Dopo che Powell ha mostrato atteggiamenti da “colomba” in quel di Jackson Hole e dopo l’attacco frontale alla FED da parte della Casa Bianca con le richieste di licenziamento della Governatrice Cook per frode, sempre che l’opera di incentivo neanche tanto gentile verso una politica monetaria più accomodante da parte di Donald Trump stia prendendo corpo.
Mettendo ancora più sotto controllo la Casa Bianca la futura politica monetaria è un obiettivo dichiarato e pazienza se questo significherò far perdere autorevolezza e indipendenza alla FED e quindi rischiare grosso sulle valutazioni del dollaro.
Il dollaro ha preso atto di ciò e solo grazie ad un fattore esogeno ha evitato l’assalto alle ultime resistenze prima di 1,20.
La crisi politica francese con la volontà del Governo in carica di mettere il Parlamento di fronte ad una scottante realtà circa l’evoluzione dei conti pubblici, ha frenato la corsa di una moneta unica che aveva e avrà bisogno di un pò di tempo per smaltire gli eccessi bullish prima di ripartire verso l’alto.
E la scusa buona è arrivata grazie ad uno spread tra tassi decennali francesi e tedeschi schizzati nuovamente in zona 80 punti base come già accaduto ad inizio 2025.
Al momento sembra molto complicato per il Governo francese in carica riuscire a strappare la fiducia in Parlamento l’8 settembre e le elezioni anticipate sono un rischio non così remoto mettendo Macron in seria difficoltà.
L’euro paga di conseguenza questa fase di incertezza che costringerà la BCE ad un atteggiamento prudente, mentre per ora pochi dubbi sembrano esserci sul nuovo taglio dei tassi che apporterà la FED salvo clamorosi quanto positivi dati sulla disoccupazione americana di agosto.

Il tentativo di violare al rialzo la down trend line che guida il ribasso temporaneo di EurUsd da fine giugno ha trovato nella crisi francese un prezioso alleato che ha rispedito il cambio a ridosso della media mobile a 50 giorni, molto abile nel contenere il ribasso da marzo in avanti.
L’impressione è che la scarsa incisività della forza del dollaro nonostante la crisi francese possa essere un sintomo di nuova debolezza in arrivo sul biglietto verde.
Evidente come il superamento delle resistenze poste poco sopra 1,18 aprirebbe le porte ad un allungo anche oltre 1,20.

Come detto l’euro deve smaltire molti eccessi bullish accumulati nei mesi precedenti e uno degli indicatori che sembra voler segnalare questa necessità prima di una spinta verso l’alto più convinta è il price oscillator.
La differenza tra prezzo spot e media mobile a 200 giorni tocca ancora oggi livelli che in passato hanno favorito un riprezzamento del dollaro. Sarebbe molto grave se il biglietto verde perdesse fin da subito terreno nonostante queste condizioni tecniche. A quel punto avremmo un segnale inequivocabile che lo short dollaro sarebbe il trade ideale di questo finale di 2025.