L’inflazione americana torna a salire e siamo di fronte al primo incremento del dato head dopo 12 mesi. Con il petrolio che si avvicina ai 90 dollari al barile improbabile che i fattori esterni aiutino ad un ulteriore rientro nei prossimi mesi e già nei dati dei prezzi alla produzione questa nuova pressione al rialzo si vede.
I prezzi al consumo di luglio salgono in America del 3.2% contro il 3.3% atteso e in aumento rispetto al 3% di giugno. Migliora anche il dato core che mostra comunque un incremento dei prezzi del 4.7%.
La crescita prevista nel terzo trimestre dell’anno dalla FED di Atlanta continua ad essere importante e soprattutto in accelerazione rispetto al secondo trimestre. Il 4.1% contro il 2.4% del secondo trimestre raffreddano l’ipotesi di un ribasso nei tassi e breve. Se l’economia è così tonica perché mai l’inflazione dovrebbe piegare la testa al netto dell’effetto stagionale, si chiedono gli analisti?
Lo stesso Powell ha apertamente dichiarato che per raffreddare l’inflazione può non essere necessario entrare in recessione, ma una crescita sotto al potenziale è il sentiero obbligato.
A questo si aggiungono voci contrastanti in seno alla FED con alcuni membri del board più falchi di altri. Jackson Hole a fine mese chiarirà meglio cosa intende fare la banca centrale americana, ma già il dato sull’inflazione è stato utile per comprendere in quale ambiente il FOMC si ritroverà a settembre.
Intanto cade e non poco, l’aspettativa di inflazione in Eurolandia. Per i prossimi 12 mesi siamo scesi dal 3.9% al 3.4%, un risultato che non può che fare felice la BCE che potrebbe interrompere a settembre gli aumenti.
Turbolenza per poche ore sui bancari europei dopo la decisione del Governo italiano (poi ridimensionata) di tassare gli extraprofitti. Euro che non ha però subito nessuna conseguenze da questa notizia.
Chi vede nell’attuale momento di EurUsd dei segnali di inversione dimentica la fase che ha accompagnato il cambio prima del 2023, nello specifico nell’ultimo trimestre 2022 quando il rally della moneta unica europea è stato imponente.
Quello che sta succedendo adesso è semplicemente una fase di consolidamento della tendenza più regolare, meno parabolico e accompagnato da massimi e minimi crescenti. Fino a 1.08 il bull market di EurUsd è vivo e vegeto all’interno del canale rialzista che sta prendendo forma.
Il ribasso del dollaro procede come da previsioni senza eccessi. Ma non appare ancora esaurito.
Il Dollar Index e il suo tasso di variazione annuale offrono da questo punto un’interessante prospettiva. Quando supera certi livelli di crescita, il dollaro può essere “servito” sul mercato senza troppi rimpianti. Quando scende con percentuali annue attorno superiori al 10% può invece essere ripreso in considerazione dagli investitori.
Al momento manca ancora un 4-5% di calo del biglietto verde per far scattare un pattern che nel 2018 e nel 2021 ha ben segnalato quando era il momento di rispolverare la pratica valutaria americana in portafoglio.
Tra 95 e 98 cominceremo ad analizzare con maggiore profondità ogni price action che potrebbe lasciar pensare ad una inversione di tendenza favorevole al dollaro USA. Per il momento il contesto consiglierebbe ancora un po’ di pazienza prima di entrare lunghi sul Dollar Index.