Il dato dell’inflazione americana di marzo era attesissimo ed il rialzo, soprattutto dei prodotti petroliferi che a questo punto proseguirà, ha creato le premesse per un aumento del CPI headline al 3,5%. Il dato core depurato dalle componenti volatili è andato oltre le previsioni arrivando al 3,7%. Le recenti dichiarazioni dei banchieri centrali, che hanno posto l’accento soprattutto sulla crescita economica superiore al previsto, ha risollevato tutta la curva dei rendimenti con il decennale Usa al 4,5%.
Azzerate le ipotesi di rialzo a giugno, ma è sempre più probaile che non si farà nulla per il resto dell’anno visto l’imminente appuntamento elettorale. In queste condizioni è evidente che il mercato stima livelli di inflazione per i prossimi anni ben superiori al 2%, un punto a favore di chi dice che quest’anno di limature nel costo del denaro se ne vedranno ben poche. Supportando in questo modo la tesi bullish sul dollaro.
Dai verbali dell’ultimo meeting FED è emersa proprio l’incertezza che circonda i banchieri americani titubanti sul da farsi di fronte ad una crescita economica ancora vigorosa. Intanto la BCE ha deciso di lasciare invariati i tassi confermando che saranno i dati da qui a giugno quelli che definiranno i contorni delle future manovre di politica monetaria. In settimana i dati tedeschi di produzione industriale avevano confermato una piccola ripresa in atto con una variazione mensile del 2,1% anche se parzialmente coperta da un deludente dato dell’export in calo del 2% a marzo. Il rialzo del prezzo del petrolio a causa delle tensioni belliche in Medio Oriente e la conseguente svalutazione dell’euro rischiano però di rovinare i piani BCE.
La volatilità su EurUsd sembrava essere ormai un fenomeno in via di estinzione con movimenti sempre più blandi attorno a valori che, come spesso capita, all’improvviso vengono violati proprio con uno scoppio di volatilità.
Quello che è successo la scorsa settimana testimonia proprio questo fatto con le bande di Bollinger mai così strette dal 2019 che all’improvviso subiscono un movimento, in questo caso verso il basso, da parte di EurUsd che rompe gli indugi.
Situazione che si sblocca quindi su EurUsd e lo fa a sorpresa considerando che la stagionalità remerebbe contro il dollaro. Il grafico settimanale chiarisce perché. A livello superiore c’è questa media mobile a 200 settimane (oggi a 1,10) che ha bloccato ogni iniziativa sul nascere con il solo falso segnale dell’estate 2023 che aveva illuso sulla ripartenza anticipata dell’euro. Guardando in basso è indubbio che zona 1,05 rappresenta l’altro scalino importante da superare per un biglietto verde che ha intanto la partita solo all’avvenuta formalizzazione del testa e spalla ribassista che a sua volta ha violato il supporto dinamico offerto dalla media mobile a 200 giorni. A questo punto sarà molto interessante verificare cosa succederà dalle parti di 1,05, uno scalino tecnico fondamentale anche in ottica strategica per il cambio EurUsd.
I dati di inflazone continuano a fare da catalizzatore per le future manovre delle banche centrali. Ma anche la crescita economica americana rappresenta un punto a sfavore di chi confidava in un approccio di easing immediato da parte della FED.
Le parole di Powell che hanno preceduto la Pasqua apparivano stranamente hawkins dopo il FOMC di marzo, ma probabilmente il Governatore disponeva di informazioni riservate sull’imminente report ISM manifatturiero che lunedì scorso ha stupito tutti ritornando sopra la soglia che delimita espansione da rallentamento economico, ovvero i 50 punti.
Un dato che ha visto ritornare in territorio espansivo anche le sotto componenti di produzione e nuovi ordini, ma anche la ripresa della salita della componente prezzi passata da 52.5 a 55.8, il punto più alto da agosto 2022. L’inflazione, a quanto pare, non è stata domata.
Ma anche lo stato dell’occupazione si dimostra tonico con oltre 300 mila posti di lavoro creati a marzo.
Immediata la reazione sul mercato obbligazionario con i Treasury decennali ben oltre il 4,25% e minore probabilità di taglio nel costo del denaro a giugno secondo il mercato.
Lo spread tra titoli di stato americani e tedeschi si è così impennato tornando a superare i 200 punti base e alimentando un nuovo tentativo di sfondamento dei supporti da parte di EurUsd, ancora però senza successo.
E dire che l’inflazione europea a marzo ha decisamente sorpreso in positivo con il CPI sceso dal 2.6% al 2.4%. Su 20 stati membri, un quarto di questi ha un’inflazione annuale inferiore al target del 2.0%, e più della metà vantano sono sotto al 3%. Nella vicina Svizzera i prezzi al consumo sono addirittura scivolati al 1% colpendo duro il franco svizzero che rischia di diventare la moneta da carry trade preferita dagli investitori.
Questo non contribuisce però ad alimentare le attese di tagli nei tassi di interesse. Erano 7 quelli attesi in USA ad inizio anno e sono sono 3, probabilmente 2 senza escludere il nulla di fatto considerando l’imminente evento elettorale.
Lo spread tra rendimenti decennali americani e tedeschi risale per qualche seduta sopra i 200 punti base aiutando il dollaro, ma l’immediata reazione della moneta unica europea e il successivo rientro dello spread ha di fatto certificato come trappola per orsi (qui il grafico è su scala invertita) il tentativo del biglietto verde si abbattere definitivamente i supporti di 1,08. Nel 2023 ad uno spread equivalente a quello attuale corrispondeva un rapporto di cambio in zona 1,06. Un potenziale segnale di debolezza nella forza relativa del dollaro di cui tenere conto.
Il Dollar Index dimostra in maniera chiara quanto importanti siano i livelli raggiunti di recente dal dollaro. Il 61,8% di ritracciamento di Fibonacci del ribasso cominciato ad ottobre 2023 già a febbraio era stato in grado di arginare la forza del biglietto verde. Adesso ci risiamo con la candela ribassista post settimana pasquale che rende potenzialmente un doppio massimo il test di area 105 da parte del Dollar Index. Probabile a questo punto un ritorno in zona 103.
In una settimana un po’ anonima dal punto di vista dei dati macro dagli Stati Uniti. sono più le notizie extramercati come Trump a giudizio e il ponte crollato di Baltimora che i dati macroeconomici. Anche Powell ha alimentato un po’ di speculazione sull’evoluzione dei tassi di interesse che secondo il Presidente della FED non torneranno ai livelli pre pandemia e anche in questo ciclo economico non scenderanno velocemente se l’inflazione non prenderà la direzione auspicata del 2%.
Ormai i tassi decennali americani sono entrati in una specie di limbo in attesa di conoscere i prossimi dati macro. Le borse fiaccamente galleggiano vicino ai massimi storici senza correzioni di rilievo. Powell ha messo a tacere ogni speculazione con una retorica che spazia su tutto il ventaglio di ipotesi tranne quello di un futuro rialzo dei tassi. Il dollaro comunque ringrazia viste le prospettive dell’eurozona e tocca i massimi dal 1990 contro lo yen costringendo Governo e Banca centrale nipponica ad una riunione di emergenza che probabilmente anticipa delle manovre di intervento sul mercato forex a sostegno dello yen. Debole però anche l’euro.
Come detto è però in Europa che il mercato nutre aspettative di taglio dei tassi già a giugno. A seguire altre due manovre da 25 punti base ciascuna entro dicembre. Il costante rallentamento dell’inflazione emerso anche dai dati preliminari ed un’economia fiacca aumenta le pressioni sulla BCE per alleggerire il costo del denaro
E che sul mercato non ci siano tendenze dominanti lo si comprende anche dall’indicatore Adx di EurUsd, incapace di salire sopra quota 30 e quindi di confermare la presenta di un trend bullish che cercava di “scappare” dalla media mobile a 200 giorni. L’euro invece ha fermato la sua corsa rialzista e l’Adx si sta spegnendo. Questa fase, quindi, non appare propensa ad attivare set up di momentum, almeno fino a quando i prezzi non riusciranno a scalfire supporti (1,08) e resistenze (1,105). Supporti che nella chiusura pre pasquale sono però andati sotto pressione. Momento decisivo.
Come detto in apertura poche le novità da segnalare in questa fase di mercato con EurUsd che docilmente continua a galleggiare nell’intorno della media mobile a 200 giorni. Evidente come area 1,08 continui a rappresentare lo spartiacque tra fase laterale e fase bearish.
Gli oscillatori in territorio neutrale e sentiment che non mostra segnali di eccesso confermano un mercato incerto sul da farsi e che si muove ambiguamente tra la tentazione di comprare dollari sull’onda di un differenziale tassi in allargamento e l’attendere manovre più ravvicinate nei tempi da parte della FED. Crediamo che solo la certezza di nessuna riduzione dei tassi da parte della FED quest’anno avallerebbe l’ipotesi di un rally estivo del dollaro. Che sulle parole di Powell tenta nuovamente di forzare i supporti.
A sorpresa il FOMC lascia trasparire la volontà della Fed di tagliare i tassi di interesse tre volte nel corso del 2024, creando le premesse per nuovi massimi sui mercati azionari. Powell ha aperto la conferenza stampa indicando che l’inflazione è sì in rallentamento, ma meno delle previsioni e per questo la FED rimarrà vigile. Ma il picco è stato raggiunto. L’impressione è comunque stata quella di una deviazione solo provvisoria che presto rientrerà sul sentiero previsto e questo spiega perché dai Dot Plots si evince che i tagli nel costo del denaro durante il 2024 saranno probabilmente tre.
Un po’ contradittorie alcune indicazioni emerse dal FOMC come la revisione al rialzo delle previsioni di crescita economica, che probabilmente terrà conto di una riduzione del costo del denaro sotto al 5%.
I dots plot redatti dai membri della Fed, come detto, indicano in 4,5%/4,75% le previsioni sui tassi di interesse per il 2025, anno in cui la crescita è stata rivista al rialzo al 2% (dopo una consistente review al 2,4% nel 2024). L’inflazione core tornerà invece al 2% solo nel 2026.
Per quello che riguarda l’Europa il clima rimane quello di attesa dopo le parole di Lagarde che di fatto ha rinviato tutto a giugno. Permangono i buoni segnali di restringimento degli spread tra core e periferici segno che lato interno in Europa per ora non sembrano emergere grandi problemi. Piuttosto è ai confini che le tensioni geopolitiche rischiano di mettere maggiore pressione sui bilanci europei che dovranno tenere in conto maggiori spese per la difesa nei prossimi anni.
Da segnalare il drastico rallentamento nel costo del lavoro europeo nel quarto trimestre. Il 3.4% è in netta discesa rispetto al 5.2% del terzo trimestre. Il mercato sconta una prima manovra nel meeting BCE di giugno.
La volatilità su EurUsd continua a contrarsi e bande di Bollinger così vicine su scala settimanale non si vedevano dalla fine del 2019, periodo che ricordiamo tristemente perché coincise con lo scoppio della pandemia, prima in Cina e poi a livello globale. In quel caso l’azione risolutiva della FED sui tassi per fornire liquidità al sistema economico favorì una decisa accelerazione di EurUsd verso l’alto. Non possiamo sapere se sarà così anche questa volta ma indubbiamente vale la pena di monitorare i livelli inferiori (1.07) e superiori (1.105) delle bande visto che con la volatilità così compressa l’uscita da uno di questi lati potrebbe determinare una nuova e importante tendenza. Visto il capitolo sulla stagionalità di poco fa l’aspettativa rimane per un pò di debolezza del dollaro nei prossimi mesi.
Il grafico a barre giornaliere di EurUsd conferma ancora una volta l’importanza della media mobile a 200 giorni. Avvicinata nel pre Fomc e poi nuovamente sul finire di settimana. questa media mobile conferma la capacità di contenimento dei tentativi di rafforzamento del dollaro, ma al tempo stesso la delicatezza di una sua perforazione verso il basso. All’interno di un trading range la media mobile rappresenta una sorta di spartiacque. Guardando in alto Tra 1,105 e 1,11 troviamo una solida barriera di resistenza che metterà alla prova la capacità dell’euro di puntare con decisione a livelli ben più ambiziosi durante l’estate.
Siamo alla vigilia del FOMC di marzo che probabilmente rappresenterà un passaggio interlocutorio nell’avvicinamento al taglio dei tassi pronosticato dal mercato per l’estate. La FED non ha fretta e non trasuda dalle parole dei suoi esponenti una voglia smisurata di abbassare il costo del denaro. Tre sono i tagli stimati dalle curve forward sui tassi anche se i dati di inflazione di febbraio hanno confermato che il raffreddamento dell’inflazione sembra approssimarsi ad una fase di stallo in zona 3%. A febbraio i prezzi al consumo sono saliti più delle attese. Il dato headline del 3.2%, quello core del 3.8%. Il modello della FED di Cleveland suggerisce numeri a marzo del 3.3% e del 3.7% mentre i prezzi alla produzione, decisamente più tiepidi, hanno anch’essi fatto registrare una ripresa verso l’alto delle variazioni.
L’ottimismo arriva guardando alla cosiddetta inflazione super core salita “solo” dello 0.5% a febbraio rispetto allo 0.9% di gennaio. Tanti numeri che testimoniano come la dinamica inflazionistica per convergere verso il 2% ha bisogno di altro e il mercato del lavoro sembra il candidato numero uno a contribuire a questa fase. I dati dell’occupazione di marzo saranno decisivi in tal senso, soprattutto quelli relativi ai salari. E che i tassi difficilmente ritorneranno ai livelli pre pandemia lo pensa pure Janet Yellen. Il Segretario del Tesoro americano ha definito “improbabile” una discesa del costo del denaro ai livelli del 2019 commentando le previsioni sui tassi di interesse della Casa Bianca che definiscono il budget di bilancio 2025. I tassi decennali in queste stime salgono dal 3.6% al 4.4% per l’anno prossimo.
Dall’Europa, intanto, nessuna grande news se non che le parole di Lagarde hanno ormai spostato tutte le attenzioni sui dati macro che usciranno da qui a giugno quando, secondo la BCE, avremo tutti i dati che servono per decidere se ridurre il costo del denaro.A gennaio la produzione industriale ha confermato la sua debolezza con un calo del 3.2% mensile che porta il dato annuo a -6.7%. I dati Pmi manifatturieri, ancora sotto i 50 punti, confermano che la Germania è l’anello debole della catena in questo momento.
Ci stiamo progressivamente avvicinando alla parte alta di un trading range che da oltre un anno accompagna EurUsd. La zona designata ad accogliere il cambio è quella compresa tra 1.10 e 1.12 dove gli oscillatori in ipercomprato, e magari in divergenza con i prezzi, dovrebbero anticipare una fase di stop ad un rialzo dell’euro che stagionalmente era facilmente prevedibile. La media mobile a 200 giorni di 1,08 rimane lo spartiacque di questo trading range.
Un grafico che ci sembra interessante segnalare è quello che mette a confronto EurUsd con il prezzo dell’oro. Come si vede il cambio sembra essere in ritardo rispetto all’evoluzione del metallo giallo fresco reduce da nuovi record. L’aspettativa a questo punto è quella di un riallineamento verso l’alto con il cambio EurUsd che dirige la sua prua proprio verso le resistenze di 1,10/1,12.
Powell è stato chiaro. Nel 2024 il costo del denaro verrà ridotto ma non c’è fretta. I progressi nella lotta all’inflazione sono evidenti ma non sufficienti. Il capo della FED, la cui credibilità è altissima dopo aver messo le briglie ad uno dei rialzi inflazionistici più veloci della storia americana, davanti al Congresso ha dichiarato che i tassi di interesse hanno raggiunto il loro picco.
A un certo punto i tassi di interesse verranno ridotti in uno scenario che non può escludere accelerazioni improvvise qualora la situazione legata all’economia o ad eventi di difficoltà di alcuni istituti finanziari (vedi Bancorp) dovesse rendere opportuni gli aggiustamenti.
Powell ha escluso una recessione economica nel 2024 e, considerando anche l’approssimarsi delle elezioni politiche, il Presidente della FED vuole mantenersi super partes e quindi giostrare la politica monetaria in maniera neutrale. I dati dell’occupazione di febbraio hanno mostrato un mercato del lavoro ancora forte con 275 mila posti di lavoro creati e salari in crescita del 4.3%.
Prossimo meeting previsto per il 20 marzo, mentre la settimana scorsa è stato il turno della BCE.
Non erano previste novità sul fronte dei tassi, ma qualche indicazione da Lagarde era attesa.
Preoccupa soprattutto lo stato di alcune economie, quella tedesca in primis dopo che l’istituto IFO ha previsto per il 2024 una crescita di appena lo 0,2% per la Germania. Lagarde ha comunque indicato ai mercati che solo a giugno si cominceranno ad avere informazioni utili per decidere se opportuno ridurre il costo del denaro. Abbassate le stime di crescita dell’intera Eurozona.
Tranne qualche rara e poco duratura eccezione, gli ultimi 16 mesi di EurUsd sono racchiusi in questo grafico. Un trading range senza direzione compreso tra 1,05 e 1,12. Qualche tentativo di fuga in avanti o all’indietro guidato soprattutto dalla speculazione sui tassi di interesse. Fino a ottobre 2023 l’idea che si era fatta il mercato circa tagli aggressivi da parte della FED ha poi lasciato spazio man mano che il tempo passava a una narrativa più dovish che ad oggi non si spinge oltre i 75 punti base di riduzione del costo del denaro nel corso del 2024.
Considerando fattori stagionali e di sentiment non è escluso un allungo dell’euro fin sotto le resistenze, ma si fatica al momento ad intravedere un evento che potrebbe permettere all’euro di rompere verso l’alto tenendo conto degli attuali differenziali di crescita economica oppure di tassi di interesse.
Continuiamo a seguire con molta attenzione l’evoluzione del Dollar Index la cui conformazione sta assumendo contorni che potrebbero diventare penalizzanti più avanti nell’anno per il biglietto verde.
La figura di testa e spalla ribassista è un disegno che troverà a 101 un supporto al di sotto del quale si aprirebbero porte negative per un dollaro che a quel punto risulterebbe essere un asset valutario da sottopesare e coprire negli investimenti americani e shortare per chi deciderà di sfruttarne la debolezza in ottica di trading. Per il momento la situazione rimane ancora pro dollaro, ma attenzione ai livelli tecnici che contano.
C’erano una volta i ribassi nei tassi promessi dalla FED. Non passa settimana che le attese di riduzione del costo del denaro si contraggono e ad oggi sono rimasti 75 i punti base attesi di taglio dal mercato entro fine 2024. Erano 150 all’inizio dell’anno.
La crescita rimane robusta anche se il recente ISM manifatturiero ha messo in evidenza che qualche problema comincia ad esserci. La stessa fiducia dei consumatori in calo potrebbe essere un sintomo importante. La FED di Atlanta pronostica ad oggi un primo trimestre in crescita di oltre il 3% mentre il modello della FED di New York si posiziona poco sotto.
Si respira ottimismo nelle sale operative mentre i banchieri centrali, con una retorica diversa da quella espressa alcune settimane fa, sembrano voler alzare la guardia sul rischio di un rigurgito dell’inflazione.
Intanto è praticamente ufficiale che sarà Trump – Biden la sfida presidenziale americana di novembre salvo eventi giudiziari che potrebbero interrompere la corsa del tycoon. Una sfida che evidentemente piace ai mercati finanziari ringalluzziti anche dal poderoso rally di Bitcoin dopo la quotazione dei nuovi ETF.
In Europa da segnalare il clima di calma che si respira nel mondo degli spread tra paesi mediterranei e virtuosi. Il differenziale di tasso tra BTP e Bund è sceso sotto i 150 punti base, ai minimi degli ultimi due anni. C’è fiducia nella moneta unica e questo è testimoniato dall’incapacità del dollaro di rompere al ribasso i supporti ma anche dal vigoroso recupero di EurChf. Inflazione in ulteriore raffreddamento e dati macro deludenti che continuano ad arrivare dalla Germania rafforzano l’ipotesi di una BCE in azione prima della FED entro l’estate.
Analizzando il grafico di breve periodo la trappola per orsi scattata a inizio febbraio sembra aver trovato conferma anche nel confronto tra medie mobili di breve e di lungo periodo. Il ritorno sopra 1.08 è importante non solo perché è stata recuperata la media a 200 giorni, ma anche perché potrebbe aver messo la parola fine alla discesa dell’euro cominciata a dicembre.
La battaglia è ancora in corso e la zona cuscinetto tra 1,07 e 1,08 rimane quella più delicata per la moneta unica e che probabilmente reggerà fino alle prossime riunioni delle banche centrali.
Un definitivo allontanamento dalla media mobile a 200 giorni rappresenterebbe la conferma di un ritorno in zona 1,10/1,12 per i prossimi mesi, quelli in cui la stagionalità favorevole per il dollaro verrebbe meno.
Un indicatore come il Relative Momentum index (RMI) sembra confermare la capacità di ripresa dell’euro dopo aver toccato un certo ipervenduto. L’RMI, come già accaduto in altre occasioni, ha saputo risollevarsi e questo ha coinciso con una ripresa del cambio EurUsd. Lecito a questo punto attendersi un proseguimento del rally dell’euro fino a quando non verrà almeno toccata una quota di ipercomprato da parte dell’oscillatore.
Mercati americani che faticano a tirare il fiato dopo i recenti massimi storici sull’azionario con gli investitori desiderosi di entrare e partecipare alla festa. Nel mentre i rendimenti decennali dei Treasuries si mantengono stabilmente sopra il 4% confermando la visione di una FED che sarà più aperta ad un taglio dei tassi in estate quando presumibilmente l’inflazione dovrebbe riuscire a scalfire quella soglia ormai diventata cruciale del 3%. Le previsioni di fine 2023 di addirittura sei tagli nei tassi nel 2024 si sono ormai ampiamente ridimensionate.
Le maggiori attenzioni della settimana si sono concentrate sull’Europa. La Germania ha abbassato le stime di crescita per il 2024 allo 0,2%. La Francia ha ridotto le stime a +1% e la Commissione Europea stima una crescita per l’intera Eurozona dello 0,8%. I dati tedeschi dell’indice IFO sia nella componente attese che attuali confermano la stagnazione dell’economia.
Inutile girarci troppo intorno. Se il ribasso dei tassi sembra essere l’arma migliore da utilizzare per rilanciare la crescita, fino a quando l’inflazione non rientrerà verso il 2% e la stessa FED non mostrerà una precisa volontà ad operare in senso dovish, Lagarde rimarrà alla finestra. Abbassare il costo del denaro significherebbe ridurre il valore dell’euro e importare inflazione rimettendo in discussione l’ottimo lavoro fatto finora dalla BCE.
Se la stagionalità dovesse riverberarsi negativamente sul dollaro americano come previsto dalle statistiche da marzo fino all’estate inoltrata, ecco che la figura di testa e spalla ribassista che il mercato sta disegnando sul biglietto verde potrebbe assumere contorni interessanti in chiave tattica.
Al momento non si registrano indicazioni in tal senso, ma è evidente che se il Dollar Index dovesse ripiegare verso zona 100, quel livello diventerebbe cruciale per tutto il disegno tecnico dei mesi successivi.
Media mobile e neck line sarebbero le linee di demarcazione di un nuovo trend che ancora non si intravede all’orizzonte ma che ogni trader può cominciare a contemplare nel suo book di strategie valutarie.
Battaglia in corso ovviamente anche su EurUsd con il tentativo di sfondare definitivamente la media mobile a 200 giorni che sembra essere stato vanificato dal recupero della moneta unica che in un colpo solo etichetta il movimento come trappola per orsi; al tempo stesso viene ad essere invertita quella tendenza bearish che sta accompagnando il cambio da inizio 2024. Gli oscillatori non forniscono una grande mano essendo in territorio neutrale, ma vale la pena di ricordare che la stagionalità sfavorevole a EurUsd si chiude alla fine di febbraio.
Da quel momento in avanti dovrebbe ripartire la riscossa della valuta europea e quindi questo rigurgito dell’euro combinato alla figura che sta disegnando il Dollar Index, sono indizi che potrebbero effettivamente cominciare ad essere interessanti per chi sta cercando un buon punto per cominciare a coprire i rischi valutari sul dollaro oppure impostare una strategia long sull’euro con orizzonte temporale qualche mese.
Il break ribassista di EurUsd anticipava l’evento. Ovvero un’inflazione scesa meno delle previsioni in America e taglio dei tassi di interesse che a questo punto appare sempre più lontano e che probabilmente ci sarà nel cuore dell’estate. Il mese di gennaio ha fatto registrare un aumento dei prezzi al consumo in America del 3.1%, mentre gli analisti già pregustavano un ritorno sotto la soglia del 3%. Il core rate, ovvero il tasso di inflazione depurato dalle componenti volatili, si è fermato alla soglia del 4%.
Powell aveva ragione ad invitare alla prudenza e il dollaro pure aveva ragione nel rafforzarsi in modo lento, ma inesorabile. Tornano a salire così i rendimenti americani, comprese quelle lunghe scadenze scese pochi giorni fa sotto quota 4%.
Dal punto di vista tecnico, come vedremo tra poco, nel breve periodo il destino appare segnato, ma l’incubo per l’euro sembra anche materializzarsi nel medio periodo.
Intanto la battaglia presidenziale continua a tenere banco con Biden attaccato per questioni anagrafiche e Trump per questioni giudiziarie. Il mercato azionario per il momento veleggia tranquillo verso massimi storici, quasi pregustando una fragilità politica che lascerà campo aperto al business. Dall’altra parte dell’Atlantico c’è un Europa che ancora fatica ad uscire dalle secche.
L’indice Zew tedesco, ad esempio, ha segnalato un miglioramento della componente aspettative, ma un peggioramento di quella corrente. Segno che gli economisti sperano ma ancora non vedono spegnersi la luce della stagnazione.
Per l’Europa un taglio nel costo del denaro appare più probabile in primavera se l’inflazione confermerà la sua parabola discendente combinata ad una stagnazione economica. E questo in teoria dovrebbe danneggiare l’euro.
Gli ultimi due massimi primari (tre con quello del 2023) di EurUsd si sono materializzati quando la variazione semestrale del cambio è salita sopra +10%. L’esaurimento del movimento non prima di un -10%. Fosse così per EurUsd la parità sarebbe un fattore da non scartare a priori con uno scenario che, dopo il break dei supporti di 1,08, sembra volgere a favore del biglietto verde forte sotto il punto di vista del differenziale di crescita attesa, ma anche di rendimento.
Con il break ribassista della media mobile a 200 giorni e della fascia di supporto di 1,08, per EurUsd si aprono in teoria le porte di un ritorno tra 1,04 e 1,06, rispettivamente 38.2% e 50% di ritracciamento dell’intero rialzo precedente culminato a luglio 2023 con 1,127. Il sentiment a favore del dollaro americano non appare ancora estremo e gli indicatori di ipervenduto (come l’Rsi) ancora non hanno raggiunto livelli tali da far pensare ad un’esaurimento della fase bearish. Attenzione però alla reazione arrivata dall’euro sul finire della scorsa settimana che sembra indicare come ancora i giochi non sono fatti.
In un’intervista ai media Powell ha messo le mani avanti. Siamo convinti che il percorso di rientro verso il 2% è in corso, ha dichiarato il Presidente della FED, ma meglio essere prudenti visti i risultati recenti e molto positivi arrivati dal mercato del lavoro. Traducendo il tutto in termini pratici anche il taglio dei tassi di maggio sembra evaporare con il mercato che sconta al momento 125 punti base di riduzione del costo del denaro per l’intero 2024. Se i dati prossimi saranno positivi la sensazione è che il mercato non la prenderà benissimo mentre il dollaro proseguirà nella sua corsa allontanandosi dalla soglia tecnica di supporto di 1.08.
E l’ISM servizi salito ai massimi di settembre pare andare nella direzione della necessaria prudenza prima di rimuovere le politiche restrittive sul costo del denaro.
Qualche fattore di disturbo potrebbe arrivare dallo stato di salute delle banche commerciali americane scosse soprattutto dalle difficoltà del mondo real estate non residenziale. Il Segretario di Stato Yellen si è comunque mostrata fiduciosa sull’evoluzione del fenomeno che non dovrebbe avere impatti significativi sull’erogazione del credito.
Proseguono intanto le evidenze del rallentamento economico europeo, soprattutto tedesco.
A dicembre le esportazioni di Berlino sono scese del 4.8%, ma fa peggio l’import con un -6.7%. Meglio gli ordini alle imprese rimbalzati del 8.9% a dicembre. Male però le vendite al dettaglio che in tutta l’Eurozona sono scivolate del 1.1% con Spagna e di nuovo Germania fanalini di coda. Infine, male anche la produzione industriale giù del 1.6% peggio della pur sempre negativa produzione spagnola. Mercato tiepido su un taglio dei tassi nel prossimo meeting del 11 aprile.
Il Macd è un tipico oscillatore che misura l’evoluzione del trend attraverso le medie mobili. Lento nel fornire segnali, ma affidabile quando questi segnali si verificano. Nel caso di EurUsd la discesa sotto la linea dello zero conferma un trend bearish che troverà il suo esaurimento solamente quando la linea del segnale (rossa) andrà a tagliare dal basso verso l’alto il Macd. La sensazione rimane quella di un EurUsd che ancora lavorerà sui supporti ma faticherà ad averne ragione. Una chiusura di settimana abbondantemente sotto 1,08 confermerebbe che il ritorno a 1,05 sarebbe nelle corde del cambio.
Il grafico che rappresenta EurUsd tramite le bande di Bollinger viene ultimamente riproposto con maggiore frequenza su queste righe e comprendiamo dalla sua visione il perché. Dall’inizio del 2023 il range che va avanti nel valore del rapporto di cambio è ben delimitato da bande superiori e inferiori. Al momento il cambio testa la solidità della linea intermedia che altro non è che una media mobile esponenziale a 20 settimane. Il naturale passaggio dalla parte alta alla parte bassa del range si avrebbe con lo sfondamento definitivo di 1,08 che proietterebbe il cambio a 1,05 senza per questo interrompere la lateralità in corso. Pane per trader che con una chiusura di settimana sotto 1,08 potrebbero azzardare lo short (con stop a 1,085) e target 1,05.