Il mercato ci crede. Crede ad una banca centrale americana che rallenterà il passo nel meeting di politica monetaria del 13 e 14 dicembre e progressivamente lo andrà a fare anche per la prima parte del 2023 arrivando ad uno stop definitivo entro la fine del primo semestre 2024.
Alcuni segnali che arrivano dall’altra parte del mondo, vedi Nuova Zelanda, potrebbero essere un alert che la lotta all’inflazione non è ancora vinta e richiederà sforzi aggiuntivi, ma il mercato sembra in questo momento non preoccuparsene avendo ormai anche dimenticato, o comunque messo ai margini, la guerra in Ucraina e il ritorno di fiamma del Covid in Cina.
Gli indicatori Pmi in Europa rimangono ampiamente sotto i 50 punti, ma con un miglioramento rispetto al mese scorso e alle attese. Tanto basta ai trader per andare lunghi di euro come non si vedeva da tempo. Forse anche in modo eccessivo come vedremo tra poco. Mercoledì attesissimo il dato sull’inflazione aggregata della UE.
Le buone notizie che arrivano dall’America sono relative al progressivo abbassamento della curva dei rendimenti soprattutto sui segmenti più lunghi il che fa pensare ad aspettative di inflazione future effettivamente in ridimensionamento. Treasury sotto al 4% ma anche Bund sotto al 2% rappresentano linfa vitale anche per quei bond holders che hanno passato un anno tremendo.
La pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione del FOMC non ha rivelato novità particolari. La maggior parte dei membri della Fed ha chiesto di rallentare il ritmo di crescita dei tassi ufficiali nonostante dubbi sui tempi di ripresa economica 2023 e inflazione. La grande attesa di questo inizio dicembre pre FOMC è rappresentata dai dati sull’occupazione americana con 200 mila nuovi posti di lavoro previsti per novembre.
In assenza di notizie macro significative EurUsd continua perciò a muoversi in un uptrend di fondo che ora si trova di fronte resistenze molto importanti.
L’euro potrebbe approfittare nel mese di dicembre di una favorevole stagionalità che gli potrebbe quanto meno permettere di mantenere le posizioni. Posizioni che come possiamo apprezzare dal grafico possono anche spostarsi verso quel 1.06 dove transita la down trend line più importante e dove presumibilmente l’euro troverebbe una serie di resistenze destinate ad accompagnarci fino alla fine dell’anno. Le riunioni di politica monetaria di dicembre saranno decisive ma l’analisi tecnica sembra ancora sorridere all’euro.
Una chiusura di Dollar Index a fine anno sotto 104 (altro 3% in meno dai valori attuali) farebbe scattare una di quelle indicazioni che la tecnica delle candele giapponesi cataloga come bearish engulfing pattern, ma l’andamento di un oscillatore sempre di confronto dei prezzi su base annuale come il ROC (Rate of change a 12 mesi) segnala la necessità di una fase meno impulsiva per il dollaro.
Tutti i casi degli ultimi 30 anni in cui il ROC è salito sopra il 15% hanno sempre segnalato con buon anticipo l’evoluzione futura laterale o ribassista del dollaro. Altro indizio per un 2023 che non sarà più trainato dalla forza del dollaro americano.