Spot EurUsd: 1.1580
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1490, 1.1420, 1,1170) Resistenze (1.1850, 1,1910, 1.1975)
Strategia: Short a 1.1700
Stop loss: 1.1850
Take profit: 1.1490
Il dollaro chiude la settimana sugli scudi confermando come la risalita dei rendimenti obbligazionari su tutti i tratti di curva ha aumentato l’appeal della divisa americana. Nonostante una chiusura di ottava caratterizzata da un dato sullo stato dell’occupazione non entusiasmante, il biglietto verde si è mantenuto sotto 1.16 contro euro.
La disoccupazione a settembre è infatti risalita al 4,6% dal 4% con 194 mila posti di lavoro creati contro i 500 mila previsti. Una doccia fredda che ha arrestato la corsa dei rendimenti decennali Usa arrivati fino a 1.6%. Preoccupa però l’inflazione e questo potrebbe giustificare la tenuta del dollaro. I salari settimanali sono infatti cresciuti su base annua del 4,6% confermando la pressione, non solo su prezzi al consumo e produzione, ma anche sugli stipendi. Powell dovrà prenderne atto e oltre al tapering inevitabile che verrò annunciato a inizio novembre, cominciare anche ad aprire il capitolo sui tassi.
Finora la forza del dollaro è stata in perfetta sintonia con quella delle commodity creando una sorta di tempesta perfetta per aree economiche come l’Europa importatrici nette di risorse naturali. La debolezza dell’euro deriva da questo, ma anche da dati macroeconomici peggiori delle aspettative, addirittura peggiori in termini relativi di quello che stiamo vedendo negli States. La BCE a sua volta si mantiene molto abbottonata e l’assenza di aperture su tapering e tassi indebolisce un euro alle prese con una difficile transizione politica in Germania.
Lo spread Usa-Germania è risalito a 175 punti, 15 punti in più rispetto a metà settembre. Ovviamente questa maggiore remunerazione dei bond americani viene premiata dal mercato.
Rimane sul tavolo la questione del tetto del debito. Il senato americano ha approvato una norma che sposterebbe a dicembre la dato di sfondamento del debt ceiling, ma è la camera l’osso duro e qui le divisioni politiche sono ancora ampie. Intanto il 18 ottobre segnalato come data ultima dalla Yellen per evitare lo shut down si avvicina.
Sul fronte dell’analisi tecnica completato il testa e spalla ribassista il cambio EurUsd volge il suo sguardo verso 1.12. Vero che l’ipercomprato è dilagante ma l’ADX, indicatore di forza del trend è salito sopra quota 30 e questo denota accelerazione nella tendenza. Ogni rimbalzo verso la media mobile a 20 giorni di 1.165 dovrà essere sfruttato per andare corti di EurUsd.

Lasciata alle spalle la media mobile a 12 mesi di 1.177 EurUsd guarda adesso ai ritracciamenti di Fibonacci per individuare livelli utili di supporto. Il primo si posiziona a 1.149 (50% di ritracciamento di tutto il rialzo precedente 1.064-1.234), il secondo a 1.1290 (61.8% del medesimo ritracciamento). Salvo che quella in corso non rappresenti una clamorosa trappola per tori, il detto ipervenduto chiama ipervenduto dovrebbe funzionare anche per EurUsd, almeno in questo momento di mercato.

Spot EurUsd: 1.1620
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1490, 1.1420, 1,1170) Resistenze (1.1850, 1,1910, 1.1975)
Strategia: Short a 1.1700
Stop loss: 1.1850
Take profit: 1.1490
Il dollaro alza prepotentemente la testa e le motivazioni sono tante. La situazione di tensione sul credito in Cina rimane con le continue iniezioni di liquidità da parte della banca centrale che non fanno che evidenziare quanto alto sia il rischio di una crisi all’interno del sistema creditizio cinese. Questa incertezza riporta denaro sul biglietto verde. Denaro che arriva anche dagli arbitraggi sul mercato obbligazionario. Il rialzo dei rendimenti sulla parte lunga della curva con il decennale USA sopra l’1,5% e il contestuale rialzo anche dei rendimenti a breve termine, indicano come il mercato comincia a pensare che l’inflazione sopra al 2% sia strutturale e che la FED potrebbe agire prima del previsto sui tassi. Il carry trade in questi casi si muove a favore della valuta a più alto rendimento o comunque con prospettive di rialzo dei tassi a discapito di quelle valute come Euro e Yen dove questa ipotesi è alquanto remota.
Altro elemento di instabilità sui mercati è il rischio di nuovo shutdown a causa dello sforamento sul tetto del debito americano. Janet Yellen ha allertato che l’America “will run out of cash” il 18 ottobre salvo che il Congresso non proceda a livello legislativo prima. Con il passare degli anni si è compreso che lo shutdown non è in grado di provocare quella catastrofe che in molti pronosticavano già 10 anni fa. Quando il tetto è raggiunto il Tesoro non può più creare debito e vengono sospesi diversi pagamenti federali come quelli degli stipendi dei dipendenti. Anche questa volta la telenovela di risolverà con una trattativa politica tra repubblicani e democratici fino all’ultimo minuto se non oltre. Il rischio più forte per i mercati e per il dollaro? Quello di un nuovo downgrade del debito americano da parte delle agenzie di rating.
L’Europa intanto assiste per ora con indifferente al movimento sul dollaro. Positivo in quanto crea una misura espansiva in termini di politica monetaria. Un po’ meno lato inflazione importata ora che le commodities hanno livelli di prezzo particolarmente sostenuti. Siccome però le aspettative di inflazione in Europa rimangono più contenute il movimento per ora è tollerato dalle autorità monetarie ma la guardia deve rimanere alta.
Dal punto di vista tecnico il testa e spalla ribassista su EurUsd è stato formalizzato. Come vediamo dal grafico anche ragionando in un’ottica temporale più ristretta il doppio test della media mobile a 200 giorni ha generato le premesse per un doppio massimo. Figura completata mercoledì con il break ribassista di 1.166. Obiettivo di figura a questo punto zona 1.14.

Se così fosse la storia degli ultimi 15 anni ci permetterebbe di capire fino a quando il biglietto verde proseguirà nella sua corsa. Solo un ROC a 13 mesi inferiore a -10% allerterà gli investitori circa l’opportunità di coprire in maniera ben più consistente il rischio cambio dollaro. Fino a quel momento dovremmo rimanere in un contesto pro dollaro.

Spot EurUsd: 1.1700
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1660, 1.1605, 1,1450) Resistenze (1.1900, 1.1975, 1.2130)
Strategia: Long a 1.1700
Stop loss: 1.1605
Take profit: 1.2200
Una FED hawkins come da previsioni non è riuscita a spingere il dollaro oltre quei livelli tecnici che avrebbero formalizzato una ripartenza definitiva del biglietto verde. Powell ha fatto capire ai mercati che se l’economia proseguirà nel suo percorso di recupero, in questo senso i dati sull’occupazione saranno fondamentali, allora il tapering diventerà effettivo già nel FOMC del 2-3 novembre.
Il sipario su questa ennesimo periodo di sostegno delle banche centrali ai mercati dovrebbe calare a metà del 2022 quando prevedibilmente si comincerà a ragionare su un rialzo dei tassi di interesse.
A spanne 20 miliardi di Treasuries e 10 miliardi di MBS potrebbero essere la cifra che verrà rimossa come sostegno da parte della FED ad ogni meeting da qui a metà 2022.
Naturalmente non può sfuggire ai più il contesto generale. I movimenti della banca centrale americana potrebbero essere dilatati nel tempo qualora la situazione in Cina dovesse peggiorare. La banca centrale e il governo di Pechino hanno messo in campo le prime azioni volte a stendere una rete di protezione contro un effetto contagio dal dissesto di Evergrande. La volontà di Pechino non è però quella di salvare ad ogni costo Evergrande, quanto piuttosto fornire un segnale di sostegno al mercato del credito facendo fallire in modo ordinato il colosso del real estate. Il problema è comprendere quanto questo fenomeno è limitato a Evergrande o se ci sono altre società nella stessa condizione.
Inevitabile sarà il rallentamento degli investimenti nel real estate cinese così come verrà ritardata l’uscita da una politica monetaria espansiva da parte della PBOC. Tutti elementi che potrebbero favorire il dollaro americano.
In Europa intanto gli indicatori PMI cominciano a ripiegare leggermente da livelli ancora sostenuti. Il Pmi manifatturiero è sceso a 58.7 dal 61.4 di agosto. Il Pmi servizi è sceso a 56.1 dal 59 di agosto. L’indice IFO tedesco nella componente aspettative ha limato leggermente verso il basso il 97.5 del mese precedente. La BCE è attesa anch’essa all’avvio del tapering, ma i modesti movimenti negli spread tra titoli di stato periferici e core non sembrano mostrare grandi preoccupazioni da parte del mercato almeno su questo fronte.
Gli ultimi 2 anni di EurUsd sono stati una noiosa alternanza di massimi poco sopra 1.22 e minimi poco sotto 1.17. La settimana appena conclusa ha arricchito questo score di un nuovo test dei supporti. Doppio massimo o testa e spalla, comunque vada a finire sfondare al ribasso questa soglia tecnica di supporto aprirebbe le porte ad un rally del dollaro fino a 1.10/1.12.

Andando più sui grafici di breve periodo di EurUsd notiamo come potenzialmente si sta formando la base per un doppio minimo. Il non aver dato il colpo del KO post FOMC mette il dollaro ancora nelle condizioni di convergere verso la media mobile a 200 giorni nel rapporto con l’euro. Oscillatori particolarmente scarichi invitano ad un rimbalzo che troverebbe in area 1.187 la prima solida resistenza, la media mobile a 200 giorni.


La Federal Reserve degli Stati Uniti ieri (mercoledì) ha lasciato il tasso di interesse al livello zero. Allo stesso tempo, la Fed ha annunciato che l’inizio del piano di tapering si sta avvicinando, e ancora di più, un significativo aumento dei tassi di interesse è previsto nel 2022, invece del 2023.
Alla conferenza stampa della Fed, il presidente Powell ha sottolineato che non c’è alcuna connessione tra il tapering e una futura decisione sulla data appropriata per aumentare i tassi di interesse.
Tra i cambiamenti significativi nell’annuncio della Fed c’è il fatto che la metà dei membri ora si aspetta che il primo rialzo dei tassi di interesse avvenga già nel 2022 – 9 membri del comitato su 18 sostengono questa valutazione, rispetto ai 7 membri dell’ultimo annuncio in cui la Fed ha rilasciato le previsioni economiche a giugno. 17 membri ritengono che almeno un altro aumento dei tassi di interesse sia previsto nel 2023 e 13 membri si aspettano 2 aumenti dei tassi di interesse nel 2023.
Negli ultimi mesi, i funzionari della Fed, tra cui il presidente Powell, hanno indicato che l’inizio del piano di tapering avverrà più tardi quest’anno, molto probabilmente da novembre o dicembre. Questo al fine di iniettare liquidità nell’economia e mantenere i rendimenti delle obbligazioni americane ad un basso rendimento. Quando l’inflazione aumenterà, ha detto la Fed, e il mercato del lavoro continuerà a migliorare, il comitato del mercato aperto della banca centrale deciderà di iniziare a ridurre il tasso di acquisti di obbligazioni, prima del previsto.
Il comitato del mercato aperto si aspetta anche un aumento del 5,9% del PIL quest’anno, inferiore alla previsione di giugno di un aumento del 7%. Tuttavia, la Fed ha aumentato le sue previsioni per il prossimo anno – prevedendo una crescita del 3,8% nel 2023 rispetto alla precedente previsione di un aumento del PIL del 3,3%.
Il trading a Wall Street si è chiuso con un trend positivo: Il NASDAQ è salito dell’1%, il Dow Jones dell’1,3%, lo S&P 500 dell’1,2%.
Anche le negoziazioni sui mercati europei hanno chiuso con aumenti di prezzo. Il DAX tedesco è salito dell’1%, il FTSE britannico dell’1,5% e il CAC francese ha aggiunto l’1,3%.
Apertura positiva per la giornata di trading Europeo: Il DAX sale dello 0,6%, il CAC dell’1,1% e il FTSE dell’1%.
Apertura verde per il settore finanziario: Deutsche Bank e BNP Paribas sono in rialzo del 2,3%, Barclays del 2,1% e HSBC dell’1,9%.
Materie prime: Rio Tinto è in rialzo del 2,2%, Glengon del 2,6%, Anglo American del 3,4%, BHP del 2,4%.
I mercati sono in attesa della decisione sui tassi di interesse della Fed di stasera. L’attenzione si concentrerà sul programma di incentivi della Banca Centrale e, nello specifico, su qualsiasi accenno o dichiarazione del presidente Powell riguardo alla data di inizio della riduzione della quantità di acquisti.


Il primo giorno di trading della settimana a Wall Street si è chiuso con un calo dei prezzi. Il Dow Jones si è indebolito dell’1,8% dopo aver perso il 2,6% durante le negoziazioni, il NASDAQ è sceso del 2,2% dopo essere sceso del 3,5% in precedenza, lo S&P 500 è sceso del 2%. Anche le criptovalute sono state colpite dalla tendenza – Bitcoin è crollato del 9%. Il sentimento negativo a New York è arrivato soprattutto dalla Cina, dove è cresciuta la paura del crollo del gigante immobiliare Evergrande.
Le azioni di Caterpillar e Goldman Sachs sono cadute particolarmente bruscamente stasera. Il produttore di attrezzature meccaniche ha perso il 4,5%, e la banca d’investimento è scesa del 3,4%. Altri titoli che si sono distinti in rosso: American Express (-3,3%), e JPMorgan (-3,7%).
Il prezzo dell’oro, un metallo considerato un “porto sicuro” per gli investitori in tempi di incertezza, è aumentato dello 0,8% a 1.765 dollari l’oncia.
I titoli dell’aviazione sono saliti, in contrasto con la tendenza negativa del mercato, dopo l’annuncio della Casa Bianca che a partire da novembre, i visitatori vaccinati dall’UE e dal Regno Unito potranno entrare. American Airlines è in rialzo dell’1,9%, Delta e United Airlines dell’1%.
Inoltre, in controtendenza, le azioni Pfizer sono salite dello 0,8% in seguito all’annuncio dell’azienda che il vaccino contro la corona che ha sviluppato è sicuro per i bambini a partire dai cinque anni.
Mercoledì sera, la Fed dovrebbe lasciare il tasso di interesse nell’economia vicino allo zero, ma gli investitori guarderanno alle previsioni per i tassi di interesse per i prossimi anni: la banca centrale dovrebbe aumentare i tassi di interesse per la prima volta dall’inizio della crisi nel 2022, o solo nel 2023.
La Federal Reserve (Open Market Committee) discuterà anche il programma di acquisto di obbligazioni che la banca porta avanti ogni mese, e potrebbe aggiornare i tempi dell’inizio della riduzione degli acquisti. Gli Stati Uniti stanno aumentando la pressione per decidere di avanzare già a novembre e forse anche a ottobre.
L’indice Hang Seng di Hong Kong ha chiuso con un calo del 3,4%, dopo essere sceso più del 4% in precedenza. Il leader dell’indice, il gigante immobiliare cinese Evergrande, ha perso l’11% nel trading – prima, l’azienda è scesa del 20%.
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Spot EurUsd: 1.1720
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1660, 1.1605, 1,1450) Resistenze (1.1900, 1.1975, 1.2130)
Strategia: Long a 1.1750
Stop loss: 1.1750
Take profit: 1.2200
Nel mondo le tensioni inflazionistiche permangono e le banche centrali potrebbero essere costrette a cambiare strategia in corsa. La tranquillità professata da FED e BCE deve fare i conti con tensioni notevoli sui prezzi dell’energia e dell’elettricità in particolare con impianti che cominciano a chiudere in Europa per effetto dell’antieconomicità di certi processi. Misure di contenimento negli aumenti delle bollette stanno per essere messi in campo dai vari governi europei, ma ormai è inevitabile preventivare una minor spesa per consumi nell’ultima parte dell’anno drenata dall’aumento nei costi energetici.
L’inflazione già morde in Gran Bretagna con il dato di agosto che ha fatto registrare un incremento del 3,2%.
Inflazione che rimarrà quindi più alta delle aspettative e inflazione core che in America è rimasta al 4% anche nel dato di agosto. Vero che siamo sotto il 4,2% atteso e il 4,3% di luglio, ma il dato generale è uscito ad un 5,3% che rende decisamente negativi i rendimenti reali offerti dal mercato obbligazionario. Si intravede qualche segnale di raffreddamento sui settori più tipicamente turistici come quello degli hotel, delle auto usate o delle tariffe aeree ma lo tsunami energetico è in corso e rallenterà il processo di rientro.
A suggerire un persistere della pressione sui prezzi anche l’elevato dato sui prezzi alla produzione. Il PPP è salito del 8,3% ad agosto, la versione core del 6,7%. E non dimentichiamo la Cina che ha visto un incremento a agosto dei prezzi alla produzione del 9,5% su base annua. Effetti che già si notano sulle vendite al dettaglio cresciute decisamente meno delle attese degli analisti ad agosto (2,5% vs 7%).
Si guarda perciò alla FED che il 22 settembre si pronuncerà sui tassi. Invariati sicuramente ma Powell sarà atteso da maggior dettagli sul tapering.
Non è escluso che proprio le tensioni sui prezzi non core dell’inflazione consiglino alla banca centrale un rinvio nel tapering per evitare di strozzare la crescita.
Gli effetti sul dollaro sono stati molto relativi post dato dell’inflazione americana. Il biglietto verde si mantiene nel rapporto con l’euro poco sopra quella zona tecnica di 1.17 che fa da spartiacque tra bull e bear market. Il tentativo di sfondare i supporti di qualche settimana fa si è rivelato una trappola per orsi e questo rappresenta in teoria un punto a favore di chi pronostica una ripresa dell’euro nelle prossime settimane.
Tecnicamente EurUsd può essere considerato in territorio ribassista fino a quando la media mobile a 200 giorni conterrà le spinte rialziste. E’ già successo a settembre e quindi solo un superamento di 1.189 aprirebbe le porte del rialzo per l’euro. Certamente non ignoriamo la struttura grafica che sta assumendo il cambio. Il testa e spalle rialzista di breve periodo sta prendendo forma e proprio il superamento della media mobile sopra citato formalizzerebbe la chiusura della figura di inversione. Il post FOMC chiarità meglio le idee.

La volatilità è molto contenuta e un indicatore che stiamo seguendo con grande attenzione è il Macd mensile. Qui il segnale bearish su EurUsd teoricamente c’è già stato con l’incrocio dal basso verso l’alto della linea del segnale a fine agosto. Manca però la conferma e anche in questo caso dopo il meeting della FED potremo avere le idee un po’ più chiare circa il valore segnaletico di questo indicatore. Ovviamente una chiusura di mese sotto 1.17 sarebbe bearish per EurUsd


La telefonata tra il presidente cinese Xi Jinping e Joe Biden dopo sette mesi di silenzio potrebbe rappresentare una svolta per quella parte di mercato azionario cinese, soprattutto quello legato alla tecnologia che ha sofferto enormemente queste tensioni. Un colloquio franco e ampio come riferiscono le fonti ufficiali, durato 90 minuti.
Ovviamente non ci è dato sapere su cosa i due leader si sono concentrati, ma quello che è emerso è la necessità che la concorrenza tra i due paesi si trasformi in un conflitto. Non converrebbe a nessuno questo è ovvio, a partire da quella Cina che militarmente è ancora una potenza in costruzione. Commercio, spionaggio industriale, diritti umani e gestione e origine della pandemia questi sono i terreni sui quali Cina e Usa si stanno scontrando ripetutamente fin dai tempi del Presidente Trump.
Alcune situazioni difficilmente potranno essere ripianate con un colloquio tra leader. Il genocidio della minoranza uighuri è una macchia spesso rimarcata dal mondo occidentale ma sulla quale Pechino che non accetta ingerenze da parte degli americani. Poi c’è la questione Hong Kong che rappresenterà anche nei prossimi anni un scivoloso territorio di scontro diplomatico.
Ma è il commercio la materia che ovviamente interessa di più i mercati. Attualmente gli americani mantengono dazi per oltre 350 miliardi di dollari su merce cinese, mentre la Cina risponde con la stessa arma per oltre 100 miliardi di dazi. Biden non ha cambiato la strategia di Trump.
Se il clima nei prossimi mesi dovesse rivelarsi più disteso ecco che alcune parti del listino cinese potrebbero diventare una interessante opportunità di acquisto. Ad esempio il Golden Dragon Index, indice che raggruppa le società quotate in America con i loro principali interessi commerciali in Cina, ha perso dai massimi di febbraio il 25% mentre nello stesso arco di tempo lo S&P500 ha guadagnato il 19%. Società come Alibaba e Baidu per esempio hanno perso dai massimi del 2021 il 50% del loro valore. Occasioni di acquisto? Lo capiremo dal comportamento dei mercati nelle prossime settimane quando l’esito del colloquio verrà messo davanti alla realtà dei fatti.
Se questa fosse comunque una prima pietra di un processo di ricostruzione dei rapporti diplomatici tra i due paesi, proprio la tecnologia cinese potrebbe rappresentare una ghiotta opportunità di ingresso per coloro che non vogliono strapagare la tecnologia americana quotata a Wall Street.
Spot EurUsd: 1.1820
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1660, 1.1605, 1,1450) Resistenze (1.1900, 1.1975, 1.2130)
Strategia: Long a 1.1750
Stop loss: 1.1750
Take profit: 1.2200
Non è tapering, ma è di fatto l’inizio del tapering. Questa la sintesi dell’intervento di miss Lagarde a margine della decisione BCE di mantenere invariati i tassi. Verrà ricalibrato il ritmo degli acquisti di titoli previsti dal programma PEPP che rimane a 1850 miliardi con scadenza 2022. Riduzione degli acquisti scontata e che nei prossimi mesi verrà affiancata a inevitabili chiarimenti al mercato su cosa arriverà dopo il PEPP. La previsione di inflazione per il 2022 al 2,2% lascia intravedere un morbidissimo passaggio verso un easing monetario meno intenso con un occhio attento a pandemia e politica monetaria americana. Altri update nelle previsioni BCE hanno interessato la crescita prevista per fine anno al 5% contro il 4,6% delle previsioni precedenti.
Già, quella politica monetaria americana che rimane ancora sullo sfondo in attesa del FOMC del 22 settembre. Dopo l’orribile dato sull’occupazione di inizio mese si scruta nei dati ad essa collegati per comprendere l’evoluzione del secondo obiettivo dichiarato dalla FED. L’indice ISM occupazione è sceso sotto quota 50, ma anche la componente legata ai prezzi è scesa dai livelli stellari di agosto. Powell dovrà confermare o smentire ciò che a Jackson Hole aveva fatto emergere, ovvero tapering in partenza entro fine anno. Salvo clamorosi ribaltoni nei dati occupazionali, o ancora peggio di crack a catena in Cina a causa dell’affare Evergrande, il percorso appare ben delineato.
La stessa Australia, pur prendendo tempo e spostando il tapering a febbraio, ha confermato che il processo di normalizzazione è inevitabile e da percorrere per evitare effetti collaterali a livello di inflazione. Anche il Canada, pur usando toni soft, ha confermato la scelta di ridurre il piano di stimoli.
Il mondo finanziario sviluppato si avvia quindi verso una lenta normalizzazione della politica monetaria mentre nel mondo emergente già da tempo la lotta all’inflazione sta trovando il modo di contenere la svalutazione delle monete locali con ripetuti rialzi dei tassi. Ultima in ordine di tempo la Russia che ha portato i tassi al 6,75% proprio per arginare gli effetti negativi dell’inflazione.
EurUsd non si è praticamente mosso sulla notizia BCE. Il mercato aveva già anticipato la mossa dall’ultima settimana di agosto. Lo schianto contro la media mobile a 200 giorni per l’ennesima volta ha messo la parola fine all’ambizione di chi sperava di vedere una moneta unica più forte. Rimane quindi la soglia di 1.19 la prima barriera da monitorare con attenzione per un cambio di tendenza. Il testa e spalla ribassista formalizzato ad agosto per il momento si è rivelato un “fake” e quindi solo sotto 1.17 si aprirebbero le porte di una debolezza più marcata dell’euro.

Ma 1.19 è importante anche perché sta prendendo forma una figura stavolta rialzista di testa e spalla. Sui grafici di breve periodo, dopo l’affondo sotto 1.17 di agosto, si possono già notare i due massimi che hanno preceduto e succeduto il bottom. Valicare questa resistenza ci permetterebbe già ora di stimare l’obiettivo potenziale del movimento in area 1.21. Ma sullo sfondo c’è un death cross da scongiurare. La media mobile a 100 giorni sta infatti puntando quella a 250.

In una settimana ricca di appuntamenti per le banche centrali di tutto il mondo, il messaggio forse più interessante è arrivato dall’Australia. La banca centrale ha infatti mantenuto i tassi di interesse ai minimi storici ma ha confermato l’avvio del tapering, seppur con un rinvio temporale. La cosa ha un po’ sorpreso gli analisti i quali, visti i recenti lockdown che hanno interessato il paese, pensavano ad un ulteriore fase di prolungamento delle misure di QE. Niente da fare, il mondo si sta indirizzando verso l’archiviazione di questa fase straordinaria di liquidità a bassissimo costo anche in zone del mondo dove tassi di interesse di questo tipo non si erano mai visti.
Il dollaro australiano ha pagato a caro prezzo e un po’ a sorpresa questo atteggiamento della RBA che potrebbe strozzare una crescita che comunque nel secondo trimestre dell’anno si è assestata ad un livello superiore alle attese (0,7% vs 0,4%).
Il rinvio da settembre a febbraio 2021 della riduzione da 5 miliardi a 4 miliardi di Aud di titoli riacquistati dalla RBA ha favorito le prese di profitto sull’Aussie. Il prendere tempo non piace mai ai mercati perché dimostra poca visibilità e soprattutto incertezza. La sensazione è che la RBA abbia calciato avanti la palla per timore che la situazione sul debito privato in Cina (vedi il sempre più probabile default di Evergrande) posso riverberarsi negativamente sulla domanda di materie prime australiane. E questo ci porta ad un altro punto importante, quello dell’attuale valutazione delle commodity.
Osservando il grafico di AudUsd si può apprezzare come il test della media mobile a 200 giorni è avvenuto in modo chirurgico proseguendo una tendenza negativa che va avanti da febbraio 2021. Bear market quindi confermato.
Ma lo stesso grafico ci porta diretti anche al mondo delle materie prime fresco reduce da nuovi massimi nelle scorse settimane e responsabile dell’alto livello di inflazione a livello globale. Da sempre ben correlati, AudUsd e indice Bloomberg Commodity Index stanno prendendo direzioni opposte da un po’ di tempo. Un segnale di eccesso sulle commodity o di palese sottovalutazione dell’Aud? Lo scopriremo nelle prossime settimane ma la sensazione è che l’atteggiamento cauto e il rinvio da parte della RBA nasconda il timore che siano le materie prime quelle ad aver corso troppo in alto.