Sono bastate alcune parole di Powell condite da dati macro americani, tanto per cambiare positivi (vedi vendite al dettaglio), a far ripiegare il mercato azionario di quasi il 5%, spingere il dollaro e aumentare nuovamente i tassi di interesse in zona 5%. Il rischio recessione è scomparso dai radar mentre quello inflazione si riaccende soprattutto con livelli ritenuti accettabili dalla stessa FED più alti del famoso 2%. Quasi a prendere atto del cambiamento di paradigma rispetto al pre Covid quando l’asticella del 2% rappresentava quasi un obiettivo utopistico. Il cambio di passo sui tassi di interesse arrivato dal Giappone lo testimonia.
Tornando a Powell le sue parole sono state abbastanza chiare. Alle attuali condizioni di mercato ritornare verso i target di inflazione appare un obiettivo alquanto ambizioso e questo potrebbe costringere la FED a mantenere condizioni restrittive più a lungo di quello che si attendono gli analisti. Tradotto, nel 2024, salvo eventi straordinari, i tassi di interesse in America non scenderanno.
Se il taglio di giugno è ormai definitivamente accantonato nei prezzi attuali delle varie asset class, ancora sussistono residue speranze per qualche manovra dopo l’estate. Probabilmente sarà la sentenza dei mercati azionari (in caso di persistere della discesa) a muovere le future manovre sui tassi da parte della FED che al momento non sembra avere nessuna fretta. Più dovish (e questo si riflette sull’euro) la view della BCE.
La Presidente Lagarde ha confermato che il ribasso del costo del denaro potrebbe essere imminente se non ci saranno shock. L’andamento dell’euro da qui al prossimo 6 giugno, data del meeting BCE, sarà probabilmente una variabile decisiva nel disegnare il percorso futuro dei tassi euro assieme alla dinamica geopolitica sempre più tesa dopo il botta e risposta tra Iran e Israele.
Il grafico settimanale mostra con estrema chiarezza quali sono i livelli al di sotto o al di sopra dei quali cambierà completamente la struttura tecnica di EurUsd. La media mobile a 200 settimane ha fatto da argine per tutto il 2023 fino a marzo di quest’anno quando ancora una volta ha respinto gli assalti bullish dell’euro. Guardando verso il basso, lo stesso si può dire di 1,05 che sempre di più assume le sembianze di una figura di testa e spalla ribassista potenziale con il livello sopra citato che funge appunto da linea del collo di questa figura. Scendere sotto questa soglia tecnica alimenterebbe un ribasso probabilmente indirizzato al di sotto della parità. Possibile che il cambio ci arrivi prima del meeting BCE di giugno.
L’indicatore tipico di ipervenduto, ovvero l’RSI, torna nella zona sotto i 30 punti qualificando l’attuale fase come correttiva e prossima all’esaurimento. Almeno questo sembra indicare la storia più recente del cambio. Ogni volta che è entrato in questa zona, dal 2022 in avanti quando l’euro si è ripreso dai minimi, la china è stata risalita. La vicinanza dei supporti 1,05 aumenta le possibilità che vada esattamente così anche nei prossimi mesi.