Allineandosi alle previsioni del mercato dei bond la FED ha deciso di agire immediatamente sui tassi con un corposo taglio da 50 punti base che probabilmente mira a recuperare il tempo perduto ad agosto. Il mercato stima ora due tagli da 25 punti base ognuno nelle ultime due riunioni dell’anno che seguiranno l’evento elettorale Trump – Harris. Tassi ufficiali ora nella forchetta 4,75%/5%.
Le proiezioni della banca centrale americana indicano in 3,25%/3,5% il costo del denaro a fine 2025, sopra le previsioni dei mercati ma decisamente sotto il 4%/4,25% della precedente proiezione. Se l’inflazione è prevista ritornare al 2,2%, Powell guarda al mercato del lavoro che ha visto salire il tasso di disoccupazione di mezzo punto percentuale negli ultimi 12 mesi con drastiche revisioni al ribasso nel numero delle buste paga emesse. Naturalmente gli analisti si dividono. Perché tagliare così massicciamente se l’economia, come sembra dai dati, viaggia su binari ancora di solida crescita? Cosa conosce la FED che noi non sappiamo? E l’inflazione è veramente vinta?
Tutte domande alle quali solo i prossimi dati forniranno risposte visto che l’obiettivo dichiarato della FED è quello di ottenere un soft landing dell’economia. Oro che risponde alla grande ottenendo intanto nuovi record di prezzo e dollaro che consolida le perdite accumulate nelle scorse settimane. In Europa poche notizie di rilievo se non il persistere della debolezza nel ciclo economico tedesco certificata dall’indice ZEW. Soprattutto scende la componente aspettative ma in deterioramento anche quella corrente. Il Pil tedesco si è contratto nel secondo trimestre e potrebbe fare lo stesso nel terzo.
Il mercato valutario aveva visto giusto
I casi di taglio nei tassi da 50 punti base all’inaugurazione di una fase espansiva di politica monetaria sono rari nella storia della FED post anni 70. Il 1987, il 2001 e il 2007 sono gli unici momenti in cui la banca centrale americana ha reagito con decisione per rilanciare la crescita. Casi molto diversi tra loro. L’ottobre nero di Wall Street, lo scoppio della bolla tecnologica, la crisi immobiliare. Questa volta nessuna causa finanziaria sembra essere all’origine della decisione di Powell che il dollaro in parte aveva già previsto.
Tecnicamente non sembrano ancora esserci le condizioni per andare lunghi di dollari con il Dollar Index che dovrebbe ripiegare di un altro 4-5% per colpire i supporti più significativi in ottica long.
Osservando il cambio EurUsd ci rendiamo conto dell’importanza di certi livelli raggiunti dal cambio nei giorni scorsi (area 1,12), resistenze che anche nel post FOMC sembrano essere state capaci di arginare questa onda di forza di un euro che, nella propria economia interna, trova ancora delle cause di scarsa forza non fornendo al mercato la scusa buona per comprare moneta unica europea e superare definitivamente le resistenze. Per il momento un ripiegamento in zona 1,10 rimane comunque interessante per aumentare le posizioni long di EurUsd con chiusura e reversal sotto 1,09.