Era il dato cruciale della settimana quello sullo stato dell’occupazione a stelle e strisce. Le attese sono andate deluse con poco più di 20 mila nuovi posti di lavoro creati ma soprattutto con un tasso di disoccupazione risalito ai massimi da fine 2021. La Casa Bianca non attendeva altro ed ora che è stato certificato il rallentamento economico a causa dei tassi? (ovviamente i dazi non sono contemplati), il prossimo FOMC di settembre avrà una decisione già certa.
La fiacchezza dell’indice ISM manifatturiero in leggera risalita ma sotto i 50 punti (bene i nuovi ordini, meno bene l’occupazione) sembra avvalorare quindi la tesi di un taglio nei tassi da 25 punti base nel FOMC del 16 e 17 settembre.
La preoccupazione di Powell per l’inflazione non è comunque svanita visto che tra le sottocomponenti dell’ISM quella prezzi rimane la più elevata.
Mettendo in parallelo l’andamento del Dollar Index con quello dei tassi a 10 anni americani comprendiamo bene la disaffezione degli investitori per il biglietto verde. Nonostante remunerazioni nominali che pur dopo la correzione di venerdì rimangono sopra al 4%, il dollaro ha subito una caduta ben più marcato di quello che ci si poteva aspettare.
In realtà gli spread di rendimento con i titoli di stato europei si sono ristretti, ma non a livelli tali da giustificare un EurUsd in questa posizione. Evidentemente il mercato prende in considerazione anche altro.
In Europa tiene intanto banco la questione politica francese con il voto di fiducia all’attuale Governo in carica che rischia di ridisegnare l’assetto politico francese dei prossimi mesi. Mentre Macron tenta di tessere la tela dei volenterosi sulla questione ucraina, il rischio di nuove elezioni mina seriamente le valutazioni del debito di Parigi, fattore che qualunque colore avrà il prossimo esecutivo non potrà essere ignorata.

Riproponiamo il grafico di EurUsd della scorsa settimana perché è molto interessante notare quanto si stia comprimendo la volatilità con il cambio compresso tra la resistenza dettata da massimi decrescenti e la media mobile a 50 giorni che da agosto impedisce al cambio di rientrare sotto 1,16. Partita quindi che si gioca tra 1,175 (testato venerdì scorso) e 1,16. Superare uno di questi livelli avrebbe implicazioni rispettivamente bullish e bearish molto interessanti per i prossimi mesi. La sensazione è che la svolta arriverà verso l’alto.

Un alert alle aspettative citate sopra e di chi immagina un euro pronto a scattare subito sopra 1,20 arriva dall’oscillatore settimanale Macd.
Come si può apprezzare dal grafico c’è stato un taglio verso il basso da parte del Macd che negli ultimi anni ha sempre contraddistinto le fasi più bullish per il biglietto verde.
Sarebbe una sorpresa assistere ad una ripresa consistente del dollafro e quindi diamo più probabile una fase laterale che permetta agli oscillatori di scaricarsi.
Dovesse essere perso il supporto di 1,14 solo allora per il dollaro si aprirebbero prospettive interessanti.