EurUsd outlook settimanale del 17 Maggio 2022 – In Europa tornano le tensioni sugli spread

  • FED che non mostra incertezze sulla sua volontà di portare il costo del denaro oltre il 3% prima di valutare gli effetti di queste manovre di politica monetaria sull’economia e le borse
  • Europa che a fatica cerca di serrare le file in decisioni unanimi contro la Russia ma che soffre naturalmente un contesto economico debole che sta alimentando un aumento degli spread tra periferici e core
  • Il dollaro scende anche sotto 1,05 e prosegue nella sua marcia verso la parità con l’euro

Che farà la BCE?

Nel tentativo di smussare gli angoli di un board composto da numerose voci che vorrebbero ovviamente politiche monetarie diverse a seconda del paese che rappresentano, la BCE deve far fronte all’inevitabile aumento degli spread tra i paesi periferici dell’eurozona (Italia e Spagna in primis) e paesi core (Francia e Germania). Il rialzo dei rendimenti su tutti i tratti di curva ha riportato i tassi sui titoli di stato più sicuri dell’eurozona sopra l’1%, almeno sulle scadenze decennali. Contemporaneamente il maggior debito pubblico sommato al progressivo disimpegno sul fronte del QE da parte della BCE per fronteggiare un’inflazione sempre più insostenibile, ha spinto gli spread dell’Italia ad esempio a ridosso dei 200 punti base.
Un problema per la Lagarde che deve muoversi tra attese di inflazione molto alte, rischio di recessione e appunto allargamento degli spread.
Intanto in America stiamo assistendo al ritorno di rendimenti reali positivi. Almeno sulle scadenze decennali infatti le attese di inflazione in ridimensionamento hanno portato ad ottenere un +0,2% di rendimento reale che non si vedeva da diversi mesi. Elemento che assieme ad una maggiore inclinazione della curva dei rendimenti contribuisce a mantenere un interesse molto alto da parte dei mercati per il dollaro americano. L’inflazione americana intanto rimane decisamente surriscaldata con un dato di aprile a 8,3% in leggero calo rispetto a marzo ma sempre sostenuto anche nella lettura del dato core uscito a 6,2%. Powell ha confermato che nei prossimi due appuntamenti la FED alzerà i tassi di 50 punti base ogni volta e così il dollaro ha preso ulteriore slancio.

Lo spread fa male all’euro

Come si può agevolmente apprezzare dal grafico l’allargamento negli spread di rendimento tra titoli decennali americani e tedeschi soprattutto dal mese di febbraio quando è diventato più consistente ha fatto male a EurUsd. Con un premio di rendimento passato in poche settimane da 160 punti base a quasi 200 il mercato non poteva rimanere insensibile all’offerta di un dollaro che oltretutto si presta molto bene a ricoprire quel ruolo di valuta rifugio in un contesto particolarmente complesso a livello geopolitico.

EurUsd (grafico daily): l’allargamento dello spread tra Tbond e Bund indebolisce l’euro

Il grafico settimanale evidenzia con chiarezza come l’ipervenduto sul cambio EurUsd è piuttosto forte pur non sfociando in un eccessivo sentiment negativo verso l’euro. Sul mercato dei futures gli speculatori solo da poco sono diventati net short con percentuali sull’open interest tutto sommato modeste. Il processo di uscita degli speculatori dal long Euro appare quindi ancora ordinato e non tale da far pensare ad una capitolazione. Anche nel 2014 servirono diversi mesi in ipervenduto prima di intercettare un minimo primario sulla moneta unica europea. Sicuramente i supporti raggiunti sono talmente di spessore da far pensare che un loro cedimento potrebbe innescare un ritorno almeno alla parità tra euro e dollaro.

EurUsd (grafico weekly) – l’ipervenduto dell’euro è evidente ma anche nel 2014 durò a lungo

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