Le curve forward sui tassi di interesse dei paesi del G10 esprimono chiaramente cosa si aspetta il mercato. La speranza che l’inflazione raffreddi le sue pretese permettendo alle banche centrali nel 2023 di piegare finalmente verso il basso quel costo del denaro che frenerà inevitabilmente le previsioni di crescita del prossimo anno. Il dollaro americano dovrebbe essere il primo a subire un ritracciamento traslando in avanti una politica monetaria che solitamente guida le altre. Tra speranza e realtà c’è ancora tanta inflazione in mezzo che solo i prossimi mesi potranno, eventualmente, ridimensionare.
La FED si appresta così ad incrementare ancora di 75 punti base il costo del denaro alla vigilia di elezioni di Mid Terms che potrebbero “azzoppare” Biden nella guida politica del paese per altri due anni. I dati macro continuano ad essere contrastanti, ma la doccia gelata dell’inflazione di settembre non è ancora stata riassorbita.
L’Eurozona per ora evita l’onta dell’inflazione in doppia cifra con una revisione a settembre dei prezzi al consumo scesi a 9.9% dal 10% precedente. Alcuni fattori di confronto tra ottobre 2021 e ottobre 2022 potrebbero far pensare ad un ridimensionamento, seppur lieve, nei prezzi soprattutto grazie ad un raffreddamento della componente energetica. Vedremo cosa suggerirà la BCE con l’imminente rialzo dei tassi previsto per questa settimana. A distendere solo in parte il clima l’effettivo crollo nel prezzo del gas naturale quotato ad Amsterdam che ha offerto una sponda all’euro. Un preludio a quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi? Lo vediamo tra poco
EurUsd almeno da inizio 2021 vanta una correlazione molto stretta con il prezzo del gas naturale quotato alla borsa di Amsterdam. Il recente calo delle quotazioni è stato dettato da un aumento dell’offerta di gas liquido e da un calo della domanda causato dal rallentamento economico. Un ribasso che potrebbe però fare bene all’euro. Come il rialzo del 2020 anticipò l’avvio di una fase negativa per l’euro (qui EurUsd è ripartito su scala di sinistra invertita) anche oggi potremmo essere di fronte ad un segnale anticipatore (e di forza) interessante.
Naturalmente ogni speculazione su possibili rialzi nel valore dell’euro è da rimandare al mittente fino a quando il mercato non confermerà l’avvenuta inversione di tendenza sui prezzi. Il grafico parla chiaro. La down trend line che guida da tempo il bear market non è mai stata messa in discussione. Solo un superamento della resistenza di 0.99/1.00 rappresenterà una prima indiscutibile crepa nella tendenza. A quel punto bisognerà valutare la forza dei compratori di dollari e studiare eventuali nuove strategie di trading.
Le speranze emerse la scorsa settimana per una alleggerimento nel rialzo dei tassi sono state messe da parte. Il mercato azionario ha messo ben in evidenza queste fosche prospettive sul costo del denaro cedendo ancora. Gli esponenti dalla banca centrale continuano a professare la strategia del pugno duro sull’inflazione fino a quando i primi segni di corposo cedimento non verranno formalizzati dalle statistiche ufficiali. Il 2 novembre saranno altri 75 i punti base aggiunti ai tassi ufficiali che ormai il mercato pensa arriveranno almeno fino al 4,75% entro fine 2022.
Sarà “data dependent” il percorso della FED. Tra il 2 novembre e il 14 dicembre, data della prossima decisione, la FED analizzerà con molta attenzione i dati di prezzi al consumo e produzione ma anche delle vendite al dettaglio. Stiamo entrando infatti in zona Black Friday, uno dei periodi più redditizi per le corporate americane; fondamentale capire per la banca centrale l’evoluzione della domanda e quindi dell’inflazione.
I dati di settembre dei prezzi al consumo hanno confermato che il picco ancora non è stato raggiunto. Il dato core è salito al 6,6% e così i mercati azionari hanno reagito molto male pensando a strette sul costo del denaro ancora più intense.
In Europa il mercato sconta un rialzo di 75 punti base il 27 ottobre con un picco nella politica monetaria attorno al 3% entro 12 mesi. Chiaramente lo scontro in atto ancora più violento tra Russia e Ucraina rimette al centro del discorso la crisi energetica in un Europa sempre divisa sul tetto al prezzo del gas. A questo si aggiunge anche una crisi sui prezzi di alcuni derivati petroliferi come il gasolio che per il 60% arrivavano dalla Russia. Per un raffreddamento dell’inflazione si dovrà ancora attendere. Intanto la Gran Bretagna è nel caos dopo le dimissioni del Cancelliere dello Scacchiere. Il neo governo Truss è già in bilico.
EurUsd ritorna vicino ai minimi dell’anno in un contesto ancora favorevole al biglietto verde per quello che riguarda differenziale tassi, evoluzione politica monetaria, prospettive di crescita economica.
Tecnicamente EurUsd sembra essere ben incanalato all’interno di una tendenza proiettata verso zona 0.90/0.95; qualcosa di singolare sta però accadendo sull’indicatore ADX. La forza del trend espressa da questo indicatore è praticamente crollata. Quando l’ADX sta sopra a 30 il trend dominante, in questo caso ribassista, sta guadagnando forza. Quando scende sotto 15 (come ora) di fatto è praticamente assente. Non è la prima volta che accade nell’ultimo anno, ma in tutti i casi questo comportamento ha coinciso solo con una fase di stasi nel ribasso prima di una nuova fiammata verso il basso di EurUsd. Nuovi minimi in vista?
Un altro grafico di lungo periodo sembra comunque segnalare l’imminenza di un bottom primario su EurUsd. Utilizzando un ciclo a 34 mesi, il grafico di EurUsd su scala mensile ci dice che la regolarità nell’alternanza di massimi e minimi dovrebbe vedere proprio questo periodo come quello ideale per assistere alla formazione di un punto di svolta. Visto il grafico non potrebbe essere che un minimo. Quando le tendenze sono così forti come ora è possibile assistere a dei ritardi temporali, ma nel 2022 un minimo di spessore su EurUsd dovrebbe essere un qualcosa di altamente probabile.
Uno degli esponenti della Fed, nello specifico Barkin, ha per la prima volta inserito il dollaro e la sua forza nelle conseguenze che la politica monetaria della banca centrale potrebbe avere sui mercati. Nello specifico le preoccupazioni di Barkin sono andate nella direzione di un eccessivo squilibrio economico mondiale che danneggerebbe soprattutto chi ha scelto il dollaro come strumento di emissione dei propri prestiti. Il mercato ha colto la palla al balzo cominciando ad intravedere un primo timido segnale di consapevolezza dell’eccessiva forza del biglietto verde. L’euro in poche sedute è ritornato alla parità con il dollaro un livello che, come vedremo sotto, rappresenta il primo spartiacque tecnico di rilievo per i prossimi mesi.
Abbiamo avuto un antipasto generale di quello che potrebbe accadere sul mercato nel momento in cui la FED fermerà, o meglio farà capire al mercato, cosa potrebbe accadere nel caso in cui i tassi di interesse dovessero rallentare la loro corsa verso l’alto. Dipende tutto dall’inflazione e qualche segnale positivo sta arrivando. I prezzi dei noli marittimi crollano, come il prezzo delle benzine. Purtroppo il merito è della recessione, il passaggio (voluto da Powell) sembra obbligato e l’ISM americano conferma che l’entrata in contrazione economica è ormai cosa fatta. Da capire quanto durerà.
In Europa la corsa dell’inflazione difficilmente si fermerà a breve. I prezzi alla produzione hanno mostrato un incremento annuale del 43% contro attese del 38%. Nonostante questo il ribasso nel prezzo del gas sembra aver reso più tiepide le aspettative di inflazione del mercato che oggi non sconta pienamente al 100% un rialzo del costo del denaro di 75 punti base il 27 ottobre. Intanto tra i governi dell’Eurozona ancora non si trova la soluzione al problema energetico con divisioni che non fanno bene a economica e valuta.
I manuali di analisi tecnica stanno già inserendo il grafico di EurUsd nelle loro sezioni dedicate a trend line, supporti e resistenze.
Il canale che dalla primavera sta accompagnando il cambio sotto questo punto di vista è esemplare.
Massimi e minimi decrescenti. I primi tracciano una linea che li unisce, i secondi utilizzando una linea parallela alla prima, magicamente vengono uniti anch’essi nel loro percorso di discesa.
Facile individuare, come avevamo indicato già la scorsa settimana, nella parità il primo punto di resistenza chiave oltre il quale è necessario andare per invertire una tendenza per ora abbastanza delineata.
C’è un oscillatore (che si chiama Price Oscillator) che sta mostrando qualcosa di interessante. Essendo espressione della differenza tra media mobile a 200 giorni e prezzo spot, il Price Oscillator si è mosso sempre più verso il basso negli ultimi tempi confermando quanto estremo sia stato il movimento bearish del cambio. Toccato uno “spread” del -10% è arrivata la reazione dell’euro ora tornato a ridosso delle prime resistenze che contano. Una rottura rialzista di quella trend line che sta ingabbiando l’oscillatore da tempo potrebbe segnalare la volontà dell’euro di ritornare a testare quella media mobile a 200 giorni che da ottobre 2021 non viene sollecitata. Il che vorrebbe dire che sopra la parità per l’euro ci sarebbe spazio di rialzo di almeno 500 pips. La violenza con cui è stato respinto l’assalto allontana però ogni ipotesi ottimistica.
La geopolitica continua ad essere protagonista pur inserendosi in un contesto di politiche monetarie e fiscali dei governi sempre più intrecciate tra loro. La guerra in Ucraina sembra essere entrata in una nuova fase che vede le ritorsioni contro le pipelines uno degli obiettivi principali. I sabotaggi ai tubi dentro i quali transita il gas russo diretto in Europa (North Stream 1 e 2) hanno provocato danni che di fatto mettono la pietra tombale alla speranza dell’Europa di ricevere gas russo questo inverno. La proclamazione da parte di Mosca dell’indipendenza delle quattro repubbliche del Donbass ha acuito ancora di più lo stato di tensione allontanando per il momento ogni ipotesi di soluzione diplomatica al conflitto.
La speculazione sul prezzo del gas ha incendiato nuovamente la speculazione affossando un euro che vede la recessione sempre più profonda in arrivo.
In Italia il cambio di maggioranza alla guida del paese non ha cambiato l’umore dei mercati sui titoli di stato italiani. I rendimenti volano vicini al 5% e per la nuova premier Meloni sarà necessaria un’opera politica e diplomatica con Bruxelles molto equilibrata per evitare scrolloni. A Francoforte intanto si prepara la nuova maxi stretta sui tassi ad ottobre nel tentativo di contrastare l’inflazione.
Rimanendo sempre in Europa, grave la situazione della sterlina dopo l’annuncio di ampi tagli fiscali da parte del neo Governo Truss. I mercati non hanno accolto bene la notizia considerando l’inflazione in doppia cifra che circola in terra britannica. Affossata la sterlina, la Bank of England è intervenuta per acquistare i titoli di stato massicciamente venduti dagli investitori.
In America non sembrano per il momento emergere grandi preoccupazioni per la forza del dollaro. I rendimenti continuano a salire e ormai è scontato che la FED non fermerà i suoi rialzi nei tassi di interesse prima del 4,5%. Le dichiarazioni degli esponenti FED rimangono molto hawkins e questo spingerà inevitabilmente gli Stati Uniti in recessione. Di quanto ce lo diranno probabilmente i mercati azionari nei prossimi mesi.
EurUsd continua a muoversi con estrema regolarità all’interno di un preciso canale ribassista. Testata la parete inferiore in zona 0,95 lecito a questo punto attendersi un rimbalzo verso la parità diventata adesso la barriera apparentemente invalicabile per l’euro. Un cambio di tendenza potremo averlo solamente al superamento delle bande di Ichimoku (conferma sopra 1,025) che da tempo fanno da argine ai propositi bellicosi dell’euro.
Il grafico che presentiamo qui sotto sembra suggerire anni davanti a noi di forza ancora dirompente per il dollaro americano. Se quella appena formalizzata in questo 2022 è una rottura di una neck line di un testa e spalla invertito di lungo periodo, il Dollar Index non fermerà la sua corsa prima di 120. Questo significa ancora un buon 10% di margine di guadagno per una divisa già ampiamente sopravalutata in termini di poteri d’acquisto. Nei confronti dell’euro infatti la sopravalutazione supera ampiamente il 20%. Ulteriori allunghi cominceranno a creare problemi di competitività alle merci americane, ma anche di inflazione all’economia europea. E’ comunque un dato di fatto che al momento ogni pull back del dollaro è da interpretare come correttivo e un’opportunità di acquisto.
La FED non ha nessuna intenzione di tornare indietro per salvare l’economia, almeno per ora. La lotta all’inflazione è prioritaria. Quindi 75 punti base di aumento ai quali ne seguiranno altri per arrivare a fine anno con tassi tra il 4.5% e il 4.75%. Una mazzata per il mercato azionario che già pregustava un ammorbidimento da parte di Powell. Gli anni settanta hanno rappresentato una palestra utile per capire che la guardia non va mai abbassata quando il fuoco dell’inflazione si accende. I salari e la loro volontà di rimanere ancorati al costo della vita sono un pericolo e non si vuole assolutamente arrivare ad una condizione di rialzo brutale nei tassi che ucciderebbe per anni il tessuto economico. Quindi meglio agire subito e in fretta per arginare i rischi di aspettative di inflazione in doppia cifra. Pazienza se sarà recessione e pazienza se la disoccupazione l’anno prossimo (stime FED) salirà al 4,4%.
Nessuna prospettiva di taglio nel costo del denaro prima dell’autunno 2023 e ovviamente dollaro che ritrova vigore dopo una breve e temporanea fase di respiro. Il forex è però stato scosso dalle notizie che arrivano dal Giappone. La Bank of Japan ha rotto gli indugi intervenendo per la prima volta da parecchi anni sul mercato forex per arginare la debolezza dello yen. Non cambia la politica monetaria, ma la linea nella sabbia è stata fissata attorno a 145 di UsdJpy.
Intanto l’Europa entra in una fase ancora più cruda delle tensioni con la Russia. Putin ha richiamato i riservisti facendo intendere che non cederà altro territorio in Ucraina. L’incubo per l’occidente non si chiama più solo mancanza di gas ma anche rischio nucleare con missili tattici che Mosca potrebbe utilizzare per piegare il nemico ucraino.
Sul fronte della politica monetaria i prossimi dati macroeconomici saranno utili per comprendere come e con quale intensità la BCE deciderà di procedere sui tassi di interesse. Frenare la caduta dell’euro potrebbe presto diventare una delle priorità alla quale Lagarde e soci dovranno seriamente pensare soprattutto ora che alla guida del Governo italiano sono arrivati partiti non propriamente amichevoli.
Qualche settimana fa era la media mobile a 100 giorni. Poi l’accelerazione del ribasso ha portato ad essere la media mobile a 50 giorni la principale resistenza dinamica da tenere sotto osservazione nelle prossime settimane per sperare in una inversione di tendenza dell’euro. Da marzo ogni tentativo di EurUsd di violare al rialzo la media si è rivelato vano. Anche a settembre è andata così e quindi possiamo tranquillamente dire che fino a quando EurUsd non chiuderà sopra 1,01, per il dollaro grandi pericoli non ce ne sono.
Da brivido il grafico a candele trimestrali di EurUsd. Dato ormai per scontato e formalizzato il testa e spalla ribassista di lungo periodo, in teoria non c’è nulla fino a 0.90, il target di figura. Questa sarebbe l’ipotesi meno impattante per l’euro. Le sei chiusure trimestrali consecutive di EurUsd (trimestrali) nascondono infatti una fragilità di fondo certificata dal segnale ribassista del Macd. L’oscillatore poche volte ha lanciato segnali buy/sell di lungo periodo negli ultimi 25 anni. E quei due lanciati nel 2002 (rialzista) e nel 2009 (ribassista) hanno anticipato movimenti di lunga durata. Pur partendo da una situazione già di Macd sotto zero, il recente segnale bearish del 2022 lascerebbe pensare a un EurUsd che andrebbe addirittura ad insidiare i minimi storici nei prossimi mesi.
Nella settimana del FOMC il dato sull’inflazione di agosto non ha mostrato quel ridimensionamento che molti analisti si aspettavano soprattutto nella componente core. L’inflazione “headline” è salita del 8,3%, in calo rispetto al dato di luglio a 8,5% ma sopra le attese del 8,1%.
A sorprendere in negativo soprattutto il dato core cresciuto al 6,3% rispetto al 6,1% atteso e al 5,9% di luglio. Pur essendo il secondo mese decelerazione dell’inflazione per il dato complessivo dal picco di 9,1% di giugno, la lotta della FED contro l’inflazione non è ancora terminata. E questo non è piaciuto ai mercati che percepiscono segnali hawkins dalle parole degli esponenti FED.
Il motivo si chiama ovviamente tassi di interesse e relativa pressione sull’economia. A questo punto non viene escluso addirittura un rialzo di 100 punti base da parte della FED a settembre seguito da una mossa altrettanto corposa a ottobre. Il dollaro non ha tardato a prendere beneficio da questa situazione riportandosi in zona parità con l’euro dopo il modesto rimbalzo naufragato sulle prime resistenze.
In Europa intanto ci si avvicina alle elezioni italiane in un contesto ancora di forte incertezza per le decisioni della Commissione Europea sul gas. Nessun tetto per ora, ma un piano di risparmi che dovrebbe consentire un passaggio invernale senza problemi di scorte. La BCE proseguirà con le sue manovre di rialzo dei tassi nel tentativo di arginare l’inflazione. L’effetto collaterale sarà naturalmente un rallentamento economico ancora più marcato su quei paesi che stanno subendo gli effetti peggiori dall’aumento nel prezzo del gas. Germania e Italia in primis. Il mercato stima un rialzo di 75 punti base il 27 ottobre.
Il grafico basato sulle Ichimoku cloud è veramente utile per capire come muoversi nel breve periodo su EurUSd. E anche questa volta ha messo in chiaro cosa deve fare l’euro per cambiare tendenza.
Finora ogni tentativo di inversione da parte dell’euro ha trovato infatti nelle “cloud” una valida resistenza. Il passaggio attuale di queste nuvole è compreso tra 1.02 e 1.035. Solo una violazione verso l’alto delle resistenze dinamiche potrà cominciare a farci ragionare su un minimo definitivo della moneta unica europea. Uno scenario che seppur caldeggiato dall’analisi ciclica, richiede conferme che ancora non si scorgono all’orizzonte.
Al momento non abbiamo prove, ma solo indizi circa il fatto che EurUsd ha intenzione di realizzare un minimo primario.
Le divergenze tra prezzo e Rsi sono evidenti, ma questo non basta per entrare long su EurUsd senza tentennamenti. In questi casi un modo per limitare il rischio di ingresso anticipato potrebbe essere quello di attendere un break verso l’alto da parte del Rsi di quella trend line discendente che dal 2021 ne contiene le velleità rialziste. Solo a quel punto si potrà valutare un’analoga strategia su prezzo spot di EurUsd.
Nella settimana della BCE e in attesa del FOMC in America, Lagarde non riserva grandi sorprese al mercato. I tassi di Eurolandia sono saliti di 75 punti base portando il costo del denaro a 1,25%. Francoforte ha assicurato che ci saranno nuovi rialzi con l’obiettivo di sconfiggere l’inflazione e riportarla entro il valore medio del 2% nei prossimi anni.
Il problema per la zona Euro è che però la revisione della stessa inflazione è stata sensibilmente modificata al rialzo. Nel 2022 8,1%, nel 2023 5,5%, nel 2024 2,3%. Numeri che ancora una volta renderanno amarissima la pillola di investitori che alle perdite nominali di bond e azioni sommeranno quest’anno una consistente perdita di potere d’acquisto.
Riviste al ribasso le previsione di crescita. Pil su del 3,1% nel 2022, 0,9% nel 2023 e un timido 1,9% nel 2024. Lo scudo anti spread è disponibile per contrastare dinamiche di mercato ingiustificate e disordinate che rappresentano una seria minaccia per la trasmissione della politica monetaria in tutti i Paesi dell’area.
Euro che però non è riuscito ad andare oltre un rimbalzo verso la parità anche perché dalla parte americana continuano ad arrivare forti segnali hawkins sui tassi. Powell non vuole smorzare i toni sull’inflazione tenendo ancora alte le attese del mercato. Ci sarà un nuovo giro di vite da 75 punti base e poi saranno le dichiarazione successive a fare la differenza. La curva dei rendimenti rimane piatta con i tassi a 2 anni sempre sopra il 3,5%. Le borse naturalmente non gradiscono questo tono della FED, il dollaro sì e i nuovi massimi anche contro lo yen giapponese e lo yuan cinese sono un perfetto esempio della forza dirompente del biglietto verde e del suo differenziale tassi positivo.
La BCE ha aumentato l’appeal dei rendimenti europei ma l’euro non reagisce. Sui grafici settimanali possiamo notare tuttora l’assenza di candele tipiche di una fase di inversione di tendenza. Mancano quindi quei pattern di prezzo che solitamente catturano i punti di svolta. Questo fa pensare che l’euro potrebbe scivolare ancora più giù, magari verso 0,96 o ancora peggio verso 0,90 dove si annidano numerose proiezioni di supporto. Per il momento ogni rimbalzo sembra destinato a naufragare in zona 1,02/1,03.
Se per EurUsd rimane in pista la possibilità di un affondo fino ai minimi di settembre di 0.96, il Dollar Index continua a flirtare con area 110. Se quella in corso è un’onda 5 del movimento rialzista cominciato alla fine della grande crisi finanziaria del 2008, allora possiamo ragionare come 116-117 in termini di punto di approdo di questo movimento.
Qui l’estensione di onda 3 fino al termine di onda 5 sarebbe pari a 2,618 volte onda 1.
Sempre qui onda 5 sarebbe pari a 1,618 volte onda 1.
Infine a 120 onda 5 sarebbe uguale a onda 3 coincidendo con il massimo del 2001 del biglietto verde.
Una palese sopravalutazione che ancora non ha coinciso con estremi di sentiment. Il tasso di variazione a 12 mesi ha superato il +15%, altro indizio di forza estrema. L’Rsi mensile sta sfiorando quota 80, un ipercomprato che ritroviamo solo nel 2015 e prima ancora nel 1985 alla vigilia di due fasi di ribasso del dollaro.
La sensazione quindi è che manchi ancora qualcosa (ma non tantissimo) per arrivare ad un massimo primario del biglietto verde destinato a durare per anni.
Il rullo compressore dollaro non si ferma e macina nuovi massimi su diverse valute tra cui l’euro e la sterlina. L’Europa sembra essere di nuovo il ventre molle di un’economia globale in peggioramento anche in quel mondo asiatico, soprattutto cinese, che fino a oggi non aveva mai destato preoccupazioni. Tra gli analisti serpeggia il timore che per distrarre l’opinione pubblica da un evidente fase di peggioramento della congiuntura economica, il premier Li potrebbe forzare la mano sulla questione Taiwan. La tensione militare attorno all’ex isola di Formosa è già altissima e basterebbe poco per scatenare un incidente diplomatico dalla portata globale visto lo stallo bellico tra Russia e Ucraina.
La FED ha fatto capire al mercato che non intende fermarsi sui tassi. Si arriverà a breve al 3,5%, forse 4% in una lotta contro l’inflazione che non deve mostrare tentennamenti. E infatti il mercato del lavoro ancora risulta tonico confermando come Powell deve assolutamente proseguire nella sua opera di normalizzazione del costo del denaro per evitare pericolose fughe in avanti dei prezzi al consumo poi difficili da riparare.
La stessa FED è apparsa stupita dalla reazione dei mercati azionari di inizio agosto e proprio questo “stupore” dichiarato nelle parole di alcuni dei suoi membri ha scatenato una forte presa di profitto su azioni ma anche su obbligazioni.
Obbligazioni che continuano ad essere un termometro di forte tensione in Europa soprattutto attorno all’Italia. I rendimenti decennali tornati al 4% testimoniano una sfiducia strisciante attorno alla seconda potenza industriale della zona Euro in vista delle elezioni politiche che a fine settembre decreteranno il successore di Mario Draghi alla guida del paese.
Tutto questo si verifica in un contesto tesissimo sul fronte dell’approvvigionamento energetico dell’intera Europa, sempre più a rischio carenza di energia dopo lo stop definitivo all’erogazione di gas da parte di Gazprom.
La BCE è chiamata così a compiere una manovra di rialzo dei tassi (50 o 75 punti base) in un contesto economico e geopolitico in deciso deterioramento. E l’euro va sempre più giù.
Il tipico indicatore che valuta il dollaro nel suo complesso, il Dollar Index, ritesta nuovi massimi seppur in divergenza con oscillatori di ipercomprato che segnalano la possibilità di un top di breve periodo che potrebbe lasciare spazio ad una correzione favorevole alle altre divise concorrenti. Correzione che comunque assumerà i toni di un movimento di scarsa entità se non riuscirà ad andare sotto quota 105.
Prosegue intanto senza grandi dubbi il movimento ordinato di ribasso di EurUsd. Da inizio 2022 i corsi si stanno mantenendo all’interno di un canale ribassista che prosegue il lavoro di ribasso già cominciato nel 2021 quando venne formalizzato un doppio massimo. Non possiamo quindi parlare di movimenti nei prezzi disordinati e questo è anche alla base di un sentiment che ancora non si può definire estremamente pessimista sull’euro. La base inferiore di questo canale ribassista passa attualmente per 0,96, un prezzo che raggiungeremo probabilmente nelle prossime settimane.
I mercati avevano attese con un chiaro nervosismo il simposio di Jackson Hole. Powell non ha deluso, dando però ai mercati pessime notizie. Il presidente della Federal Reserve ha ribadito l’impegno nel frenare l’inflazione a qualunque costo. I tassi saliranno a settembre e poi ancora a dicembre ad un ritmo consistente. Lo stesso Powell ha ammesso che ci saranno conseguenze per imprese e famiglie, ma non agire sul costo del denaro arrecherebbe un danno ancora maggiore in prospettiva a causa della perdita di potere d’acquisto che ha già falciato i bilanci dei cittadini.
L’obiettivo di inflazione del 2% appare comunque ancora lontano e non sarà certo tema di inizio 2023.
Un rialzo dei tassi di 75 punti base a settembre è così da mettere in cantiere e il dollaro ha subito trovato la forza per riprendere quota. Il differenziale tassi con l’euro si allarga e le misure per contrastare l’inflazione messe in campo comincia a dare i suoi frutti a differenza di una zona Euro dove vige l’incertezza. Lo stesso dicasi per i differenziali di crescita in evidente allargamento per l’impatto decisamente meno forte sui costi energetici negli States rispetto a Eurolandia.
La crescita economica sarà comunque rallentata in America e l’aumento dei tassi porterà un po’ più di disoccupazione e un rallentamento nel mercato immobiliare. Fallire però sarebbe fatale a detta di Powell con effetti devastanti destinati a protrarsi per anni.
Ma il cuore della crisi rimane l’Europa. Il prezzo del gas e dell’elettricità è fuori controllo a causa della fortissima speculazione in atto su un mercato che deve fare i conti con lo stop delle forniture di energia da parte della Russia. L’inflazione galoppa scendendo sempre più velocemente a valle anche su prodotti apparentemente poco legati al costo dell’energia come quelli di base.
I Governi europei sono chiamati ad interventi risolutivi e la BCE nel frattempo dovrà gestire un crescente rischio Italia in vista delle elezioni di fine settembre e la debolezza dell’euro che automaticamente alimenta l’inflazione. Atteso un rialzo da 50 punti base con scommesse più aggressive fino a 75 punti base nel prossimo meeting. Sarebbe questo un argine al ribasso dell’euro.
L’analisi tecnica supporta il dollaro su tutte le scansioni temporali. Lungo, medio e breve termine dicono che il tori sul biglietto verde è dominante. Il grafico daily ad esempio ci fa capire quali sono i livelli di resistenza chiave per le prossime settimane. Intanto 1,025 e 1,035 rappresentano le bande inferiori e superiori delle Ichimoku cloud. Poco sotto la down trend line che bene ha fatto a metà agosto. Solo sopra 1,035 si potrà cominciare a ragionare sulla formazione di un bottom primario su EurUsd.
Un minimo primario oggi ci sembra però ancora prematuro. Osservando le bande di Bollinger su scala mensile notiamo come per l’ottavo mese consecutivo EurUsd si sta arrampicando sulla banda inferiore. Segno che il trend ribassista è vigoroso. Segno che serve prima di tutto una fase di stasi nella discesa per diverse settimane con tanto di minimo sopra la banca di Bollinger inferiore. L’autunno potrebbe non essere facile per l’euro.
Sarà Jackson Hole l’evento in grado di portare il cambiamento sulla tendenza di EurUsd? I banchieri centrali si ritroveranno il 25, 26 e 27 agosto e qualche novità sulle politiche monetarie future è attesa adesso che i prezzi delle commodity si sono ridimensionati. Il FOMC è previsto per il 20-21 settembre con una FED che dopo il dato migliore delle attese sull’inflazione potrebbe tornare a più miti consigli rispetto ai 75 punti base di aumento previsti a inizio mese.
I prezzi al consumo americani a luglio sono rimasti infatti invariati, facendo “raffreddare” l’inflazione su base annua al 8,5%.
Anche i prezzi alla produzione hanno visto un tasso di incremento a luglio inferiore al 10%. Tanto è bastato ai mercati per festeggiare con rialzi in borsa e riduzione dei tassi a breve termine. La speculazione infatti punta adesso ad un rialzo del costo del denaro a settembre solo di 50 punti base e non più di 75 come previsto a inizio settimana scorsa.
Gli esponenti della FED continuano comunque a mandare messaggi netti. L’inflazione andrà stroncata in fretta. La FED non sembra essere soddisfatta dell’interpretazione che il mercato ha dato dei verbali relativi al meeting di luglio. Vedremo quali novità arriveranno in questa seconda parte del mese anche dalla BCE.
Lo stallo politico italiano che porta alle elezioni alimenta un’incertezza per il momento contenuta alle pagine dei giornali. Gli spread BTP-Bund rimangono fermi e si guarda alla definizione delle coalizioni per interpretare cosa potrebbe succedere. Moody’s intanto mette in outlook negativo l’Italia e questa sembra essere una chiamata alla responsabilità per il Governo che verrà. Chiamata già formalizzata dalla BCE con i vincoli condizionali all’attivazione delle misure anti speculazione sugli spread. Che nessuno in Europa si augura debbano essere attivati.
L’analisi ciclica sembra suggerire l’avvenuto raggiungimento di un bottom primario su EurUsd. Ogni 147 settimane EurUsd realizza dei punti di massimo e minimo di un certo rilievo e a questo punto il grafico ci fa apprezzare come dovremmo essere in zona minimo ciclico. Ovviamente ci possono essere degli scostamenti temporali di qualche settimana, ma sul fatto che quello in via di formazione è un minimo primario non ci sono dubbi.
Si tratterà di capire se l’affondo del dollaro si spingerà fin sotto la parete inferiore del canalone ribassista (quindi tra 0.90 e 0.95) oppure l’euro reagirà prima.
Manca in effetti ancora quella fase di sell-off estremo che in passato ha portato il tasso di variazione del cambio sotto quota -20%. Al momento siamo a meno 13% e per questo non possiamo escludere un’ultima zampata del dollaro prima di dare il via al sospirato rimbalzo dell’euro.
I dati sull’evoluzione dei prezzi al consumo americani hanno favorito l’euro di ritenta un nuovo rimbalzo. Allontanarsi dalla parità era il primo obiettivo che sta riuscendo. Adesso ci sono delle resistenze piuttosto toste da superare. Riproponiamo per questo il grafico basato sulle Ichimoku cloud. Down trend line sotto pressione ma nessuna inversione può essere chiamata fino a quando la soglia tecnica di 1.04/1.06 verrà violata al rialzo e confermata in sede di chiusura settimanale.