L’insofferenza per il dollaro forte comincia a trasparire su alcune valute emergenti beneficiarie finora di grandi flussi in ingresso (ad esempio le valute sudamericane), ma anche su valute appartenenti al mondo sviluppato come lo yen dove il braccio di ferro tra mercato (che spinge sulla resistenza di UsdJpy a 150) e Bank of Japan (che interviene su questo livello vendendo yen) è cominciato e promette di accompagnarci per tutto l’autunno.
Le tensioni si stanno vedendo anche all’interno dell’Europa dove lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi ha toccato i 200 punti base. L’andamento dei titoli periferici è un barometro importante dello stress sull’euro che si è di nuovo fatto acuto.
L’Eurozona è evidentemente alle prese con un rallentamento economico che sta sfociando in recessione (i Pmi regionali sotto i 50 punti e le vendite al dettaglio dell’Eurozona ancora a crescita negativa lo dimostrano), ma la banca centrale ha ribadito per bocca di Lagarde che i tassi rimarranno elevati fin quando sarò necessario.
Il 26 ottobre non ci saranno manovre, ma il mercato si aspetta qualche notizia sulla strategia 2024.
Intanto in America il calcio in avanti al barattolo “shut down” è stato dato, con un rinvio a novembre che non risolve un problema che ogni volta mette in discussioni gli equilibri politici ed economici del paese.
Biden rischia di uscire indebolito da questa fase instabile con la guerra in Ucraina sempre sullo sfondo e un nuovo scenario bellico in Israele dopo gli attacchi terroristici da parte dei palestinesi, che impegna imponenti risorse economiche americane e la FED che non si muove di un centimetro sulla politica monetaria, decisa a sconfiggere l’inflazione. Intanto l’occupazione fa boom con le nuove buste paga emesse a settembre che hanno doppiato le aspettative. Altra benzina sull’inflazione.
L’economia del resto non cede e i segnali sono evidenti. L’ISM manifatturiero americano ha fatto registrare un dato positivo e sopra i 53 punti e l’ISM servizi è salito per il terzo mese consecutivo.
La politica monetaria non sembra per il momento essere riuscita a scalfire in modo incisivo l’economia e quindi l’inflazione.
EurUsd ha subito una netta e limpida rottura ribassista con tanto di death cross, ovvero con la media mobile a 20 giorni scesa sotto la media mobile a 200 giorni.
Un segnale che negli ultimi 10 anni ha vissuto solo una falsa partenza nel 2016, mentre in tutti gli altri casi, bullish o bearish, ha sempre favorito un proseguimento del trend dominante per diverse settimane ancora.
Il 50% di ritracciamento del bull market dell’euro partito nel 2022 non è lontano (1.041), ma un passaggio fino al 61.8% di 1.022 non ci sentiamo di escluderlo alla luce di un sentiment ancora non così smaccatamente negativo sulla moneta unica europea dove i non commercials continuano a rimanere net long.
L’ADX sopra quota 30 segnala forza nel trend bearish di EurUsd che sul finire di settimana si concede una pausa. Con tre sedute rialziste l’euro torna a testare la media mobile a 20 giorni che secondo la teoria del trading dovrebbe essere l’ideale punto per andare short e sfruttare il trend negativo di breve periodo. Un superamento di 1.06 ci riporterebbe a 1.076 dove si trova la critica media mobile a 200 giorni. Fino ad allora, short EurUsd da preferire.