Il mercato continua ad attendersi una FED orientata verso una politica monetaria più espansiva con nuove manovre di riduzione dei tassi all’orizzonte.
Questo spiega perché, nonostante tassi americani di interesse più alti della “concorrenza”, il dollaro si mostri incapace di reagire mantenendosi sui minimi dell’anno. E lo fa in un contesto globale di politiche monetarie in cui l’easing è dominante rispetto al tightening.
La sensazione su questo fronte è che il dollaro americano abbia già scontato parecchio (e lo si vede anche nell’esposizione short dei non commercials sul mercato futures) della futura politica monetaria della FED, con Powell che occasionalmente fa da pompiere per evitare una caduta più rovinosa ad un dollaro sul quale evidentemente la fiducia negli ultimi mesi è scemata decisamente. La scorsa settimana il Presidente della FED non ha mancato di ricordare che sì, il mercato del lavoro richiede un aggiustamento sui tassi, ma il processo di raffreddamento dell’inflazione non è ancora terminato e potrebbero riaccendersi tensioni tali da non giustificare una politica troppo espansiva fin da subito. Le ultime decisioni di Trump sui dazi di farmaci, mobili e veicoli pesanti non aiuta la FED.
L’indice IFO tedesco peggiore delle aspettative ha completato l’opera respingendo l’ennesimo assalto dell’euro a 1.18.
L’eccessivo sentiment negativo che ruota attorno al biglietto verde, combinato al perenne clima di tensione geopolitica che si respira soprattutto in Europa, impedisce per il momento al cambio EurUsd di sviluppare quella nuova gamba rialzista che sembra però attesa dalla maggior parte degli operatori.
Cosa potrebbe cambiare questa idea al momento radicata tra gli operatori? Un Europa che riprende ad abbassare i tassi in stile giapponese, oppure un’impennata dell’inflazione negli Stati Uniti? I dati sull’occupazione americana di inizio ottobre saranno decisivi per capire come si comporterà la FED sui tassi in questo ultimo scampolo di 2025.

L’incertezza su EurUsd è evidente ormai da diverse settimane.
Dal grafico su scala weekly si può apprezzare come si stiano alternando settimane volatili a settimane statiche, ma sempre con chiusure abbastanza ravvicinate e che faticano a staccarsi da quella zona di 1,17/1,18 che per gli analisti è preparatoria ad una nuova fase di slancio verso l’alto. A nostro modo di vedere non ci sono ancora le condizioni per un movimento di questo tipo ma certamente lo stallo tra gli operatori è palese in attesa di qualche market mover che offra la scusa buona per vendere (o comprare) dollari.
Per ora da preferire lo scenario di long EurUsd sulle correzioni a ridosso di 1,16.

La media mobile a 50 giorni dalla fine del mese di agosto, data in cui si è tenuta l’attesa riunione di Jackson Hole, sostiene il rally di un euro che senza convinzione tenta di superare le resistenze cruciali di zona 1,18/1,19.
Al momento la media mobile di questo trend di brevissimo passa da 1,168 e ha svolto un egregio lavoro di contenimento. Scendere sotto questo supporto dinamico aprirebbe qualche crepa nel bull market. A quel punto non è escluso un affondo del dollaro almeno fino a 1,14.