Prosegue la corsa di un dollaro americano che raggiunge in una settimana il target di prezzo che avevamo indicato come cruciale per i prossimi mesi. Scendere sotto 1.13 è stato un gioco neanche tanto complesso per il biglietto verde dopo che la BCE ha di fatto dato semaforo verde alla discesa dell’euro.
Lagarde ha ripetuto ai mercati, dopo aver preso atto che nominare il tapering ha creato tensione sugli spread periferici, che la banca centrale europea procederà con molta cautela e gradualità nella direzione della normalizzazione del costo del denaro. Un rialzo nei tassi non è tema del 2022 e forse nemmeno del 2023. Serve pazienza, ha detto Lagarde, per far convergere i prezzi verso l’obiettivo medio del 2% di inflazione.
Le curve di aspettativa di inflazione del resto parlano chiaro. Mentre in Europa non si va oltre il 2% a distanza di 5 anni, in America il mercato prezza già un’inflazione sopra al 3% mediamente per il prossimo lustro. Un problema che forse affronterà Powell o il suo successore visto che la conferma dell’attuale Governatore non è così certa.
L’Europa si trova oltretutto alle prese con una quarta ondata pandemica che dopo l’Austria rischia di mettere in lockdown la Germania. Dopo un’estata passata a chiedere ai cittadini una vaccinazione di massa, alcuni paesi si trovano a fare i conti con un’accelerazione dei contagi che bloccherà inevitabilmente diverse attività produttive legate ai servizi alla persona. E per questo la BCE è tornata molto cauta sulla normalizzazione della politica monetaria.
Opposta invece la visione della Gran Bretagna dove dati macro piuttosto positivi dal mercato del lavoro e inflazione in rialzo, mettono le ali alla sterlina in vista di un rialzo dei tassi di interesse che potrebbe arrivare già a dicembre.
In America le borse si mantengono vicine ai massimi storici ad un passo dal record del 1995 quando i nuovi massimi registrati in un anno solo furono ben 77. La pubblicazione dei verbali relativi all’ultimo meeting FED prevista per il 24 novembre sarà cruciale per capire le reali intenzioni della banca centrale nell’attesissimo meeting di dicembre. La curva dei rendimenti questa settimana non si è mossa molto con i tassi a 2 anni vicini a 0,5% e quella a 10 anni 100 punti base sopra. I tassi reali continuano a ristagnare nella parte più bassa della negatività. Un titolo decennale oggi paga un rendimento reale negativo del 1,1% all’investitore. In questo contesto l’oro ha saputo rialzare la testa.
Tecnicamente non possiamo che riprendere i concetti della scorsa settimana.
Raggiunto il target di 1.129 rappresentato dal 61.8% di ritracciamento di Fibonacci del rialzo partito da marzo 2020.
Il distacco dalla media mobile a 12 mesi di 1.17 è ormai consolidato ed a questo punto possiamo cominciare a ragionare su quanto questo distacco sia estremo o meno. Il price oscillator ci può aiutare in questo contesto. Possibile che la capitolazione dell’euro sia cosa fatta. La distanza del prezzo spot dalla media mobile a 200 giorni ha superato il 4%, esattamente come a marzo 2020 quanto la moneta unica tocco il bottom.
L’ADX nel brevissimo non lascia molte speranze all’euro, ma non è escluso un rimbalzo più vigoroso entro fine anno. La salita sopra quota 30 apre le porte ad una accelerazione ulteriore del trend con 1.10 che a questo punto potrebbe essere il prossimo passaggio. I casi precedenti ci dicono che solitamente il ribasso prosegue per qualche seduta prima di trovare la forza di rimbalzare verso la media mobile a 20 giorni. A fine novembre potrebbe assistere a questo movimento.