Cosa sta succedendo ai metalli preziosi

Gli effetti del boom di nuovi occupati registrato negli Stati Uniti a luglio non si sono fatti attendere soprattutto sui metalli preziosi. Oro e argento hanno perso tra l’8% e il 12% del loro valore in un inizio di settimana che non ha invertito la tendenza negativa di venerdì scorso.

Con un dato record di quasi 1 milione di posti di lavoro creati nel mese di luglio e una revisione al rialzo dei numeri riferiti ai mesi precedenti, il tasso di disoccupazione negli States è precipitato al 5,4% dal 5,9% precedente. Buona notizia per l’economia, pessima per i metalli preziosi.

Questi numeri hanno immediatamente messo i mercati nelle condizioni di associare alla crescita dei posti di lavoro una politica monetaria FED prossima ad archiviare la fase ultra espansiva di QE e tassi a zero. Se anche il mercato del lavoro si normalizzerà, come aveva detto Powell a margine dell’ultimo FOMC, allora ci saranno le condizioni per rivedere il piano di acquisto titoli in corso avviando il tapering e successivamente procedendo con il rialzo dei tassi per contrastare un’inflazione comunque attesa sopra il 2% nei prossimi anni.

Attese di questo tipo producono come effetto naturale un rialzo dei rendimenti offerti dai titoli di stato e quindi riducono i rendimenti reali. I metalli preziosi, essendo asset finanziari privi di cedola, soffrono questa condizione e la discesa degli ultimi giorni conferma lo scarso favore con il quale i mercati guardano a queste tipologie di investimento.
Ad appesantire ulteriormente il clima, è arrivata poi l’intervista al Presidente della FED di Boston, Eric Rosengren. Il membro della banca centrale ha affermato in un’intervista all’Associated Press che il mese di settembre dovrà essere il momento nel quale la FED dovrà riflettere seriamente sulla riduzione del controvalore di acquisto mensile da 120 miliardi di dollari attualmente in essere. A preoccupare Rosengren, soprattutto il rapido incremento nei valori di case e auto usate, due fenomeni potenzialmente in grado di far scappare via un’inflazione che a giugno è salita al 5,4%.

L’oro si aggrappa adesso all’ultimo supporto di 1675 $, il minimo di marzo 2021. Perdere questo livello tecnicamente aprirebbe le porte a un ribasso alquanto consistente fino a 1500$ in un contesto prevedibilmente di rafforzamento del dollaro e incremento dei tassi di interesse a lunga scadenza.

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