Inflazione americana, ancora sopra al 5%

Forse era il dato macroeconomico più atteso di agosto quello dell’inflazione americana e in effetti non ha mancato di fornire numeri particolarmente forti. La variazione dei prezzi al consumo rimane negli ultimi 12 mesi sopra al 5% con il dato core depurato da energia e alimentari fissato a un altrettanto sostanzioso 4,3%. Numeri quelli di luglio che si confermano quindi in linea con quelli di giugno e che dovrebbero sempre essere sottratti a qualsiasi performance finanziaria ottenuta in questo periodo. Il dollaro americano, infatti, ha perso un ventesimo del suo valore in termini di potere d’acquisto negli ultimi 12 mesi.

Il Dollar Index in realtà nell’ultimo anno è praticamente invariato. Poco mosso è risultato anche dopo il dato tutto sommato atteso dell’inflazione. EurUsd si era già posizionato nella delicata fascia di supporto di 1,17 e lì è rimasto dopo di esso.

Anche i tassi di interesse a lunga scadenza, quelli più influenzati dall’inflazione, non si sono mossi granché, con il rendimento a 10 anni fermo a 1,3%.

Andando ad analizzare il dato sull’inflazione, ci accorgiamo che solo assicurazioni e auto hanno contribuito a detrarre qualche decimale, mentre tutto il resto ha visto un aumento di prezzo collegato alle riaperture e al solito effetto da collo di bottiglia nelle forniture. Diverse società produttrici di beni di consumo come Colgate e Palmolive hanno aumentato i prezzi al dettaglio. Il prezzo del mangiare fuori casa è aumentato a luglio dello 0,8%, il rialzo più consistente dal 1981. Ma non solo. L’abbigliamento femminile è risultato più caro in un solo mese del 5,5% (rialzo più forte dal 2012) mentre riparazioni di veicoli e accessori, prodotti per animali e servizi alla persona hanno fatto registrare incrementi di prezzo mai visti dal 2008.

A questo punto la parola passa alla FED e soprattutto a Powell in quel di Jackson Hole. La linea è sempre quella di un tasso di inflazione incandescente ma in maniera temporanea. Le aspettative a cinque anni sull’inflazione espresse dai TIPS indicano però in 2,6% il livello atteso. Un dato che quindi non sembra proprio voler piegare la testa nonostante la sicurezza professata dalla FED. Non è certamente il 5%, ma è comunque sopra il target della banca centrale e il non agire potrebbe portare a problemi come hanno sottolineato alcuni esponenti della banca centrale nei giorni scorsi.

Per dollaro e tassi di interesse l’incontro tra banchieri centrali a fine agosto sarà decisivo. Gli stessi mercati azionari guardano con interesse a una situazione per ora tranquilla ma che rischierebbe di incendiarsi se all’improvviso la FED decidesse di rompere gli indugi.

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