Spot EurUsd: 1.1880
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1700, 1.1605, 1.1420) Resistenze (1.2260, 1.2350, 1.2500)
Strategia: Long a 1.1850
Stop loss: 1.1700
Take profit: 1.2250
Alla fine anche Powell ha dovuto ammettere che l’inflazione sopra al 2% è qui per restare più di qualche mese. Confermando che “i prezzi sono saliti in modo notevole e resteranno elevati a causa di colli di bottiglia maggiori delle attese”, la FED prende atto dell’inevitabilità di conseguenze legate ad una crescita prevista robusta nel 2021 (+7%), ma superiore al 3% anche nel 2022.
Le tensioni mondiali per aumentare gli stock di materie prime in vista dello shock di domanda che verrà generato dagli imponenti piani di rilancio in Europa e Stati Uniti ma non solo, combinato alla necessità da parte di alcune categorie di lavoratori di recuperare velocemente parte del terreno perduto in termini di fatturato con l’aumento dei listini, spinge 13 dei 18 componenti del FOMC a prevedere un paio di aumenti dei tassi di interesse entro il 2023 (erano sette a marzo). Quello che però ha fatto scattare gli acquisti sul dollaro è stata la previsione di 7 di questi 13 componenti per un rialzo dei tassi già nel 2022. E se già alla fine dell’anno prossimo un ritocco all’insù del costo del denaro ci sarà allora quella frase di Powell “daremo ampio preavviso prima di modificare il piano di acquisto titoli” fa pensare ad un annuncio di tapering forse già a Jackson Hole nel mese di agosto.
Ovviamente il meeting della FED del mese di giugno era atteso e seppur non provocando scossoni clamorosi sui mercati azionari ed obbligazionari ha assestato qualche colpo in grado di ridare un po’ di tonicità al dollaro.
La moneta americana ha potuto poi sfruttare le contemporanee prese di profitto su alcune materie prime particolarmente surriscaldate come rame e legname, ma anche sui metalli preziosi. A questo si è aggiunto un viaggio di Joe Biden in Europa che non solo ha riavvicinato i vecchi alleati, ma ha riaperto i canali diplomatici con Russia e Turchia.
Naturalmente saranno i dati macroeconomici, soprattutto di inflazione e disoccupazione, a fare da spartiacque nei prossimi mesi circa l’andamento del dollaro, ma non bisogna dimenticare che in Europa qualche mal di pancia per tassi reali troppo negativi si stanno alzando in paesi tradizionalmente avversi all’inflazione come la Germania. La BCE ha confermato di spingere ancora al massimo sul piano di riacquisto titoli, ma se a breve la FED dovesse annunciare l’avvio del tapering, in scia a ciò che UK, Canada e Nuova Zelanda hanno già fatto, allora anche Miss Lagarde dovrà pensare a preparare i mercati all’evento. Per ora lo scenario è escluso con il Governatore che ha indicato come necessario portare avanti ancora per un certo periodo la politica del tasso negativo.
Dal punto di vista tecnico la neutralità di medio periodo prosegue con il cedimento dell’importante media mobile a 50 giorni che formalizza su EurUsd un mini testa spalla che in poco meno di 24 ore abbatte l’obiettivo di 1.195. A questo punto l’inversione di tendenza non è un’opzione da scartare qualora EurUsd dovesse allontanarsi da 1.19. EurUsd deve reagire subito se non vuole perdere molto più terreno nelle prossime settimane.
Nell’articolo di un paio di settimane fa avevamo indicato come probabile un boost di volatilità sul dollaro. Così è stato ed ora tutti guardano al Dollar Index per capire se quel doppio minimo che si sta palesando all’orizzonte troverà conferma. La down trend line che scende dai massimi del 2020, ma anche la media mobile a 200 giorni, sono sotto pressione. Uno sforamento è concesso, ma se dovesse cedere anche il massimo di inizio aprile allora sul biglietto verde un allungo del 4-5% dai livelli attuali sarebbe da mettere in conto.
Spot EurUsd: 1.2210
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1980 1,1800, 1.1605) Resistenze (1.2350, 1.2500, 1,2550)
Strategia: Long a 1.2000
Stop loss: 1.1900
Take profit: 1.2350
Mercati che ormai sono entrati in modalità stand by in attesa di capire come si muoverà la FED in occasione del meeting di politica monetaria americana previsto per il 16 giugno. Evento centrale anche perché i dati di inflazione continua a mostrare un’inclinazione sempre più marcata verso l’alto ed un ulteriore rinvio alla decisione di impostare una exit strategy potrebbe vedere reazioni scomposte da parte del mercato.
Il tapering a livello globale è già cominciato. Canada, UK, Nuova Zelanda hanno già deciso di ridurre il piano di acquisto titoli progettato nel 2020. Paesi emergenti come il Brasile e la Russia hanno già cominciato ad alzare i tassi di interesse. Il Fao Food Index, indice che misura i prezzi delle derrate alimentari, ha fatto registrare un incremento record a maggio superiore al 5% che su base annua rende più cari i generi alimentari del 40% rispetto a 12 mesi fa. I prezzi dei noli marittimi continuano a segnare dei rialzi che evidenziano lo short di offerta proprio nel momento in cui le riaperture del mondo occidentale riportano i consumatori nei negozi e supermercati.
Un effetto collo di bottiglia che la FED ritiene temporaneo e che finora ha spinto l’autorità monetaria a gettare acqua sul fuoco salvo isolati tentativi di attirare l’attenzione come quello di Bullard. E se la FED fosse in errore? Ovviamente in quel caso i mercati reagirebbero in maniera disordinata con volatilità. Quella volatilità che per il momento non si vede però all’orizzonte.
In Europa proseguono le fasi di ultimazione dei vari piani nazionali per la gestione dei fondi previsti dal programma Next Generation EU, mentre la BCE mantiene un atteggiamento attendista. Non c’è fretta secondo Francoforte per rimuovere gli stimoli con i dati PMI di Eurolandia tutti ampiamente sopra i 50 punti che confermano la presenza di una ripresa diffusa nel Vecchio Continente. In Gran Bretagna invece la Bank of England si mostra sempre più preoccupata dal surriscaldamento del mercato immobiliare. Dopo mesi di ferma il real estate inglese a maggio ha fatto registrare un incremento di prezzo del 10,9% su base annuale con un volume record di mutui erogati. Non a caso si comincia a valutare un rialzo dei tassi già nel 2022.
Dal punto di vista tecnico risulta essere interessante analizzare per EurUsd l’andamento delle bande di Bollinger. Sul cambio questo dato appare in sensibile contrazione rispetto a quello che abbiamo visto nei mesi primaverili anche se venerdì c’è stato un primo segnale di risveglio concreto.
La distanza tra banda superiore e inferiore era arrivata a poco meno del 1.5% con i prezzi che fino a quel momento avevano trovato nella media mobile a 20 giorni il supporto ideale per rilanciare la tendenza di breve periodo. Sembra un po’ di rivivere la situazione vista tra novembre e gennaio quando il cedimento del supporto di breve periodo innescò una più decisa correzione per EurUsd. Attenzione quindi alla base inferiore delle bande posizionata in area 1.207 perché un suo interessamento potrebbe lasciare spazio ad un movimento correttivo di più ampia portata.
Al momento manteniamo comunque il trade long con la tranquillità di uno stop posizionato in corrispondenza dell’entry level. Il Dollar Index tenta intanto di uscire dalle secche nelle quali si era infilato ritestando la media mobile a 50 giorni. Uno sfondamento verso l’alto creerebbe i presupposti per spingere le quotazioni fin sotto la media mobile a 200 giorni posizionata circa 1,5% più in alto rispetto a oggi. Nulla di clamoroso ma l’ennesimo tentativo del mercato di allontanare il dollaro da una pericolosa rottura ribassista.
Spot EurUsd: 1.2210
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1980 1,1800, 1.1605) Resistenze (1.2350, 1.2500, 1,2550)
Strategia: Long a 1.2000
Stop loss: 1.1900
Take profit: 1.2350
All’improvviso il mercato si risveglia da una specie di anestesia che aveva contraddistinto gli ultimi mesi prendendo atto che esistono dei rischi. Rischi di aver già visto la parte migliore di una ripresa impressionante dopo la brusca caduta del 2020. Rischi di essere andati in overshooting su tanti comparti produttivi. Dalle materie prime, alla liquidità passando dalla percezione del rischio. Un cocktail che solo timidamente qualche banca centrale (vedi BCE) ha cominciato a citare nei suoi statement mentre la FED continua a professare tranquillità. L’inflazione generata dal famoso collo di bottiglia domanda e offerta causata da chiusura di attività combinata a domanda boom desiderosa di ritornare alla normalità, ha fatto schizzare verso l’alto in tempi molto brevi materie prime fondamentali per le catene produttive di tutto il mondo come rame, petrolio, ferro, ecc…
Se il mercato prezza in America un’inflazione media per i prossimi 10 anni superiore al 2,5% i rendimenti reali delle obbligazioni espresse in dollari risultano ovviamente penalizzati e di scarso appeal se la FED non si muoverà fino al 2023 in termini di politica monetaria. Il rischio naturalmente è quello di una fuga in avanti di un mostro, l’inflazione, che ormai era dato per morto. Ma come si sa in finanza il principio della mean reversion è una regola d’oro e la lunga fase di tassi calanti cominciata negli anni ’80 potrebbe essere prossima al termine.
Quando gli equilibri vengono messi in discussione le reazioni sono scomposte soprattutto su quegli asset che hanno beneficiato in maniera forse eccessiva del fiume di liquidità che si è catapultato sui mercati negli ultimi anni. Bitcoin e le criptovalute sono un esempio di come un account che un giorno 100 poche ore dopo è capace di essere valorizzato a 50. E questa è la parte dell’iceberg meno rischiosa se pensiamo a quei token di ultima generazione che era saltati alla ribalta per tweet improvvisati di qualche celebre personaggio con forte spirito di esibizionismo.
L’euro mantiene comunque le posizioni contro dollaro ed un merito lo possono avere tassi di interesse in costante risalita nell’eurozona con Bund a 10 anni che sfiora lo zero percento e il BTP italiano che ritorna sopra quota 1%. Il fatto poi che alcuni paesi attorno all’eurozona si stiano preparando ad alzare i tassi di interesse a causa di un’inflazione salita troppo (Norvegia, Ungheria, Repubblica Ceca) o ridurre il piano di acquisto QE (Gran Bretagna) alimenta speculazioni anche sul fatto che la stessa BCE stia riflettendo per una exit strategy. Del resto un’inflazione al 3% in Germania spaventa coloro che ancora non hanno mai dimenticato la repubblica di Weimar.
Andando all’analisi tecnica non sembrano esserci grandi dubbi sul posizionamento assunto dal mercato nelle ultime settimane. Bene per il nostro trade long ma la sensazione è che un giro in area 1.25 non è improbabile prima dei mesi più caldi dell’estate. Curioso infatti notare che, anche in una giornata di forte volatilità come quella di mercoledì scorso sui mercati, EurUsd non ha perso un centimetro. La media mobile a 20 giorni continua a ben supportare il trade long. Per questo, fin tanto che si rimarrà sopra 1.21, non vale la pena ridurre l’esposizione lunga di euro.
Il Dollar Index esprime ancora meglio il concetto di quanto delicato sia lo strato di ghiaccio sul quale sta camminando il dollaro americano. I minimi di gennaio 2021 sono di nuovo vicini ed a poco più del 1% si trovano i minimi del 2018. Bucare questo supporto aprirebbe porte poco piacevoli per il biglietto verde visto che verrebbe formalizzato un doppio massimo con impatti di medio periodo ambiziosi.
Spot EurUsd: 1.2140
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1980 1,1800, 1.1605) Resistenze (1.2240, 1.2350, 1.2500)
Strategia: Long a 1.2000
Stop loss: 1.1900
Take profit: 1.2350
L’intervento della signora Yellen, pur nella sua ovvietà, ha creato una scossa sui mercati. Il ministro del tesoro americano ha infatti dichiarato che la FED alzerà i tassi senza dubbi se l’economia raggiungerà livelli di surriscaldamento. La prima versione della dichiarazione sembrava più un ordine in stile trumpiano, poi una parziale rettifica ha alleggerito il clima a Wall Street. Probabilmente le autorità cominciano a saggiare la sensibilità del mercato ad un tema che appare inevitabile stando alle aspettative inflazionistiche in costante rialzo. I tassi di interesse, smaltita la sbornia post pandemia, torneranno a salire e quindi tanti asset comprati a debito potrebbero entrare in fibrillazione.
Il dollaro americano tutto sommato ha tratto vantaggio da questa dichiarazione ma nulla di clamoroso è successo e tra poco capiremo in quale condizione tecnica si trova il biglietto verde verso euro. Sono stati infatti i deludenti dati sulla disoccupazione americana (meno posti di lavoro creati e salito il tasso dei senza lavoro) a raffreddare i timori di chi si aspettava un cambio di politica monetaria da parte della FED prima del previsto.
Nonostante un indice ISM manifatturiero di aprile uscito al di sotto delle previsioni (60.7 vs 65 atteso) ed un sottoindice prezzi pagati che ancora punta verso l’alto (89.6 vs 86), le borse non hanno subito grandi scrolloni, anzi nuovi massimi storici sono arrivati proprio grazie all’allontanamento del rischio tapering. Gli analisti continuano ad attendersi una crescita vigorosa anche per il resto dell’anno. Il consenso espresso dagli analisti su Bloomberg vede in 8,1% la crescita attesa nel secondo trimestre seguita da un +7% nel terzo e +4,7% nel quarto.
Nonostante le smentite di Powell sull’imminenza di un tapering (ovvero riduzione del piano di acquisto titoli da parte della banca centrale), i mercati sono guardinghi e questo spiega del perché il dollaro non riesce ad affondare il colpo contro euro. Norvegia e Canada hanno già apertamente detto che il tapering può cominciare e (vedi Norvegia) un primo rialzo nel costo del denaro è previsto entro fine anno. Anche la Gran Bretagna è pronta a cominciare la sua exit strategy.
La BCE per il momento si mantiene cauta in attesa di capire gli effetti su crescita ed inflazione di un piano vaccinale partito in ritardo rispetto a US e UK. Nel meeting del 10 giugno è però prevedibile che possa esserci una manutenzione del piano e questo potrebbe non necessariamente essere un qualcosa che i mercati ignoreranno.
A livello tecnico il grafico di EurUsd ci fa capire come l’assalto alle resistenze è di nuovo attuale e questa volta l’euro potrebbe avere successo. Area 1.21 è depositaria di una resistenza di tutto rispetto legata alla downtrend line che unisce i massimi primari del 2021. Il break di venerdì scorso dopo la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione sembra aver sortito i suoi benefici effetti sulla moneta unica europea. Correzione finita?
Al momento rimaniamo bullish su EurUsd, ma sarebbe sbagliato ignorare le price action del mercato. Il grafico settimanale in questo momento è quello che forse preoccupa di più i rialzisti. La figura che si sta disegnando è naturalmente la più celebre tra quelle di inversione, ovvero il testa e spalla ribassista. Figura che viene formalizzata quando la neck line, ovvero la linea che unisce i due minimi intermedi, viene bucata verso il basso. Questa soglia tecnica attualmente passa da 1.18 e solo sotto questo livello il biglietto verde ricomincerà a correre con obiettivi che a quel punto saranno da spostare in area 1.10. Fino a quel momento la strategia long rimane vincente.
Spot EurUsd: 1.2100
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1940 1,1700, 1.1620) Resistenze (1.2240, 1.2350, 1.2500)
Strategia: Long a 1.178
Stop loss: 1.1900
Take profit: 1.2240
La BCE indica come prematura l’idea del tapering, la FED continua a respingere ogni tentativo del mercato di conoscere quando la politica monetario del tasso zero finirà. Le banche centrali di tutto il mondo non sembrano quindi particolarmente desiderose di rimuovere stimoli che finora hanno infiammato il mercato azionario e depresso quello obbligazionario per effetto di più alte aspettative di inflazione.
E l’andamento del cambio EurUsd sembra proprio giocare su questi sottili equilibri con oscillazioni contenute ma che nelle ultime settimane sembrano aver dato dei riscontri tecnici molto interessanti. Confermata per il momento soprattutto la bontà del nostro trade long su EurUsd (alzato lo stop per garantire un buon margine di profit) che poggia su diverse motivazioni. Il biglietto verde è una divisa tendenzialmente sopravalutata rispetto all’euro in termini di fondamentali. Il differenziale tasso sui tassi a breve si mantiene molto contenuto e questo non offre al dollaro quell’appeal che invece stanno guadagnando altre divise minori come la corona norvegese che a fine 2021 vedrà il primo rialzo dei tassi.
Il deficit, o meglio sarebbe dire i deficit gemelli, americani stanno esplodendo. Il rosso di bilancia commerciale e federale è un problema che impedirà agli Stati Uniti di alzare troppo i tassi ma anche di disporre di una valuta forte. Le due cose non si legano e soprattutto non sembrano trovare sponda da una Federal Reserve che vuole i tassi reali negativi. E quando l’inflazione corre più veloce della remunerazione di un deposito in valuta, quella valuta perde valore.
L’unico elemento che in questo momento potrebbe far ritornare l’interesse verso la valuta americana potrebbe essere una fase di mercato particolarmente turbolenta che vedrebbe King Dollar come un porto sicuro verso il quale gli investitori azionari vorrebbero a quel punto andare. L’Europa sembra invece sulla via del recupero per quello che riguarda il piano vaccinale, una zavorra che finora aveva depresso il valore dell’euro.
Dal punto di vista tecnico EurUsd sembra aver imboccato la strada della ripresa. Eccellente la reazione sui supporti di 1.18 della divisa europea con il veloce recupero della media mobile a 200 giorni ed ora l’aggressione della down trend line che guida il ribasso da gennaio. Area 1.20 rappresenta una soglia psicologica importante, ma uno sfondamento definitovi di 1.205 aprirebbe le porte ad un ritorno verso quel 1.25 che rappresenta il nostro obiettivo principale.
La stagionalità negativa che comincia a maggio e che fino a ottobre dovrebbe accompagnare il dollaro americano è un altro fattore a supporto della nostra view bullish. Una dinamica di lungo periodo che ci fa essere ottimisti in tal senso. Il grafico a candele mensili di EurUsd ci fa vedere come da anni la media mobile a 12 mesi fa da spartiacque come resistenza prima e supporto poi. L’eccellente reazione del cambio al tentativo di marzo di sfondare verso il basso appare una tesi convincenti per continuare a seguire il trend dominante.
Spot EurUsd: 1.1820
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1620, 1,1595, 1.1420) Resistenze (1.1985, 1.2120, 1.2240)
Strategia: Long a 1.178
Stop loss: 1.1590
Take profit: 1.2100
Il sentiment dell’euro sta rapidamente volgendo verso un pessimismo diffuso e questo in ottica contrarian può essere una buona notizia. Un sentiment non così profondo come quello che magari ritroviamo su altre divise tipo lo Yen giapponese, ma sicuramente un fenomeno che visto l’argine di supporto raggiunto a 1.18 non può essere ignorato.
L’economia americana viaggia a pieno regime e nonostante una FED che preferisce rimanere attendista e bilanci pubblici in deterioramento dalle parti di Washington, il mercato scommette su un ampliarsi del differenziale di crescita tra Europa e America anche grazie alla diffusione del piano vaccinale decisamente più rapido e pragmatico che l’amministrazione Biden sta mettendo in campo.
I dati sull’occupazione americana usciti la scorsa settimana hanno confermato il buon momentum. Le variazioni dei salari non agricoli di marzo hanno mostrato un incremento di 916 mila nuovi posti di lavoro con la revisione dei dati di febbraio al rialzo (da 378 mila a 468 mila). Ma il motivo della over performance del dollaro è anche legato agli indicatori PMI in miglioramento. L’ISM servizi ad esempio è uscito ampiamente al di sopra delle attese a 63.7 punti. Questo dato segue l’altrettanto spettacolare ISM manifatturiero a 64.7 con la componente nuovi ordini in ulteriore accelerazione. La FED di Atlanta nel suo modello prevede una crescita americana nell’ordine del 6% nel primo trimestre. Il consensus rilevato su Bloomberg addirittura si spinge al 7% nel secondo trimestre del 2021. E mancano ancora gli effetti dei nuovi stimoli economici richiesti da Biden sulle infrastrutture.
In Europa invece lo scenario rimane poco supportivo per un’accelerazione dell’economia con le riaperture che tardano ad arrivare. La Francia è tornata in lockdown ed i nuovi dubbi alimentati dall’efficacia del vaccino Astra Zeneca rischiano di rallentare ulteriormente un piano vaccinale che già procede a rilento. La BCE prosegue nella sua opera di acquisto sul mercato obbligazionario tramite il piano PEPP con l’attuale passo che di fatto porterebbe Francoforte ad utilizzare completamente gli 1,85 trilioni di euro entro febbraio 2022. I prossimi mesi saranno decisivi per quantificare il ritardo temporale nella ripresa europea rispetto a quella inglese ed americana.
Per quello che riguarda EurUsd come avevamo previsto il livello di supporto di area 1.18 è sotto pressione ma la reazione del mercato ci conforta. Non a caso qui avevamo individuato una sorta di barriera fondamentale per il futuro del biglietto verde, barriera sulla quale siamo confidenti non cederà. E stando alla prima reazione sembra proprio che andrà così.
Farlo significherebbe per il dollaro andare diretto a 1.15 e questo, anche per una ripresa globale dell’economia e per il riequilibro dei deficit gemelli americani non sarebbe il massimo per l’amministrazione Biden. Dalle parti di 1.17/1.18 troviamo quindi la media mobile a 200 giorni, una proiezione che rende la seconda gamba di questo ribasso pari a 1.38 volte la prima. Ma troviamo anche il 38.2% di ritracciamento del rialzo partito nel 2020.La divergenza Rsi – prezzi è poi evidente. Se l’euro qui vuole mostrare i muscoli ha i giusti ingredienti giusti per farlo.
C’è però uno scoglio da superare e questo si down trend line che da fine febbraio ha ben arginato le velleità di EurUsd. Con un Adx sopra 30 è probabile che il primo assalto alle resistenze risulterà vano. Solo se il riuscirà a salire sopra zona 1.19/1.20 avremo un cambio di passo favorevole all’euro. Quello che servirebbe è l’avvio di una fase di accumulo appunto tra i supporti e le resistenze in grado di garantire a partire da maggio quando la stagionalità diventerà decisamente più negativa per il dollaro, una ripartenza verso quel 1.25 che continuiamo a reputare un obiettivo non impossibile.
Data analisi: 30 Marzo 2021 spot EurUsd: 1.178
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1620, 1,1595, 1.1420) Resistenze (1.1985, 1.2120, 1.2240)
Strategia: Long a 1.178
Stop loss: 1.1590
Take profit: 1.2100
Continua il rafforzamento del dollaro rispetto all’euro, forza generata da una serie di fattori finanziari e non solo che stanno impattando sulle prospettive delle due monete atlantiche.
Il primo fattore è legato all’allargamento di un differenziale di rendimento tra Treasury a 10 anni e Bund tedesco. Siamo tornati sopra i 200 punti base, un livello che ci riporta indietro a febbraio 2020 prima dello scoppio della pandemia. In quel momento EurUsd quotava però 10 figure sotto i livelli di oggi. Questo allargamento nel differenziale di tasso a sua volta è stato frutto di due elementi. Le attese di inflazione americane decisamente più alte di quelle europee (siamo oltre il 2,3% a 10 anni negli Stati Uniti) con relativo effetto trascinamento dei tassi a lunga scadenza. A questo si associa naturalmente un miglioramento delle prospettive di crescita per il 2021 come espresso recentemente nel meeting della FED. Altro fattore che sta incidendo notevolmente è quello della gestione del piano vaccinale. In America si procede a ritmo spedito forti anche della possibilità di sfruttare case farmaceutica made in USA ma anche di un pragmatismo che purtroppo si fatica ad intravedere nella burocrazia europea. La lentezza con cui il piano vaccinale va avanti nel Vecchio Continente si traduce in una ripresa delle attività economiche più lenta con i recenti lockdown di Italia, Germania e Francia che allungano ancora i tempi delle riaperture.
Infine c’è la politica monetaria. La BCE non ha nessuna intenzione per il momento di cambiare strategia mantenendo tassi negativi e piano di QE attuale. La FED ha espresso la stessa volontà sui tassi di interesse rimandando a più avanti una discussione sull’avvio del tapering. Il mercato però non sembra della stessa opinione. Per ora le attese di primo rialzo del costo del denaro in America sono concentrate sul primo trimestre 2023, ma obiettivamente il movimento del dollaro e della parte lunga della curva dei rendimenti ci sembrano esprimere una visione diversa. L’exit strategy crediamo diventerà attuale sul finire del 2021 con la FED che per il momento si mostra tranquilla circa un fenomeno inflattivo transitorio. Siamo però sicuri che se il CPI dovesse avvicinarsi al 3% la banca centrale romperebbe a quel punto gli indugi.
Lato analisi tecnica è stato centrato l’obiettivo che avevamo indicato in area 1.18 con il cambio sceso anche sotto. Analizzando il Dollar Index vediamo come la media mobile a 200 giorni è stata colpita e questo fattore, combinato al massimo del 9 marzo posizionato proprio da quelle parti ed ora marginalmente superato, potrebbe alimentare l’ipotesi di un doppio massimo con doppio minimo interno che a sua volta avallerebbe l’ipotesi di un biglietto verde più debole ad aprile. In questo entra infatti in gioco anche il fattore stagionale. Da aprile fino a ottobre la tendenza del Dollar Index degli ultimi 30 anni è stata mediamente calante con cali nell’ordine del 10% dal picco di marzo. Questo potrebbe riportarci in area 1.25 alla fine dell’estate.
Passando ad EurUsd che questa risulti la zona di supporto più interessante lo capiamo anche dalle bande di Bollinger settimanali. Per la prima volta da marzo il cambio è sceso sotto la media a 20 settimane andando a testare la lower band. Se questo bull market è destinato a durare qui i compratori dovrebbe dare un segnale.
Spot EurUsd: 1.194
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1830, 1.1750, 1.1620) Resistenze (1.2170, 1.2310, 1.2500)
Strategia: Long a 1.194
Stop loss: 1.1780
Take profit: 1.2310
Ci ha pensato la BCE a rispedire al mittente i tentativi del dollaro di invertire una tendenza che nelle ultime settimane era stata capace di indebolire l’euro fino a 1.18. Purtroppo questo evento ha spazzato via il nostro trade long adeguatamente protetto da tempo sul punto di pareggio, ma il rialzo dei rendimenti sui tratti più lunghi della curva non era tollerabile dalla BCE che ha così deciso di intensificare gli sforzi di riacquisto dei titoli di stato. Madame Lagarde ha detto chiaramente che il rialzo dei rendimenti sui titoli di stato europei non è il benvenuto con la banca centrale che può ricalibrare gli acquisti del programma PEPP se necessario guardando a tutte le scadenze. Immediato il ritorno di interesse sui bond europei che hanno visto scendere i rendimenti. Contestuale la risalita dell’euro dopo il test dei supporti chiave. Ma di questo parleremo tra poco.
Sempre Lagarde ha mantenuto una linea simile a quella del collega Powell della FED. L’inflazione potrà salire a fine 2021 al 2% ma questo sarà dovuto a fattori temporanei e quindi la banca centrale non si muoverà.
Il ribasso del dollaro ha però anche ragioni che provengono da oltre Atlantico. L’ulteriore rialzo delle aspettative di inflazione (il dato di febbraio ha visto una crescita a 1,7% contro 1,4% di gennaio nella variazione dei prezzi al consumo) dopo l’approvazione del piano da quasi 2 trilioni di dollari da parte del Congresso non ha trovato un seguito nella salita dei rendimenti decennali. Dopo aver toccato quota 1.6% abbiamo infatti assistito ad un ribasso sotto 1,5% in un contesto di correlazione positiva tra equity e bond. Quando sta bene il primo anche il secondo sorride e viceversa.
Con rendimenti reali quindi in ripiegamento il biglietto verde ha subito la pressione della lettera. Del resto siamo in un periodo di maxi emissioni da parte del Tesoro per finanziare i piani di stimolo e probabilmente anche la FED ha intensificato gli acquisti per raffreddare la crescita dei tassi. Tuttavia EurUsd fatica a risalire sopra 1.20
Naturalmente la pandemia e la corsa ai vaccini tiene banco e la sensazione è quella di un Euro che starebbe molto più in altro se la copertura sotto questo punto di vista fosse stata più capillare e veloce. Il cross EurGbp sotto questo punto di vista è esemplificativo. Non è escluso che lo stesso stia capitando con EurUsd ragionando sui differenziali di crescita. Crediamo però che il mercato ha di fatto già incorporato queste attese e solo un rialzo anticipato dei tassi da parte della FED potrebbe innescare un rally del biglietto verde che a quel punto andrebbe a sfondare i supporti di 1.18.
Quello che finora abbiamo visto sul Dollar Index è esemplare. Un rimbalzo dai minimi con tanto di trappola per tori da doppio minimo apparentemente formalizzato ma poi ben contenuto dalla media mobile a 200 giorni. Questa barriera dinamica di area 93 rimane lo scoglio da superare per upgradare qualitativamente il biglietto verde ma il comportamento degli ultimi giorni e l’ipercomprato degli oscillatori sembrano rimandare questo scenario.
Rimane aperta la possibilità di uno scenario di ulteriore allungo del biglietto verde fino a 94.7 senza mutare comunque lo scenario bearish di fondo. La proiezione di resistenze che troviamo un 3% più su rispetto ai livelli attuali è decisamente tosta e quindi riteniamo improbabile per ora un suo superamento.
Riscopriamo le onde di Elliott. Dopo un canonico movimento in 5 onde impulsive da marzo a dicembre, EurUsd ha avviato una fase correttiva a zig zag che ha trovato nella media mobile a 200 giorni l’ostacolo più importante. La teoria delle onde di Elliott dice che la fase correttiva di un movimento impulsivo non va oltre il minimo di onda 4. Come si vede dal grafico nel territorio ci siamo entrati ma siamo ancora ben lontani da quel 1.16 aldi sotto del quale verrebbe invalidato il conteggio. L’idea è quella dell’avvio di una fase di accumulazione sopra 1.18 prima di ripartire verso l’alto.
Spot EurUsd: 1.207
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1950, 1.1900, 1.1605) Resistenze (1.2250, 1.2310, 1.2500)
Strategia: Long a 1.2000
Stop loss: 1.2000
Take profit: 1.2500
EurUsd che fatica a decollare, ma questo era nelle nostre previsioni che appunto attendevano una seconda zampata del biglietto verde verso il basso prima di una ripartenza definitiva. Serve pazienza ne siamo consapevoli ma il long sul rapporto di cambio più scambiato al mondo rimane al centro delle nostre previsioni.
Powell nella sua testimonianza semestrale al Comitato bancario del Senato ha professato tranquillità. Non è preoccupato dell’inflazione, dei tassi in rialzo e della curva dei rendimenti. Piuttosto si aspetta sì una crescita vigorosa nell’ordine del 6% nella seconda parte del 2020 ma fino a quando occupazione e inflazione non risulteranno stabili a livelli target la banca centrale non rimuoverà gli stimoli. La crescita intanto è ritornata con vigore nel quarto trimestre 2020 con un Pil in salita del 4,1% e consumi in salita del 2,4%. Stabile il core PCE, l’indicatore di misurazione dell’inflazione privilegiato dalla FED, al 1,4%.
Messaggio dovish quello di Powell che non ha prodotto grandi scossoni sul cambio se non un ritorno a 1.22. Ciò che sembra invece guidare paradossalmente l’andamento di EurUsd è la dinamica dei tassi a lunga scadenza. La curva dei rendimenti si irripidisce con i mercati sempre più consapevoli che la FED non muoverà i tassi lasciando che l’inflazione ritorni sopra al 2%. Si allarga cosi il differenziale tassi tra bond americani e tedeschi con un ritorno sopra i 170 punti base che però non è riuscito a fornire appeal al dollaro. Il motivo si chiama tassi reali. Infatti questo rialzo dei rendimenti, pur mitigato negli ultimi giorni, ha coinciso con un deciso rialzo delle aspettative inflazionistiche. Tassi reali depressi non favoriscono il ritorno di denaro sul biglietto verde.
In Europa la situazione appare ancora molto incerta per le difficoltà di portare avanti con forza il piano vaccinale. Una carenza di produzione interna di vaccini combinata ad una organizzazione non eccelsa a livello centrale stanno generando un ritardo facilmente ravvisabile nel corposo rafforzamento della sterlina ai danni dell’euro. La Gran Bretagna viaggia infatti spedita nella campagna contando di vaccinare più della metà della popolazione entro l’estate; il mercato riconosce così un premio alla valuta locale.
Il grafico che mette in parallelo l’andamento del cambio con l’ADX (indicatore di forza del trend) mostra un livello particolarmente depresso dell’indicatore. Ormai siamo prossimi a 10 e questo significa semplicemente che il mercato non ha una direzione. Però abbiamo qualche indizio interessante. Ad esempio il doppio test della up trend line, seppur con fatica, ha contenuto gli assalti dei ribassisti. Il raggiungimento di area 1.20 sembra aver saziati gli appetiti dei compratori di biglietti verdi.
All’orizzonte sembra poi profilarsi una figura di testa e spalla rialzista che avrebbe, in caso di break di 1.22, come obiettivo quella famosa area 1.24/1.25 che da un po’ abbiamo definito come obiettivo di questa prima ondata di debolezza del dollaro partita poco meno di un anno fa. L’ADX in tal senso potrà essere d’aiuto del confermare questa strategia. Sia nella primavera che nell’autunno 2020 un livello così depresso favorì un continuo up and down attorno alla media a 20 giorni prima della direzione finale verso l’alto. Attenzione però a non escludere una possibile ultima zampata del dollaro. Rimangono intatti le potenzialità tecniche per un ritorno in zona 1.18.
Il dollaro prova comunque a reagire. Osservando il dollar index notiamo infatti come il rimbalzo dai minimi di 89 non è andato oltre 91.5 al primo tentativo. Sarà curioso vedere cosa succederà al secondo. Al momento non possiamo che considerare l’attuale fase come correttiva ma qualora il Dollar Index dovesse violare al rialzo 91.5 si aprirebbero porte inaspettate per il biglietto verde. Sarebbe il segnale che i tassi americani saliranno prima del previsto?
Spot EurUsd: 1.217
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1950, 1,1900, 1.1605) Resistenze (1.2190,1.2310, 1.2500)
Strategia: Long a 1.2000
Stop loss: 1.2000
Take profit: 1.2500
Il nostro long dollaro posizionato sotto 1.20 è diventato attivo ed il mercato ha reagito come ci aspettavamo. Ovvero facendo la stessa cosa. Una marea di ordini di vendita di dollari era dormiente sotto 1.20 e la spinta verso l’alto che ha subito il cambio soprattutto dopo i deludenti dati di inflazione ha assecondato le nostre aspettative. Immediatamente abbiamo attivato la protezione sul trade posizionando lo stop al livello di ingresso. Questa introduzione sul trade long EurUsd per far capire ai lettori come al momento le condizioni di ulteriore rafforzamento della divisa americana sono molto blande.
Le aspettative di inflazione negli Stati Uniti continuano a salire con il livello attuale di 2,3% che riporta le lancette indietro a massimi che non si vedevano dal 2013. E aspettative di inflazione così alte significa rendimenti reali dei titoli di stato americani più bassi e quindi minor appetibilità del dollaro, ovviamente la valuta in cui sono denominati questi bond.
L’atteggiamento della FED poi contribuisce ad alimentare attese di forza su EurUsd. Powell non sembra mostrare preoccupazione per il rialzo nelle aspettative di inflazione ed ha ribadito che solo quando piena occupazione e inflazione saranno stabilmente a livelli desiderati allora potranno essere rimossi gli stimoli. Insomma niente tapering a quanto pare nel 2021.
La stessa economia continua a giocare su aspettative molto alte legate soprattutto alla velocità di vaccinazione della popolazione. Stimoli senza precedenti a livello monetario ma anche fiscale combinati alla vaccinazione di massa potrebbe creare un rimbalzo del Pil molto vigoroso oltre alla nascita di bolle più o meno importanti su asset per ora marginali ma dal potere mediatico dirompente (vedi bitcoin).
Più indietro proprio sul tema vaccinazioni l’Europa. Un ritardo che si riflette nella debolezza relativa dell’euro contro il dollaro, ma soprattutto contro la sterlina, un paese dove si sta procedendo spediti per cercare di entrare in estate con metà della popolazione sotto copertura da Covid-19.
La BCE per bocca di Christine Lagarde ha allertato circa i rischi al ribasso per la crescita della zona Euro. Il prolungarsi della pandemia e la lentezza nella vaccinazione potrebbero avere impatti anche nel meeting previsto l’11 marzo a Francoforte. Non si attendono grandi novità sul fronte QE e nemmeno lamenti verbali sull’euro visto il recente ridimensionamento.
EurUsd promosso all’esame dei supporti
Per quello che riguarda l’analisi tecnica siamo confortati dal rimbalzo recente che rafforza la nostra idea di un rimbalzo di EurUsd appena cominciato. La divergenza tra oscillatori e prezzi rendeva quasi “obbligata” la strada del rimbalzo che ovviamente ora dovrà trovare continuità. La sbavatura di qualche ora con il break della up trend line è stata ben contenuta dai massimi estivi di EurUsd. A questo punto non escludiamo una nuova e ultima zampata verso il basso (quindi 1.19/1.20) prima della definitiva ripartenza del cambio.
Andando a zoomare sul grafico di EurUsd potremmo valutare come scenario possibile quello già visto tra settembre e ottobre. Anche allora il mercato realizzò un primo bottom a 1.16 per poi rimbalzare ed un mese dopo ritestare quel supporto facendo poi seguire un vigoroso rialzo. La media mobile a 20 giorni potrebbe anche stavolta fare da spartiacque e consentire all’euro di costruire una base che da marzo in poi (quando la stagionalità positiva del dollaro sarà terminata) dovrebbe permettere all’euro di rilanciare l’azione.