Spot EurUsd: 1.1140
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.0877, 1.0820, 1.0568) Resistenze (1.1210, 1.1240, 1.1342)
Strategia: Short a 1.1200
Stop loss: 1.1300
Take profit: 1.0900
Chissà se l’apparenza inganna, ma quello che stiamo vedendo sui mercati ha tutto l’aspetto di una serie di grande spavento che sta trasformandosi in grande opportunità. Opportunità di uscire da mercati obbligazionari incredibilmente sopravalutati, opportunità di sfruttare una nuova ondata di rialzo sui mercati azionari incerti finora in aree del mondo come Europa ed emergenti.
Arrivo a questa conclusione sulla prospettiva di possibili soluzioni che si stanno prospettando su due rischi che i mercati da diverso tempo stanno scontando, forse in modo eccessivamente pessimistico.
Capitolo Brexit. L’accordo tra UK e UE non è stato approvato sabato dal Parlamento inglese aprendo una crisi senza precedenti in Gran Bretagna. Boris Johnson in teoria non ha altra scelta che chiedere un rinvio a Bruxelles salvo accordi politici dell’ultima ora.
Parliamo anche della trade war Cina Stati Uniti prossima a quanto pare ad una accelerazione nelle trattative che potrebbe finalmente sbloccare uno stallo capace di mettere sotto scacco il commercio mondiale rallentando le economie e provocando un ritorno della bassa inflazione.
Proprio questi due fattori di incertezza sono alla base di un atteggiamento ultra espansivo della banche centrali che, capeggiate da una FED che a fine mese potrebbe tagliare nuovamente i tassi, stanno fornendo un altro tassello di sostegno ai mercati finanziari.
Tutto carburante che potrebbe far bene ai mercati azionari ed al tempo stesso favorire quell’appetito per il rischio che ha allontanato finora gli investitori dalle valute ad alto rendimento favorendo Yen e Dollaro.
E proprio il Dollaro americano potrebbe essere una vittima della politica monetaria della FED che prima ancora di riunirsi a fine mese ha annunciato un nuovo QE (ma Powell non vuole che venga chiamato così) da 60 miliardi di dollari al mese per acquistare titoli a breve con lo scopo ufficiale di tenere bene fornite le riserve bancarie, ma al tempo stesso irripidire la curva dei rendimenti.
Convenienza relativa a detenere dollaro che potrebbe perciò venire meno anche per effetto del supporto offerto dallo spread tra titoli USA e titoli tedeschi. Sopra 300 punti base pochi mesi fa, il differenziale sulle scadenze decennali è sceso ormai vicino a quota 200.
L’analisi tecnica non cambia idea. Per andare lunghi di EurUsd è requisito necessario superare quella media mobile a 200 giorni di 1.121 che da mesi stiamo commentando su queste pagine e che ha sempre fatto da barriera ad ogni tentativo di inversione di tendenza. Il recente movimento, dopo aver toccato i minimi a 1.08, sembrerebbe confermare come questo test può prendere corpo. L’avvicinarsi del Rsi alla zona di ipercomprato suggerisce la possibilità di uno short tattico in caso di test delle resistenze.
La tecnica di Ichimoku mette a mio modo di vedere nella giusta prospettiva la condizione di EurUsd. Siamo entrati ora dentro la nuvola il cui spessore rende certamente necessaria una forza dell’Euro importante per riuscire ad invertire la tendenza. La significatività della media mobile a 200 giorni è rafforzata proprio dal fatto che la lagging line dovrà superare 1.12 per confermare definitivamente l’inversione
Spot EurUsd: 1.0990
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.0877, 1.0820, 1.0568) Resistenze (1.1110, 1.1250, 1.1342)
Strategia: Short a 1.0920
Stop loss: 1.1115
Take profit: 1.0570
Con il lasciapassare dato dal WTO ai dazi americani sulle merci europee si apre un nuovo fronte della guerra commerciale che Cina e Stati Uniti stanno portando avanti da tempo. Quella vista è una delle controversie più onerose presentate al WTO ed offrirà a Trump la possibilità di inserire 7.5 miliardi di $ di dazi verso l’Europa. Gli Stati Uniti cominceranno con un sovrapprezzo del 10% che verrà applicato su aerei e componentistica europea e del 25% su whiskey e formaggi. Probabili a questo punto le ritorsioni europee.
I riflessi sull’Euro ci sono stati con la moneta unica europea scivolata sotto 1.09 prima di una parziale reazione venerdì in chiusura di settimana. La volatilità rimane molto bassa e questo depone a favore del Dollaro così come il pessimismo degli hedge fund sull’Euro non appare ancora compatibile con un bottom primario stando almeno a quello che è successo in passato.
Di analisi tecnica parliamo come di consueto nella sezione dedicata, ma ora vogliamo concentrarci su quelli che saranno i prossimi appuntamenti con le banche centrali. La BCE vedrà l’ultimo atto di Mario Draghi il 24 ottobre quando molto probabilmente non arriveranno notizie sul fronte dei tassi in vista della consegna delle chiavi di Francoforte a Christine Lagarde.
La settimana successiva toccherà alla FED che il 30 ottobre si riunirà per decidere se abbassare ulteriormente la banda di oscillazione dei FED Funds dal 1.75% – 2% attuale. Dopo i brutti dati sull’ISM manifatturiero il mercato prezza un taglio nei tassi già alla fine del mese. Vedremo se Powell fornirà qualche indicazione anticipatrice prima di allora.
Combattuta tra dati di inflazione core in rialzo (siamo ai massimi degli ultimi 11 anni) ed economia in rallentamento (come confermato dal ISM manifatturiero sceso sotto quota 50), la FED dovrà cercare di mediare tra mercati che richiedono a gran voce (come Trump) una riduzione nei tassi ed una piena occupazione combinata a dazi commerciali che potrebbe dare una spinta all’inflazione.
Da metà ottobre in avanti c’è da scommettere che la volatilità ritornerà a fare capolino anche se, come abbiamo visto negli ultimi tempi, non ci si possono aspettare oscillazioni così clamorose fino a quando certi livelli tecnici non verranno superati.
Osservando il grafico del Dollar Index notiamo come finora ogni correzione ha terminato la sua corsa sulla media mobile a 200 giorni. Schema che potrebbe riproporsi nei prossimi giorni. I tre massimi ravvicinati raggiunti dal Dollar Index già in diverse occasioni hanno fatto da preludio a correzioni comprese in un range 2.5%-3.3%. Considerando che la media mobile a 200 giorni è distante dai massimi della settimana scorsa proprio il 2.5% non ci sarebbe nulla di anormale nell’assistere ad un movimento di questa natura prima dell’eventuale ripartenza del biglietto verde. Rimaniamo comunque long sull’aspettativa che questa correzione non sarà molto incisiva.
Per quello che riguarda EurUsd torniamo a monitorare con attenzione l’andamento dell’ADX. Superata quota 30 (un segnale che il trend bearish sta accelerando) adesso l’attenzione si sposta sulla media mobile a 20 giorni. La teoria dice che si entra short quando il cambio, toccata la media mobile a 20 giorni, fa segnare un minimo inferiore a quello del giorno precedente. Stop da posizionare sul massimo di quella giornata.
Spot EurUsd: 1.0990
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.0924, 1.0820, 1.0568) Resistenze (1.1110, 1.1250, 1.1342)
Strategia: Short sotto 1.0920
Stop loss: 1.1110
Take profit: 1.0570
Non c’è dubbio che ancora una volta l’attesa per la Federal Reserve ha catalizzato l’attenzione del mercato in modo quasi maniacale con un piccolo incidente di percorso. Una improvvisa carenza di liquidità ha fatto schizzare in alto i tassi REPO costringendo la Fed ad iniettare liquidità al sistema finanziario in modo urgente per frenare le tensioni.
La Fed si mantiene dunque accomodante mostrando però divisioni al suo interno. Il FOMC nel decidere il taglio di un quarto di punto è risultato spaccato tra falchi e colombe ed ha scelto la soluzione più salomonica. I dots com della Fed sembrano preludere ad un solo taglio dei tassi tra fine 2019 ed inizio 2020 con la soglia del 1.5% appare al momento il floor salvo criticità economiche che non si vedono all’orizzonte. Powell ha detto che l’economia americana continua ad andare bene ed è su una traiettoria sostenibile. L’inflazione, dopo un minimo previsto al 1.5% nel 2019 dovrebbe risalire al 1.9%/2% nel 2020 e la disoccupazione dovrebbe rimanere sotto il 4%.
Un quadro insomma meno critico di quello che pensavano gli analisti ma che la Borsa aveva già subodorato con lo S&P500 sopra i 3000 punti.
Lo shock generato dall’impennata del prezzo del petrolio che in una giornata sola è cresciuto di oltre il 10%, non ha avuto grandi impatti sullo stesso mercato azionario mentre chi ha sofferto di più è stato il mercato obbligazionario con i rendimenti decennali americani saliti di 50 punti base dai minimi di fine agosto prima di stabilizzarsi attorno all’1,70%.
Nel mondo valutario è proseguito il ribasso degli asset strettamente legati ai tassi. Lo Yen è quindi salito sopra 108 contro Dollaro e vicino a 120 contro Yen. Vendite anche sul Franco svizzero mentre stabili sono risultate le commodity currencies. L’appetito per il rischio rimane alto sul mercato e con il meeting di settembre della FED si apre ufficialmente la stagione che porterà alla chiusura di 2019.
In Europa la situazione di stallo politico in Spagna (nuove elezioni previste per il 10 novembre) e l’incertezza perenne che avvolge l’ Italia nonostante il nuovo Governo non sembra influenzare i giudizi del mercato sull’Euro ma anche sui titoli di stato del Vecchio Continente.
Dopo il QE piuttosto contrastato annunciato dalla BCE (direttivo anche qui diviso) i rendimenti sul Bund sono risaliti ad un livello sempre negativo di -0.5%, ma comunque superiore ai minimi storici. Poche le tensioni anche sugli spread verso i periferici con quello tra Btp italiani e Bund sotto i 150 punti base.
Dal punto di vista tecnico rimane ingessata la situazione. EurUsd prosegue nella sua lateralità poco sopra 1.10 ma non ha trovato nemmeno la forza di spingersi fino alla media mobile a 100 giorni di 1.116. Lontana di 100 pips (1.126) la media mobile a 200 giorni.
La delusione per la decisione della FED e l’oscillatore stocastico risalito a livello di ipercomprato sembrano suggerire la possibilità di una nuova zampata verso il basso di EurUsd.
Se questa ipotesi prendesse corpo l’ADX, in fase crescente da settimane, potrebbe così salire sopra quota 30 confermando la ripartenza del trend ribassista. Come si vede dal secondo grafico questo bear market di EurUsd è maturato senza vedere questo tipico indicatore di forza del trend salire sopra 30 punti. Per ritrovare questa condizione dobbiamo tornare indietro a giugno 2018. Era la fase terminale di una poderosa gamba di ribasso che portò l’Euro da 1.25 a 1.15 in 3 mesi.
Spot EurUsd: 1.1210
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.0924, 1.0820, 1.0568) Resistenze (1.1250,1.1280, 1.1342)
Strategia: Short a 1.1250
Stop loss: 1.1350
Take profit: 1.0950
Naturalmente sono le banche centrali le grandi star dei prossimi giorni.
Il 12 settembre parte la BCE ed una settimana dopo, il 18, la Fed indirizzeranno con i loro statement le politiche monetarie di mezzo mondo. Per quello che riguarda la Banca Centrale Europea, il prossimo capo in rosa del board di Francoforte, Christine Lagarde, ha fatto capire che si proseguirà nel sentiero tracciato da Draghi. Misure espansive utili a riportare un po’ di inflazione, ma valutando attentamente il rapporto tra costi e benefici che una strategia di questo tipo può generare nel sistema finanziario dell’Eurozona, soprattutto quello bancario e in termini di aspettative di inflazione.
In America vedremo quanto Powell vorrà seguire i consigli di Trump. Il mercato appare aggressivo con quattro tagli attesi entro la fine del 2020. Quello che però si aspetta Trump è un taglio massiccio dei tassi fin da subito di 50 punti base nel prossimo meeting, una soluzione che appare al momento essere esclusa dagli analisti che si fermano ad un più conservativo cut di 25 punti base.
La decisione del governo di Hong Kong di abbandonare la linea dura sulla proposta di legge che voleva autorizzare anche l’estradizione verso la Cina dei cittadini di Hong Kong potrebbe essere un elemento chiave per l’ultima parte dell’anno. Vedremo se la calma tornerà a regnare nella ex colonia cinese, ma questo evento, abbinato alla possibilità concreta di un riavvicinamento nelle trattative tra Cina e Stati Uniti a partire da inizio ottobre, potrebbe essere una buona base in grado di garantire nuova serenità al settore azionario e ridimensionare i tanti eccessi che si sono venuti a verificare sul mercato dei bond. Questo sarebbe utile anche per assistere ad un ritracciamento dell’oro dopo un poderoso rally capace di spingerlo fino a 1550 $ l’oncia.
Sul fronte valutario una fase di minore pressione al ribasso sui tassi potrebbe favorire un po’ di debolezza su quelle valute finora apprezzate dal mercato come Yen e Franco svizzero. Anche lo stesso Dollaro americano potrebbe però scalare un po’ la marcia qualora la FED mostrasse effettivamente un atteggiamento decisamente più accomodante nel prossimo FOMC.
Dal punto di vista dell’analisi tecnica EurUsd, dopo il violento ribasso di oltre 10 figure della primavera 2018, ha avviato una fase di downtrend molto regolare e con bassa volatilità. Attorno ad una retta di regressione è possibile stimare tramite l’utilizzo delle deviazioni standard, i punti di resistenza e supporto.
E proprio la zona bassa di questo canale è stata testata la settimana scorsa con un minimo a 1.092 che ci ha permesso di prendere profitto dal nostro trade short.
Stimando un proseguimento della tendenza in questi termini di volatilità, possiamo individuare in 1.11 (retta di regressione) e 1.122 (e probabilmente la media mobile a 200 giorni di 1.127) i livelli di resistenza più significativi. Qui tenteremo eventualmente un nuovo ingresso short.
Un aspetto che comunque fa riflettere circa la fatica del Dollaro a trovare la benzina per allontanarsi con decisione da 1.10 è l’andamento dell’oscillatore RMI. Come si può ben vedere dal grafico da inizio 2019 siamo scesi su scala settimanale ad un livello che solitamente prelude alla formazione di un bottom primario. E’ stato così nel 2010, nel 2012, nel 2015 e nel 2017. Motivo in più per tenere d’occhio le resistenze segnalate sopra ed agire di conseguenza per aprire posizioni long EurUsd in caso di loro superamento.
Spot EurUsd: 1.1210
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1050, 1.1000, 1.0820) Resistenze (1.1280, 1.1307,1.1400)
Strategia: Short a 1.1210
Stop loss: 1.1310
Take profit: 1.1000
La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina non accenna ad esaurirsi ed anzi viene rinfocolata dalla reazione dei cinesi. Con la decisione di Pechino di imporre dazi su 75 miliardi di Dollari di beni americani (il settore auto sarebbe il più colpito) e la contemporanea svalutazione dello Yuan che si allontana decisamente da quota 7 contro Dollaro, la Cina manifesta la sua insofferenza verso l’incertezza alimentata da Trump. Risposta che ha avuto riflessi immediati sui mercati azionari e delle commodity con cali vistosi, ma anche nel mondo valutario.
Le valute emergenti si avviano così a chiudere un agosto nerissimo con svalutazioni che seguono a ruota quella cinese e che coinvolgono anche divise legate al mondo delle commodity come Dollaro australiano e neozelandese. Unico vincitore lo Yen giapponese che, sfruttando il ribasso dei tassi americano ed il più classico fenomeno del flight to quality, scendo sotto quota 105 nel rapporto con il Dollaro Usa.
Rimane però aperto anche un altro fronte, quello della battaglia tra Trump e la Fed con il Presidente che considera Powell più nemico del Presidente cinese Xi. Scontro istituzionale gravissimo che rischia di far perdere credibilità alla banca centrale più importante del mondo.
A Jackson Hole Powell non ha parlato di taglio dei tassi e questo ha irritato Trump che addirittura si aspettava una riduzione del costo del denaro di 50 punti base già ad agosto. Nulla di tutto ciò con la probabilità più concreta di una riduzione nel FOMC di settembre di 25 punti base. Per colpa di una diatriba tutta interna agli Stati Uniti il rischio è di una mossa poco incisiva e tardiva.
Intanto in Europa la Germania si avvia verso una recessione economica in un contesto politico particolarmente confuso. La Brexit a fine ottobre rischia di chiudersi con un no deal mentre in Italia si cercano soluzioni per costruire un nuovo Governo dopo le dimissioni del premier Conte. Alla BCE non resterà altra soluzione che riaprire i rubinetti della liquidità nel tentativo di rinvigorire crescita ed aspettative di inflazione.
Peccato per il nostro take profit a 1.10 solamente sfiorato venerdì scorso prima che il solito tweet di Trump confondesse ancora una volta le acque. Da maggio 2018 EurUsd scende in modo regolare all’interno di un canale di regressione piuttosto affidabile che vede nella media mobile a 200 giorni (ora a 1.13) una parete superiore piuttosto affidabile oltre la quale invertire la strategia da short a long.
Continuiamo comunque ad aspettarci qualcosa di importante che possa infiammare la volatilità di EurUsd sul mercato. Come le bande di Bollinger chiariscono molto bene ci troviamo nelle stesse condizioni del 2014 quando tra parete superiore ed inferiore si venne a creare un gap percentuale inferiore al 3%, un preambolo allo scrollone che portò il cambio sui minimi del 2015 a 1.03
Spot EurUsd: 1.1210
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1100, 1.1000, 1.0820) Resistenze (1.1280, 1.1345,1.1400)
Strategia: Short a 1.1210
Stop loss: 1.1345
Take profit: 1.1000
Ancora una volta Trump spariglia le carte riaccendendo le polveri della guerra commerciale tra Pechino e Washington. Stavolta però la Cina ha reagito svalutando massicciamente la propria moneta e portandola sopra la soglia critica di 7 contro Dollaro Usa. Ma Trump non si è fermato qui ed ha attaccato ancora la FED, troppo timida a suo modo di vedere nell’abbassare i tassi di interesse. Citando la risolutezza con cui altre banche centrali hanno agito, Trump ha rimesso pressione a Powell con il mercato che ha assecondato il Presidente. Sono troppo alti i tassi attuali ed un intervento della FED è atteso a settembre, ma sul mercato viene ventilata anche un ipotesi di taglio straordinario ad agosto Ovviamente le conseguenze su EurUsd sarebbero importanti.
Intanto in Europa la Germania sta rallentando molto più velocemente del previsto e questo elemento mette a sua volta pressione sulla BCE attesa a settembre a manovre di stimolo più incisive di quelle annunciate finora. Situazione incerta anche in Italia dove di fatto il Governo non esiste più e si prospettano elezioni anticipate in autunno, un periodo caldo anche considerando la scadenza della Brexit.
Lo spread tra Treasury e Bund intanto si è ristretto sensibilmente.
Dopo aver toccato i 350 punti base a novembre 2018, il differenziale di tasso tra Stati Uniti e Germania sulla scadenza 2 anni ha cominciato a restringersi fino ai 230 attuali. Un bel movimento dello spread di oltre il 30%, acquisito più per il crollo dei rendimenti americani che non per un rialzo di quelli tedeschi i quali hanno toccato piuttosto un nuovo record negativo.
E se nel momento di maggior ampiezza dello spread EurUsd si posizionava a 1.12, ad oggi siamo ancora sulle stesse posizioni nonostante una minor remunerazione relativa garantita dai titoli del Tesoro americano rispetto a quelli tedeschi. La sensazione è che solo la FED potrà sbloccare questa empasse.
Le considerazioni fatte sopra sul differenziale di tasso tra Stati Uniti e Germania sulle scadenze a 2 anni valgono anche per le scadenze 10 anni. Il primo grafico ci fa apprezzare come il ribasso dello spread è coinciso con il rialzo di EurUsd
Nel consueto appuntamento estivo di Jackson Hole previsto per il 23 agosto, Powell potrebbe fornire ai mercati un pretesto per muoversi sulle attese di una quasi scontata decisione di nuovo taglio del costo del denaro nel FOMC del 18 settembre.
La nostra idea rimane quella di un 2019 ancora pro Dollaro. Qualsiasi manovra di carry trade basata sul biglietto verde come valuta di finanziamento per acquistare asset obbligazionari high yield appare al momento improponibile vista la superiorità di tasso della moneta americana su tutto il resto del lotto del mondo sviluppato ma non solo.
Tecnicamente non c’è molto altro da dire. Solo una violazione della media mobile a 200 giorni di 1.132 dovrebbe far alzare la guardia dei possessori di Usd.
Spot EurUsd: 1.1390
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1180, 1.1140, 1.1105) Resistenze (1.1448, 1.1570,1.1815)
Strategia: Long a 1.1210
Stop loss: 1.1210
Take profit: 1.1440
Le banche centrali americana ed europea hanno tenuto banco la settimana scorsa mostrando atteggiamenti decisamente dovish e per il momento favorendo una maggiore debolezza del Dollaro americano.
Dopo l’annuncio da parte di Draghi di un nuovo piano di stimoli monetari qualora crescita ed inflazione non dovessero migliorare nei prossimi mesi, Trump ha scatenato la sua ira su Twitter accusando l’Europa di utilizzare la leva del cambio per danneggiare l’economia americana. Probabilmente distratto ed assonnato Trump non si è reso conto che da novembre 2018 l’Euro prova a scendere sotto questo livello tecnico ma con scarsa fortuna. Addirittura la chiusura della settimana scorsa ha visto un Euro in deciso rafforzamento.
Ma forse il messaggio del Presidente americano era indirizzato a Powell la cui poltrona sembra essere sempre più in discussione a giudicare dai rumors che provengono da Washington.
La FED ha lasciato i tassi invariati, ma ha fatto capire al mercato che se i prossimi dati macro confermeranno un rallentamento di inflazione e crescita economica già nel meeting di luglio ci sarà spazio per una riduzione del costo del denaro. L’ultimo FOMC è risultato spaccato in due con 8 membri a favore di un taglio immediato ed 8 a favore di stabilità. A giudicare dalle attese del mercato la riduzione dei tassi dovrebbe comprendere due manovre nel corso del 2019.
L’easing monetario sta comunque attraversando il mondo con diverse banche centrali che hanno già avviato politiche di riduzione dei tassi per contrastare il rallentamento. Ultima in ordine di tempo la Russia, mentre l’Australia si prepara a nuovi tagli dopo dati disastrosi del mercato immobiliare.
Contribuisce ad uno scenario di bassa inflazione (se non deflazione vera e propria) il continuo calo nel prezzo delle materie prime che a sua volta risente del rallentamento cinese. Il petrolio ha sfiorato nei giorni scorsi quota 50 $ al barile prima di rimbalzare violentemente sulle tensioni Stati Uniti – Iran.
Tornando alla BCE, Draghi ha paventato la riapertura delle misure di Quantitative Easing o addirittura un nuovo taglio nel costo del denaro (già ora a -0.4%) per cercare di risollevare aspettative inflazionistiche precipitate a livelli infimi. Basti pensare che prima del meeting BCE l’inflazione attesa espressa dallo swap rate a 5 anni era scesa a 1.15%, sotto i minimi già depressi del 2016. Quasi a dire che tanto sforzo fatto dalla banca centrale non ha prodotto nulla di duraturo.
Immediata la reazione sul mercato obbligazionario con nuovi record negativi per i rendimenti del Bund decennale sceso sotto 0.3% ed un cospicuo restringimento degli spread tra periferici e Bund probabilmente perché gli stessi saranno i principali beneficiari di un nuovo QE. Saremmo curiosi di sapere cosa ne pensa il futuro Governatore della BCE visto che anche questo è un fattore da tenere in considerazione.
Dal punto di vista tecnico il grafico migliore per seguire l’evoluzione di EurUsd ed adottare eventuali strategie, è quello che mostra la media mobile a 200 giorni. Finalmente, visto il nostro trade long, le resistenze su EurUsd stanno cedendo. La chiusura di venerdì è border line ma se questa settimana verrà fiaccata definitivamente la resistenza offerta da 1.136 (e la seduta di ieri sembra confermare) allora per l’Euro si prospettano rialzi interessanti.
Sopra questo livello ogni strategia short su EurUsd sarebbe quindi da chiudere, mentre quelle long da incrementare.
E che il movimento futuro direzionale possa essere particolarmente interessante lo si percepisce dalla compressione della volatilità accumulata da EurUsd in questi mesi.
Come ben espresso dalle bande di Bollinger su scala settimanale vediamo come lower e upper band sono di nuovo ridotte ai minimi termini come distanza l’uno dall’altra. Sembra di rivivere la fase iniziale del 2014 a cui seguì la caduta fragorosa dell’Euro.
Spot EurUsd: 1.1310
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1140, 1.1105, 1.0908) Resistenze (1.1370, 1.1448, 1.1515)
Strategia: Long a 1.1210
Stop loss: 1.1210
Take profit: 1.1410
La Federal Reserve ha deciso di rendere esplicito al mercato ciò che il mercato già conosceva. Un rallentamento economico più marcato del previsto nella seconda parte del 2019 e soprattutto un fenomeno montante di deflazione per effetto delle incertezze legate alla trade war, hanno fatto passare Powell dal falco di dicembre alla colomba di oggi.
Erano ben tre i rialzi nei tassi americani pronosticati dagli analisti a dicembre 2018, sono diventati tre i ribassi stimati nel costo del denaro da qui a 12 mesi con una probabilità del 50% di un intervento già a luglio. Un’inversione ad U non dettata da una crisi economica, non dettata da una disoccupazione in aumento, ma piuttosto da attese di inflazione che sono precipitate. Con loro sono precipitati i tassi decennali americani. A novembre 2018 erano al 3.25% ora sono addirittura scesi di oltre 110 punti base sotto al 2.10%.
Una corsa impressionante verso il basso che ha trascinato con sé tutte le curve mondiali costringendo paesi tipicamente ad “alto rendimento” come l’Australia ad abbassare i tassi al minimo storico del 1.25%.
L’economia sembra quindi lentamente avviarsi verso un rallentamento, ma soprattutto verso una grande stagnazione dei prezzi. Pericolosa parabola per i paesi ad alto indebitamento che da sempre vedono in un po’ di inflazione la ricetta magica e silenziosa per diminuire il carico debitorio.
Tutta da verificare nel corso dell’estate la storia USA-Cina anche perché nel frattempo si era aperto un altro fronte con il Messico con Trump che aveva invocato infatti la possibilità di inserire dazi verso il paese confinante a sud alla luce della sua inadeguatezza nel gestire i flussi migratori.
Fortunatamente nel week end è stato raggiunto un accordo scongiurando i dazi del 5% su tutte le merci in entrata dal Messico.
Anche le commodity hanno sofferto questa tensione. Il prezzo del petrolio è precipitato di oltre il 20% fino a 50 $ al barile, mentre l’oro ha sfruttato questo momento di tensione con un rialzo fin sotto le resistenze più importanti di 1350$.
Infine la BCE. Nel meeting di giovedì scorso Draghi ha di fatto aperto la strada ad una nuova asta TLTRO a favore delle banche, mantenendo però invariati i tassi al livello record negativo di -0.4%. Nessuna riapertura di QE, ma il Presidente della BCE ha detto che si è cominciato a discutere anche di questa opzione. Spostato invece fino a metà 2020 il periodo di tempo in cui in area Euro si starà con tassi negativi.
In mezzo a tutta questa incertezza EurUsd rimane nel suo ormai datato range ma si è tornato a spostare nella parte alta avvicinandosi alla media mobile a 200 giorni.
L’analisi tecnica continua a mettere in chiaro come ogni tentativo di risalita non sarà credibile fino a quando almeno la media mobile a 200 giorni non verrà violata. Il movimento rialzista di quasi 200 pips verso l’alto (il bottom della settimana scorsa è stato di 1.1155) mette in chiaro come il mercato si è riposizionato. Occhio quindi alla media mobile a 200 giorni di 1.137. Violata quella i ribassisti sul Dollaro potrebbero tornare ad affacciarsi con maggiore convinzione. Adeguiamo il nostro stop sul trade long al livello di ingresso azzerando il rischio di perdite.
Alla stesso conclusione arriviamo anche osservando il grafico del Dollar Index. Qui la media a 200 giorni è stata già toccata venerdì ed uno sfondamento definitivo di 96.40 e di 95 poi aprirebbe le porte ad un bear market per il biglietto verde.
Spot EurUsd: 1.1190
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1106, 1.0908, 1.0800) Resistenze (1.1265, 1.1324, 1.1410)
Strategia: Long a 1.121
Stop loss: 1.1410
Take profit: 1.1110
Lo scontro commerciale tra Cina e Stati Uniti si agita ed il mercato si rimette alla ricerca della sicurezza. I Treasury decennali americani, nonostante la minaccia di ritorsioni cinesi, continuano a veder scendere i rendimenti con il T-Bond trentennale sceso sotto il 2.75%. Anche lo Yen trae beneficio da questa fase di grande incertezza scendendo sotto 110 nel rapporto con il Dollaro. Flight to quality insomma.
L’attacco diretto a Huawei portato non solo dal Governo americano, ma anche dalle big corporate come Google, rischia adesso di scatenare reazione scomposte da parte dei mercati. Quali potrebbero essere le ritorsioni cinesi? Quali effetti sul commercio mondiale rischia di portare una situazione di altissima tensione che potrebbe colpire in modo trasversale tanti settori economici che in questi anni hanno prosperato con la globalizzazione? E che ne sarà delle corpose riserve valutarie in titoli di stato americani presenti a Pechino?
Tutte domande che nelle prossime settimane cercheranno risposta, ma come si sa i mercati nell’incertezza preferiscono stare a guardare.
Negli Stati Uniti i dati macroeconomici confermano sì un rallentamento, ma nulla di clamoroso mentre la stagione degli utili si è chiusa con una sostanziale invarianza in termini reali. Evitata per ora la recessione degli utili.
Se Trump rischia di far saltare il banco con i cinesi, le trattative si riaprono in modo positivo con due partner strategici per gli Stati Uniti. Messico e Canada infatti hanno visti rimossi i dazi su acciaio ed alluminio che solo un anno fa erano stati voluti da Trump ufficialmente per ragioni ufficialmente di sicurezza nazionale. Peso messicano e Dollaro canadese hanno apprezzato la decisione.
In Europa la confusione totale che regna sulla Brexit dopo le drammatiche dimissioni di Theresa May e l’esito elettorale di domenica scorsa in paesi come l’Italia e la Francia, contribuiscono a mantenere un clima di incertezza che non fa bene alla fiducia di consumatori ed imprese dell’intera Eurozona, ma soprattutto all’Euro che rimane compresso tra 1.11-1.12. Nelle ultime settimane lo spread tra Bund e Treasury si è ristretto ma l’Euro non è riuscito a formalizzare una reazione degna di nota.
Per quello che riguarda EurUsd il contesto di bassissima volatilità favorisce un trend discendente ormai da ottobre 2018 quando il cambio tentò una risalita sopra la media mobile a 12 mesi. Tentativo effimero che ha sancito l’ultimo rigurgito rialzista da parte dell’Euro prima di una parabola discendente che vede proprio nella media a 1 anno di 1.14 la barriera di resistenza oltre la quale ci sarà un’eventuale inversione di tendenza. Anche il Macd sembra confermare come per il momento la debolezza del Dollaro dei prossimi mesi è improbabile
Rimanendo sempre sui grafici mensili vogliamo tornare ad evidenziare l’importanza dell’evento ciclico che si presenterà nell’ultimo trimestre 2019. Ogni 34 mesi il cambio più tradato al mondo tende infatti a registrare un top/bottom primario. Il prossimo appuntamento è fissato per novembre ed in quel momento sapremo se EurUsd sarà un cambio sul quale andare long o short con obiettivo di medio periodo.
Spot EurUsd: 1.1230
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1108, 1.0908, 1.0800) Resistenze (1.1324, 1.1410, 1.1448)
Strategia: Long a 1.123
Stop loss: 1.1410
Take profit: 1.1110
Il solito Trump con un tweet turba l’armonia di mercati finanziari protagonisti fino a metà della settimana scorsa di un rally poderoso e storico. I nuovi massimi storici a Wall Street hanno fatto notizia qualche giorno prima di ripiegare colpiti dall’incertezza circa i negoziati tra Cina e Stati Uniti.
Tutti i fattori che avevano contribuito a rivitalizzare le borse nella prima parte dell’anno, hanno cominciato a vacillare. L’accordo Cina- Stati Uniti, ma anche l’incertezza politica legata alla Brexit e le nuove tensioni con l’Iran.
L’aspetto comunque singolare di questa fase di mercato è stata la continua compressione dei rendimenti obbligazionari su tutti i tratti di curva di rendimento a livello mondiale. Nella zona Euro il Bund decennale tedesco è nuovamente scivolato a rendimento negativo; i Treasury americani hanno continuato il processo di riduzione dei tassi soprattutto sulla parte più lunga della curva dei rendimenti con i tassi a 10 anni abbondantemente sotto il 2.5%.
Compressione dei tassi di interesse che rappresenta comunque un fenomeno globale probabilmente frutto di un rallentamento economico cinese che si sta propagando a livello mondiale e che potrebbe intensificarsi qualora gli accordi commerciali con l’America dovessero saltare o anche solo prolungarsi ulteriormente.
La Nuova Zelanda ha tagliato i tassi, l’Australia ha solo rinviato l’evento ma è chiaro che tutta l’area pacifica rischia di essere quella più interessata alla contestuale svalutazione della divisa cinese. In risposta ai dazi di Trump il Renmimbi è stato infatti colpito dal calo giornaliero più forte dall’estate 2016.
Tornando agli Stati Uniti, nonostante una sostanziale piena occupazione e le borse ai massimi storici, l’inflazione non sembra proprio avere intenzione di ripartire. Il dato di aprile è risultato infatti inferiore alle aspettative con un incremento annuo dei prezzi al consumo del 2%.
Il raffreddamento delle aspettative di inflazione in America è comunque evidente con le attese a 10 anni precipitate di ben 15 punti base dai livelli massimi di 1.98% di fine aprile. Un movimento importante che sta avendo dei riflessi su mercati emergenti e UsdJpy, due asset che tendono storicamente a muoversi in sintonia con le aspettative di inflazione americane.
In Europa intanto si avvicinano le elezioni europee. L’economia del Vecchio Continente sta trovando non poche difficoltà soprattutto in Germania ed in Italia, i due paesi più export oriented. L’Italia è poi sempre più a rischio di elezioni anticipate viste che le continue tensioni nella maggioranza politica di governo.
Il grande dubbio dei trader su EurUsd è legato alla mancanza di forza del biglietto verde nel momento in cui sarebbe servito il KO. Il fatto che EurUsd ha tentato a più riprese di forzare 1.12 senza successo pone non poche perplessità negli analisti. Questo 61.8% di ritracciamento del rialzo 1.03-1.25 sembra rappresentare uno scoglio per ora invalicabile sul quale avrebbe senso andare long con rigido stop loss sotto il minimo del 26 aprile di 1.111
Per avere una mappa operativa più funzionale abbiamo utilizzato lo stesso grafico con la media mobile a 200 giorni aggiungendo la media a 50 giorni.Il cosiddetto death cross si è realizzato esattamente un anno fa e da allora la media a 200 giorni ha rappresentato la diga per ogni escursione di EurUsd sopra la media a 50 giorni. Uno sfondamento verso l’alto della media a 50 giorni troverebbe ancora in 1.1410 un valico difficilmente superabile. L’inclinazione di entrambe le medie punta infatti ancora verso il basso.