1,08 ha fornito un primo importante segnale su EurUsd, ma chiaramente sarà l’esito elettore e la direzione successiva del cambio a definire uno scenario che vede ancora favorita la strategia long EurUsd. Questo almeno fino a quando i supporti sopra citati reggeranno.
Le banche centrali disfano e le banche centrali fanno. Almeno per quanto riguarda EurUsd non ci sono molti dubbi circa l’influenza che lo spread di tasso tra Area Euro e USA esercita sul cambio.
Adesso che il mercato ha ridotto l’ottimismo su un aggressivo taglio dei tassi FED e aumentate le aspettative di maggiore iniziativa da parte della BCE, EurUsd si è mosso di conseguenza verso il basso seguendo in maniera speculare l’andamento del differenziale di tasso EU-US ora negativo per oltre 160 punti base.
Le aspettative sui tassi rimangono comunque un fattore bearish per EurUsd.
Al momento il mercato prezza tra i 150 e i 175 punti base di riduzione del costo del denaro in Europa. Ridotti invece a 125 i punti base attesi in ridimensionamento dall’altra parte dell’Atlantico.
E con la Francia che offre rendimenti superiori a quelli di Spagna e Portogallo, gli effetti negativi sull’euro non potevano che riportarci esattamente dove avevamo previsto, ovvero nell’importante area di supporto di 1.08.
A tutto questo si aggiungono le tensioni crescenti tra Israele e Iran e le revisioni nelle prospettive di crescita tra le economie europea ed americana che acquiscono le divergenze. Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo il Pil atteso negli Usa per il 2024 e 2025 (rispettivamente 2.8% e 2.2%) mentre ha rivisto al ribasso quello della zona Euro (rispettivamente 0.8% nel 2024 e 1.2% nel 2025).
Infine c’è il count down per il voto americano di novembre. Per Trump e Harris un testa a testa che influenzerà inevitabilmente anche il mercato valutario.
Il Fomc previsto per il 6-7 novembre sarà molto interessante arrivando esattamente dopo il voto.
Con quella appena conclusa diventano quattro le settimane di ribasso consecutive per EurUsd con una intensità importante che riporta il cambio a ridosso dei supporti di area 1,08.
Qui si posizionano la trend line crescente che sale dal bottom di ottobre 2023 e sarà necessario per l’euro mostrare un segnale concreto di reazione.
In caso contrario il ritorno a 1,05 ma soprattutto il formale addio al trend rialzista dell’euro sarebbe praticamente cosa fatta. L’ipervenduto raggiunto da EurUsd su scala giornaliero, come quello già visto ad aprile, potrebbe essere un primo tassello in grado di favorire il rimbalzo dell’euro.
Prognosi ancora riservata su EurUsd e prognosi riservata anche per il Dollar Index dove stiamo ritornando a ridosso di resistenze chiave, quelle di 105.
Il biglietto verde, nonostante le attese eccessivamente dovish delle scorse settimane, non è sceso sotto i minimi del 2023 rimbalzando in modo vigoroso e portando a quattro le settimane consecutive di rialzo dai minimi di settembre.
Capiremo presto con il test di area 105 se quella in corso è una fase che fa da intermezzo ad un percorso bearish di medio periodo (all’interno, comunque, di un bull market che nasce post crisi del 2008) o altro. Il tasso di variazione mensile tocca intanto l’importante livello del 4% segnalando una sorta di ipercomprato sul biglietto verde.
Non sono mancate in settimana le dichiarazioni di esponenti della Federal Reserve che hanno invitato alla prudenza sui tassi di interesse. Tagli sì, ma con giudizio e sempre tenendo ben presente l’andamento di inflazione e stato dell’occupazione. I prezzi al consumo a settembre hanno fermato il loro percorso di rallentamento. Il mondo del lavoro non sembra invece per ora vivere particolari difficoltà. Non così scontati i due tagli nei tassi entro fine anno come il mercato si aspetto e di questo hanno preso atto alcuni mercati come quello valutario.
Intanto si avvicinano le elezioni con Trump Harris sempre testa a testa in un clima stranamente poco eccitato da parte di media e analisti a differenza di quattro anni fa.
In Europa intanto la BCE conferma le attese riducendo i tassi di 25 punti base.
Lagarde ha confermato che il processo di disinflazione in Europa è ben avviata con il target 2% che verrà raggiunto nel corso del 2025.
I rischi per la crescita rimangono al ribasso e questo permetterà alla politica monetaria di farsi più espansiva nel corso del 2024-2025 se i dati confermeranno le premesse.
Mercati obbligazionari che vedono ancora una limatura nei rendimenti di mercato ed euro debole che si avvicina ai supporti chiave contro il dollaro.
Lo scenario disegnato la scorsa settimana su EurUsd si è realizzato in pieno con il biglietto verde che, violato al ribasso l’importante livello di 1,10, ha avuto vita facile fino a 1,08 pre meeting BCE.
Qui arriva però il difficile per il biglietto verde, almeno lato analisi tecnica.
Come si vede dal grafico infatti EurUsd è entrato in ipervenduto poco prima del raggiungimento della zona che identifica i supporti chiave e questo, negli ultimi due casi, è stato un fattore che ha stoppato le velleità del biglietto verde.
A ottobre 2024 e aprile 2024 l’ipervenduto ha praticamente centrato in pieno il bottom primario dal quale la moneta unica europea è ripartita. Sarà così anche questa volta?
Il doppio massimo registrato da EurUsd in prossimità delle resistenze di 1,12 ha dato il via ad un fiume di vendite ininterrotto sull’euro.
Un “sell” del mercato rafforzarto dall’idea che se da una parte è vero che la BCE taglierà ancora i tassi, la FED potrebbe essere indotta ad una riflessione più profonda visti gli ultimi dati.
Questo movimento da parte del cambio più importante del pianeta ha riportato temporaneamente EurUsd al di sotto di quella down trend line che ha contenuto i rialzi fino ad agosto. Evidente anche da questa figura come il supporto chiave è quello posizionato in area 1,08.
Sfondare verso il basso avrebbe il sapere dell’esaurimento di una tendenza bullish per l’euro cominciato a fine 2022.
I verbali del recente meeting della FED di settembre evidenziano un contesto di economia ancora in salute dove vengono esclusi scenari di recessione nel breve termine. E del resto la crescita previsionale rimane robusta. Secondo il GDP Now redatto dalla FED di Atlanta la crescita del terzo trimestre dovrebbe superare il 3%. Una previsione allineata ad un altro modello, quello della FED di New York.Le aspettative dei mercati sul taglio dei tassi si sono quindi ridimensionate con un taglio da 25 punti base in ciascuna delle riunioni di novembre e dicembre al momento prezzata dagli analisti.
Il motivo di questo raffreddamento e anche del ritorno del rendimento dei titoli decennali americani sopra al 4% si chiama inflazione. Uscita al di sopra delle attese sia nella versione dei prezzi al consumo che di quelli alla produzione. L’inflazione americana a settembre è salita del 2.4% (2.5% a luglio ma 2.3% le aspettative degli analisti), ma soprattutto con un dato core al 3.3%. Stessi segnali sono giunti dai prezzi alla produzione, solitamente anticipatori di quelli al consumo. Il PPI è salito del 1.8% su base annua a settembre, ma soprattutto è il dato core a stupire con un rialzo del 2.8% in accelerazione rispetto al 2.6% di agosto.
Dove invece la convinzione che il costo del denaro deve scendere velocemente è alta è in Europa. La BCE è chiamata ad una sforbiciata più robusta e rapida per ridare slancio ad un’economia che si sta afflosciando e che richiede vitamine monetarie ora che l’inflazione sta rapidamente convergendo verso l’obiettivo del 2%. Nel meeting di questa settimana sono dati per sicuri tagli da 25 punti base per un “cut” totale di 150 punti base nei prossimi 12 mesi.
Il differenziale tassi a breve termine in questo momento sta incidendo sulle valutazioni del dollaro americano. Sono stati sufficienti alcuni dati di crescita confortanti lato USA per allontanare il biglietto verde da livelli pericolosi offrendo un rafforzamento che ancora non è da KO. Quello potrebbe arrivare se le politiche monetarie ad esempio di Euro e Stati Uniti improvvisamente cominciassero a divergere.
I segnali che provengono da Washington sembrano però andare in altra direzione con la necessità di procedere con tagli più moderati rispetto a quello che ci si aspettava qualche settimana fa. Il mercato è passato dai 175-200 punti base di tagli attesi nei 12 mesi a 100/125. Il differenziale di tasso tra Stati Uniti e Germania sulle scadenze decennali esprime molto bene il perché l’euro si è indebolito nelle ultime giornate. Uno spread favorevole ai Treasury garantisce una remunerazione adeguata per rimanere sul dollaro secondo gli investitori.
Riprendiamo il grafico pubblicato la scorsa settimana di EurUsd con tanto di onde di Elliott e ritracciamento di Fibonacci ad accompagnare e cercare di spiegare i movimenti di prezzo.
Come si vede chiaramente abbattere 1,10 ha avuto un impatto sfavorevole all’euro che in teoria, con questo doppio massimo, dovrebbe dirigere la sua prua verso 1,08. Rimane un ultima speranza per l’euro in zona 1,0905 dove si posiziona il top di onda 1 e il 50% di ritracciamento dell’intero rialzo. Scendere sotto aprirebbe la strada ad un definitivo ribasso.
Mercati in tensione sull’onda delle tensioni belliche medio orientali. L’attacco di Israele al Libano e la risposta dell’Iran sul territorio israeliano rischiano di allargare il conflitto; questo naturalmente preoccupa mercati confortati però dalle decisioni cinesi di combattere la stagnazione che accompagna l’economia con manovre incisive di politica monetaria e fiscale.
Inevitabile la risalita del prezzo del petrolio sopra i 70$ al barile e il rafforzamento del dollaro che si allontana dalle resistenze critiche sul cambio EurUsd.
La prima settimana del mese si rivela sempre cruciale per quello che riguarda i dati macro americani visto che vengono rilasciati i numeri relativi allo stato dell’occupazione.
Numeri che hanno dimostrato che l’economia americana non sta assolutamente atterrando, anzi. Con la creazione di 254 mila posti di lavoro, un calo della disoccupazione al 4.1% e un incremento annuo dei salari del 4%, viene messa in discussione tutta la tesi di una FED aggressiva al ribasso sui tassi.
Evento importante questo dei dati sulla disoccupazione in vista del FOMC del 7 novembre nel quale un altro taglio del costo del denaro dovrebbe prendere corpo, seppur Powell abbia allertato che sarà necessario attendere proprio l’evoluzione dei dati.
L’ISM manifatturiero in contrapposizione al dato sulle nuove buste paga ha invece confermato un rallentamento congiunturale scendendo sotto quota 50 seppur con letture miste nelle sottocomponenti. Sotto 50 punti la componente prezzi, in caduta quella occupazione ma in salita la componente relativa ai nuovi ordini.
In Europa intanto l’inflazione continua a rallentare scendendo anche sotto quota 2%. I dati preliminari di settembre hanno mostrato un raffreddamento a 1.8% su base annua, in discesa rispetto al 2.2% di agosto. Il dato core arretra invece al 2.7%. Siamo ai livelli più bassi da giugno 2021 con paesi come l’Italia addirittura con tassi di crescita dei prezzi a zero virgola. Questo sembra indicare una probabilità sempre più elevata di riduzione nel costo del denaro di 50 punti base nel prossimo appuntamento di politica monetaria della BCE.
Dopo la nomina a primo ministro di Barnier, la Francia cerca di definire il quadro fiscale per i prossimi anni. Situazione complessa che vedrà inevitabilmente degli aumenti fiscali a carico di cittadini e imprese. Il rapporto deficit Pil negativo per oltre il 6% deve rientrare al 3% nei prossimi 2 anni, secondo le intenzioni di Barnier.
Lo spread tra titoli francesi e tedeschi nel frattempo si mantiene sui massimi degli ultimi mesi offrendo in pasto ai mercati una divergenza con EurUsd interessante. O gli Oat al momento sono convenienti, oppure l’euro deve perdere decisamente più terreno rispetto a dove si trova ora. Situazione da seguire e monitorare con attenzione.
Non ci sono grandi dubbi sulla valenza strategia delle resistenze di area 1,12 per EurUsd. Tra agosto e settembre per ben due volte l’euro ha tentato di sfondare verso l’alto un livello critico che nemmeno il taglio da 50 punti base della FED ha scalfito.
Ma altrettanto decisivi diventano a questo punto i supporti di area 1,10. Qui troviamo il pivot di un potenziale doppio massimo ma anche il passaggio della up trend line che guida il rally dell’euro da luglio. La chiusura di venerdì ne mette in discussione la tenuta.
Abbattere 1,10 come è stato tentato venerdì dopo il dato sulla disoccupazione, formalizzerebbe di fatto un doppio massimo che proietterebbe il cambio in zona 1,08 rimettendo in pista quel trading range di lungo corso che sembrava ormai alle spalle.
I dati Pmi tedesco e francese certificano il rallentamento in essere nell’Eurozona. Che continua imperterrito in una Germania che a questo punto rimarrà in recessione anche nel secondo trimestre del 2024. A sorpresa anche la Francia scende in territorio recessivo dopo la “sbornia” olimpica. Una contrazione davvero notevole che riporta l’economia francese sotto la soglia dei canonici 50 punti, ovvero dell’espansione economica.
Per l’intera area Euro i Pmi manifatturieri preliminari scivolano sotto i 45 punti, quelli servizi sono vicinissimi ai 50 punti. Con due delle economie più importanti che stanno andando verso la recessione gli appelli per una maggiore risolutezza della BCE sui tassi di fanno sempre più numerosi. E infatti i rendimenti su tutti i tratti di curva scivolano sempre più in basso. Ma nonostante tutto il mercato continua a puntare sull’euro convinto che l’economia americana abbia bisogno di un taglio nei tassi di 175-200 punti base nei prossimi 12 mesi, una sforbiciata solitamente adottata nei regimi di profonda recessione.
Fino a quando dalla FED non si alzeranno voci realistiche sul prossimo futuro dei tassi (oppure dati macro particolarmente disastrosi) sembra complesso pensare a un EurUsd che sfonda con decisione le resistenze.
Indubbiamente alcune crepe si stanno presentando in America. Ad esempio la fiducia dei consumatori è scivolata sotto quota 100 e le condizioni finanziarie misurate dalla FED di Chicago rimangono rigide.
Ma con una Cina che sembra essere decisa a rispolverare un bazooka monetario e fiscale per rilanciare la crescita, il rischio per la FED e in generale le economie occidentali è quello di vedere venir meno il contributo deflazionistico esportato finora da Pechino. E rincorrere l’inflazione una seconda volta sarebbe molto pericoloso, per questo non escludiamo uno scenario che vedrebbe Powell più prudente nei prossimi meeting di politica monetaria.
EurUsd riprova l’assalto alle resistenze di 1,12 ma ancora una volta la barriera si dimostra particolarmente tosta. Il rapporto di cambio più importante al mondo sta tentanto un’arrampicata apparentemente inspiegabile visto che il differenziale tassi rimane favorevole al dollaro e la crescita economica europea sta scivolando verso la recessione. Ma il mercato sembra continuare a supportare l’idea che il rallentamento americano sarà più forte del previsto e questo implicherebbe un dollaro più debole in futuro. L’ascesa dell’euro comincia però a mostrare qualche segnale di eccesso. Le prime divergenze tra prezzi crescenti ed Rsi discendente lo testimoniano.
La valenza dei livelli compresi tra 1,12 e 1,13 è ben espressa nel grafico che segue. Tutto il movimento ribassista dell’euro qui viene ritracciato per i due terzi, il canonico 61,8% di Fibonacci. Evidente come il mercato di fronte ad una barriera tecnica così rilevante indugia. Indugia perché salire sopra significherebbe un upgrade tecnico notevole che dovrebbe dare motivazioni al mercato che per il dollaro significherebbe fase particolarmente negativa. Condizioni che al momento si faticano a scorgere e che per questo nel breve potrebbero agevole un riprezzamento del dollaro.