Negli Stati Uniti la politica monetaria rimarrà restrittiva ancora a lungo e la FED vede tagli nei tassi solo a fine 2024. Una buona notizia per il dollaro, pessima per bond e euro. I prossimi dati definiranno meglio il percorso di una banca centrale risultata più aggressiva del previsto nel FOMC di settembre.
Negli Stati Uniti potremmo aver già visto il minimo di inflazione del 2023 con una risalita negli ultimi due mesi preambolo ad un secondo giro di rialzi causati dall’aumento dei costi energetici e di stipendi che premono per essere aggiornati. Intanto la BCE alza il costo del denaro ma con tono dovish che indebolisce l’euro.
Dopo diverse settimane di speculazione il mercato sembra aver preso atto che i tassi rimarranno alti, forse anche più dei livelli attuali, a lungo. Quasi insensibile allo shock portato dalla FED sul costo del denaro, l’economia americana non mostra segni di cedimento, quella europea sì. E questo alimenta la forza del dollaro che contro euro ha abbattuto i supporti che contano.
L’inflazione non sembra cedere facilmente il passo in Europa, mentre in America si notano alcuni segnali di rallentamento dell’economia ma ancora timidi. FED ferma sui tassi e settembre, mentre più incertezza in Europa non rilanciano EurUsd che tenta la rottura di un importante supporto dinamico che interromperebbe il bull market
L’inflazione è ancora troppo alta e questo impone il mantenimento di tassi elevati a lungo. Powell e Lagarde hanno ribadito la visione delle due banche centrali più importanti del mondo a Jackson Hole. Una pausa di riflessione potrebbe arrivare sia da parte della FED che della BCE a settembre e questo è piaciuto ai mercati, ma nuovi rialzi non sono da scartare. E questo è piaciuto al dollaro.
L’inflazione americana risale come da previsioni a luglio, dopo un anno di costante ridimensionamento. Anche i prezzi alla produzione rialzano la testa. Previsioni economiche di accelerazione della crescita inducono la FED alla prudenza nel mollare la presa sui tassi. EurUsd continua a rimanere in una fase di limbo in attesa dell’incontro di Jackson Hole a fine mese.
Perde la tripla A il debito americano e questa decisione dell’agenzia Fitch arrivata un pò a sorpresa ha aumentato la volatilità sui mercati in un contesto di politica monetaria ancora restrittiva. In Europa, intanto, i prezzi alla produzione si mostrano remissivi ponendo dubbi a Francoforte su quanto sia ancora opportuno alzare ancora i tassi. Volatile ma poco mosso EurUsd.
FED e BCE non smentiscono i mercati alzando il costo del denaro di un quarto di punto a testa come previsto. Non sarà il 2023 l’anno del taglio dei tassi e non sarà il 2024 l’anno in cui l’inflazione tornerà al 2%. Intanto l’economia europea rallenta, e l’euro a fatica recupera la soglia di 1,10.
La Fed e la Bce non mollano sull’inflazione e quindi sui tassi di interesse. A Sintra i banchieri centrali hanno avuto l’occasione di confrontarsi e sia Lagarde che Powell hanno ribadito che i rialzi del costo del denaro non sono finiti. Anticipando nuove manovre che probabilmente rallenteranno l’economia. Le parole di Powell hanno permesso al dollaro di recuperare evitando il pericoloso break rialzista delle resistenze di area 1,10.
Powell davanti al Congresso ha dichiarato che saranno probabilmente necessari nuovi aumenti nei tassi di interesse per contenere le spinte inflattive negli Stati Uniti. Il dollaro sembra non credere alla FED, oppure pensa che la BCE sarà altrettanto aggressiva viste le massicce vendite sul biglietto verde. Ma i dati PMI europei gelano le aspettative