EurUsd Outlook Settimanale del 30 Giugno 2025: Tregua e Nuova FED

  • La guerra in Medio Oriente per ora si ferma e Trump vuole trovare in estate un Governatore ombra di Powell alla FED per cominciare a preparare il terreno di una politica monetaria più distensiva. Dollaro in caduta libera.
  • L’Europa trova l’accordo (non unanime) sul portare la spesa militare al 5% del Pil e con un euro schiacciasassi per la BCE il rientro dell’inflazione potrebbe risultare un affare ancora più semplice del previsto.
  • EurUsd vola oltre le resistenze di 1,15 ed a questo punto non sembra avere molti ostacoli sulla sua strada prima di area 1,20.

Israele-Iran è tregua per ora, ma Trump cerca il nuovo Powell

Mentre si consuma l’anno peggiore del ventunesimo secolo per il dollaro americano, gli attacchi americani e israeliani sembrano aver indotto il regime iraniano a concordare una tregua si spera duratura.
Tutti si proclamano vincitori e nessuno sconfitto, ma sicuramente il programma nucleare di Teheran subirà un ridimensionamento. Le tensioni belliche che avevano provocato l’impennata del prezzo del petrolio hanno permesso con la tregua al greggio di ritracciare e a Trump di concentrarsi su altro. Ad esempio, sul successore di Powell alla FED.
Dopo i toni hawkins dell’ultimo FOMC il Presidente della Federal Reserve davanti al Congresso si è mostrato leggermente più accomodante e forse anche consapevole che dopo l’estate un Governatore ombra nominato informalmente da Trump si insinuerà silenziosamente nelle stanze del FOMC. E questo crea sfiducia nell’istituzione FED con un’uscita di capitali dall’America che sta facendo velocemente cadere il valore del dollaro.
Gli accordi tra Stati Uniti ed Europa in sede Nato per portare al 5% le spese militari sul Pil potrebbe essere un altro successo che Trump vorrà portare ai suoi elettori assieme ad un cambio di passo sui tassi di interesse che secondo il tycoon dovrebbero essere immediatamente abbassati.
In Europa la crescita dell’euro su tutte le valute globali mette nelle condizioni la BCE di agire ancora sui tassi visto che l’inflazione importata non sembra essere un grosso problema.
Una tendenza al declino del dollaro che ormai sembra avere un obiettivo ben preciso, ovvero 1,20.

Dollaro in caduta libera

La soglia di 1.20 su EurUsd è importante per diversi motivi, ma graficamente non sembrano esserci grandi dubbi su quale dovrebbe essere la direzione futura.
Come possiamo apprezzare dal grafico da queste parti si posiziona quella linea di resistenza che unisce i massimi del 2018 e del 2021.
Andare oltre provocherebbe uno squarcio tecnico che troverebbe solo 1.225 come ultimo baluardo prima di un dollaro in caduta libera.
Il tasso di variazione annua di EurUsd non può ancora considerarsi così estremo (+9%) nonostante la partenza a razzo nel 2025. Nel corrente bear market cominciato nel 2008 è servito un ROC a 12 mesi di almeno 15% per intravedere la possibilità di un top primario. Anche questo sembra offrire una prospettiva di ulteriore debolezza necessaria per cominciare a lavorare sull’ipotesi di un minimo primario del dollaro.

EurUsd (grafico monthly): saltano tutte le resistenze, ora si punta a 1,20.

Saltato il tappo di 1,12 per EurUsd si è aperta un’autostrada che sembra trovare nel sostegno dinamico offerto dalla media mobile a 50 giorni l’unico supporto per il momento in grado di arginare un trend decisamente bullish. Quello che possono fare in questo momento trader e/o investitori è eventualmente attendere un ritracciamento sulla media posizionata a 1,135 per alleggerire le posizioni lunghe di biglietti verde oppure andare long di EurUsd. Solo un ritorno sotto 1,12 invaliderebbe una view che vede come obiettivo minimo 1,20.

EurUsd (grafico daily) – un bull market molto solido

EurUsd outlook settimanale del 23 giugno 2025 – Tensioni di guerra che non aiutano il dollaro

  • La FED mantiene fermi e i tassi ed appare ancora molto fredda su futuri tagli facendo infuriare Trump. Riviste al ribasso le aspettative di crescita, Powell deve ora tenere conto anche di uno scenario di guerra.
  • In Europa i tassi continuano a sonnecchiare su livelli minimi ma sui tratti più brevi della curva dei rendimenti si sta cominciando ad assistere a marginali rialzi.
  • EurUsd che tenta di superare 1,16 per ora senza successo. I venti di guerra aiutano il dollaro a tenere le posizioni ma rimane strutturalmente in una posizione tecnica molto fragile.

Trump insulta Powell ma la FED sta ferma

Peggiorano i rischi geopolitici in un intrecciarsi di escalation e sforzi per ora modesti a livello diplomatico per fermare la guerra tra Israele e Iran.
Gli attacchi ai siti nucleari e il coinvolgimento sempre più vicino degli Stati Uniti, rischiano di allargare regionalmente un conflitto che si andrebbe a sommare a quello oggi meno pubblicizzato in Ucraina.
Le tensioni belliche ovviamente si fanno sentire sul prezzo del petrolio che rimane elevato con i rischi di fiammate inflazionistiche che potrebbero registrarsi qualora il Golfo Persico diventasse un mare molto ostile per il passaggio del greggio.
L’evento centrale della settimana era ovviamente il FOMC. Se qualche apertura su tagli dei tassi sembrava essere giunta dal recente dato dell’inflazione in miglioramento, l’aumento delle tensioni in Medio Oriente con l’impennata nel prezzo del petrolio difficilmente avrebbe convinto Powell e la FED a muoversi a breve sul costo del denaro nonostante dati relativi alle vendite al dettaglio fiacchi.
E infatti è andata proprio così, con gli insulti volati tra Trump e Powell che non hanno disturbato i mercati. La FED ha evidenziato come inflazione e mercato del lavoro, gli unici due ambiti sui quali ha mandato, proseguono nel percorso desiderato di rientro la prima, di consolidamento il secondo.
Lo “stupido” Powell, come lo ha definito Trump che non vede l’ora di annunciare il successore di colui che lo stesso tycoon ha nominato, ha fatto una sintesi di un FOMC molto disperso quanto ad opinioni. Otto membri puntano a due tagli entro fine anno, due a uno solo, ben sette ad un nulla di fatto. Abbassato il tasso di crescita previsto nel 2025 al 1,4% che diventerà 1,6% nel 2026 quando l’inflazione si stabilizzerà al 3%.
Il dollaro sembrato comunque insensibile a queste notizie.

Il dollaro approfitta dei rischi geopolitici

Da verificare se l’escursione a 1,16 di EurUsd è stata una bull trap di un’onda 4 ancora in formazione, ma idealmente un ritorno di forza del biglietto verde dovrebbe vedere 1,12/1,13 come ideale zona di alleggerimento sul dollaro per chi sposa l’idea di un massimo di EurUsd più importante nei prossimi mesi. Il sostegno della media mobile a 50 giorni rappresenta un ideale zona di supporto tecnico sulla quale i compratori di euro dovrebbero riproporre il loro desiderio di incrementare le posizioni long.

EurUsd (grafico daily): primo tentativo di allungo fallito ma rimane il bull market

Abbattuto il supporto di 100 per il Dollar Index si prefigura all’orizzonte un ulteriore calo che solo il clima di guerra sembra poter allontanare. Il non taglio dei tassi da parte della FED è un altro elemento favorevole, ma il test dei supporti di lungo periodo pare essere un evento inevitabile sul quale i traders potranno ragionare su eventuali ingressi di natura strategica sul biglietto verde.

Dollar Index (grafico daily) – Ribasso non ancora finito per il dollaro

EurUsd outlook settimanale del 16 giugno 2025 – La guerra non rafforza il dollaro

  • Negli Stati l’inflazione registra un ulteriore raffreddamento a maggio colpendo il dollaro americano a causa di aspettative di tagli anticipati nei tassi da parte della FED. Cina e USA sembrano intanto arrivate ad un accordo preliminare sui dazi. Scoppia intanto la guerra tra Iran e Israele e questa volta la sensazione è che non saranno attacchi dimostrativi.
  • In Europa il mercato pensa che la BCE non avrà intenzione di muoversi oltre sui tassi, soprattutto con il rischio di una nuova fiammata nei prezzi energetici a causa dello scoppio della guerra in Medio Oriente.
  • EurUsd ritenta l’attacco alle resistenze di 1,15 dopo i dati di inflazione. Uno sfondamento definitivo verso l’altro aprirebbe le porte ad un allungo verso livelli decisamente più deboli per il biglietto verde.

Inflazione in America sempre più tiepida, ma ora c’è la guerra

Mentre a Londra Stati Uniti e Cina arrivano ad un accordo preliminare su dazi e scambio di risorse come le terre rare, l’inflazione americana sale a maggio meno delle previsioni.
L’accordo tra i due colossi economici che da aprile si stanno scontrando in modo frontale sui dazi, non sembra aver scaldato il mercato che sembra annusare il profumo dell’inconsistenza nonostante i proclami di Trump e Bessent. I prossimi giorni saranno fondamentali per capire se la direzione politica è quella giusta e l’accordo sostenibile.
L’inflazione americana di maggio è salita del 2,4% ma su base mensile di appena lo 0,1%, meno delle attese. Stesso movimento per l’indice core salito del 2,8% e quindi ancora in ridimensionamento.
Il messaggio alla FED è chiaro e se l’accordo con la Cina troverà conferma Trump non esiterà a chiedere conto a Powell sui tassi. E sarà sempre più difficile per la FED tenere fermo il costo del denaro se le pressioni inflazionistiche non si faranno pressanti.
Settembre potrebbe perciò risultare una prima finestra buona per assistere ad una prima mossa, ma già all’orizzonte si prefigura un fattore di rischio. L’attacco di Israele ai siti militari e nucleari iraniani rischia di infiammare il prezzo del petrolio con ovvie conseguenze su tutta la catena a valle dei prezzi energetici. La ritorsione iraniana fa capire che non saranno attacchi dimostrativi come nei casi precedenti senza considerare il rischio concreto di un allargamento del conflitto a livello geografico.
E questo sembra essere uno dei motivi che sta spingendo la BCE a professare maggiore prudenza su ulteriori riduzioni nel costo del denaro dopo il recente taglio al 2%. I mercati sembrano aver preso atto con l’euro che ha beneficiato di un restringimento nel differenziale tassi con il dollaro.

Stanno per saltare le resistenze su EurUsd?

Nonostante la nostra visione di breve periodo espressa la scorsa settimana, non possiamo ignorare il movimento di EurUsd delle ultime settimane. Un break delle resistenze, un pull back sui supporti ed una ripartenza verso l’alto che adesso punta i massimi di aprile. Confermata quindi la rottura rialzista con il superamento di area 1,15 che aprirebbe porte molto interessanti. A dire il vero dalle parti di 1,17 si trovano delle prime resistenze collegate al periodo 2020-2021, ma l’idea è che quello sarebbe solo un passaggio intermedio prima di raggiungere 1,20 se non oltre.

EurUsd (grafico daily): movimento da manuale per l’euro dopo il break rialzista

Ciò che continua a farci rimanere dubbiosi circa le capacità dell’euro di accelerare in modo deciso è l’andamento del price oscillator. Questo indicatore che misura lo spread tra prezzo spot e media mobile a 200 giorni sta salendo in quella zona 5% che in passato ha intercettato dei massimi primari per l’euro destinata a durare diversi mesi. Chiaro che una violazione di questa “regola” avrebbe impatti decisamente negativi sulle prospettive del dollaro e che a quel punto metterebbe a nudo tutte le sue debolezze.

EurUsd (grafico daily) – Pull back da manuale e l’euro riparte

EurUsd outlook settimanale del 9 giugno 2025 – Il dollaro soffre ancora

  • Negli Stati Uniti non arrivano grandi sorprese dai dato sull’occupazione americana mentre salgono alle stelle le tensioni tra Trump e Musk. L’incontro con la Cina in Europa sembra ridare però ottimismo ai mercati.
  • In Europa l’inflazione continua a convergere verso gli obiettivi e la BCE taglia di nuovo il costo del denaro forte di un euro sempre ben apprezzato dagli investitori. Tassi ora al 2%.
  • EurUsd che si ripresenta alle porte di quelle resistenze di area 1,15 oltre le quali si aprirebbero porte di debolezza molto interessanti sul dollaro americano.

La BCE taglia e Trump si arrabbia

A distanza di due mesi dal Liberation Day di Trump grandi passi avanti nell’applicazione dei dazi e/o di eventuali accordi con gli altri competitor commerciali non si vedono.
La trattativa con la Cina è in stallo anche se una speranza si accende dopo l’annuncio di un nuovo incontro a Londra; stallo che al momento rimane anche verso l’Europa. Incombono decisioni di sospensione e ricorsi e l’incertezza regna sovrana dopo l’annuncio (l’ennesimo) di Trump di raddoppiare i dazi su acciaio ed alluminio.
L’evento macro più importante anche per comprendere quali strade potrebbe prendere la FED nei prossimi mesi rimane quello relativo ai dati sull’occupazione che ha confermato la creazione di quasi 140 mila posti di lavoro e disoccupazione al 4,2%. Qualche segnale di tensione si registra sugli stipendi cresciuti più del previsto.
Il dollaro subisce così nuovamente la pressione dei venditori complice anche una limatura dei rendimenti sui tratti più lunghi della curva. Verrebbe da dire che per fortuna Powell c’è visto che in assenza di un differenziale tassi così generoso il rapporto di cambio EurUsd si sarebbe già involato molto probabilmente oltre quota 1.20. A complicare il tutto per la stabilità del dollaro anche le forti tensioni che si registrano tra Trump e Musk dopo il burrascoso divorzio.
L’euro rimane in questo momento l’alternativa più credibile al dollaro e, come auspicato da Lagarde, un afflusso di capitali internazionali sulla moneta unica non sarebbe ostacolato da una BCE a quel punto anche facilitata nell’ultimo miglio sull’inflazione.
Banca centrale europea che come previsto ha tagliato i tassi al 2% sull’onda di dati di inflazione che confortano tale decisione.
Presa come modello da Trump (che si arrabbia di nuovo con Powell per la sua resistenza nel tagliare il costo del denaro), la BCE ha rivisto ulteriormente al ribasso le stime di inflazione per il 2025 adesso previste al 2%. Saremmo dunque di fronte oggi a tassi neutrali anche considerando la revisione al rialzo a +0.9% delle stime di crescita per l’anno in corso. Il futuro della politica monetaria europea adesso si fa più incerto.

Non è ancora ora di andare lunghi di dollari

Nonostante una remunerazione crescente del dollaro rispetto a quella offerta dalla valuta europea, è stridente la divergenza con l’andamento del cambio EurUsd.
Il differenziale di tasso tra Treasury americani e Bund tedeschi si allarga, ma EurUsd (qui presentato su scala inversa) risale, ovvero il dollaro si indebolisce.
Un segnale che conferma come il mercato continui a richiedere un premio per il rischio superiore per investire in biglietti verdi oggi ritenuti più rischiosi del passato.

EurUsd (grafico daily) vs spread Usa-Germania (linea rossa): il dollaro paga di più ma perde terreno

Dopo il break rialzista di aprile per EurUsd si è visto il più classico dei pullback a ridosso di quella che era una linea di resistenza ora supporto. E poi la ripartenza. Un segnale chiaro di non volontà del mercato per il momento di ritornare sui propri passi e che rafforza il valore dei supporti di area 1,12 ma al tempo stesso mette in discussione le resistenze di area 1,15.
Il cedimento di questo livello aprirebbe le porte ad un allungo fino a 1,20.

EurUsd (grafico daily) – Pull back da manuale e l’euro riparte

EurUsd outlook settimanale del 2 giugno 2025 – Colpo di scena

  • Negli Stati Uniti la confusione regna sovrana sui dazi. Prima una Corte li annulla, poi l’appello li rimette. Alla fine Trump decide di rilanciare raddoppiano dazi su acciaio ed alluminio. Incontro Trump e Powell con il tycoon che invita ad abbassare i tassi.
  • In Europa le aspettative di inflazione risalgono ma la BCE si professa certa che il processo di convergenza dell’inflazione è avviato. E che l’euro possa diventare una valuta molto apprezzata da investitori alla ricerca di sicurezza lo ha detto anche la Presidente Lagarde.
  • EurUsd che ancora una volta tocca le resistenza di area 1,14 per poi inverte la sua tendenza sulla confusione dazi. Il trading range prosegue.

Dazi, tutto da rifare

I dazi imposti da Trump sono illegali. Anzi no. L’incredibile vicenda ha sede negli Stati Uniti e gli attori protagonisti sono l’Amministrazione Usa e la Us Court of Interntational Trade. Tre giudici di questa corte hanno stabilito che la legge invocata dal presidente per imporre le tariffe non gli conferisce l’autorità per farlo. Poche ore dopo l’Appello ha annullato questa decisione ripristinando i dazi. Il Presidente Trump ha poi messo il carico da novanta raddoppiando i dazi su acciaio ed alluminio accusando la Cina di non rispettare gli accordi.
La Corte aveva annullato i dazi imposti da Trump ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act, una legge del 1977 mai invocata prima sulle tariffe e che secondo i giudici non esistono le condizioni affinché venga utilizzata.
Ovviamente la reazione della Casa Bianca è stata furiosa e immediata è arrivata la sospensione della sentenza dalla Corte di Appello.
Rimane quindi un grande caos con la banca centrale americana che non prenderà nessuna decisione fino a quando non ci sarà un rallentamento economico. In settimana il faccia a faccia Trump-Powell non ha sortito grandi risultati se non l’invito del tycoon a muoversi sul costo del denaro (al ribasso), apparentemente inascoltata dal Presidente della FED.
Le borse ritornano vicine ai massimi storici, il dollaro si allontana dalla zona di pericolo, mentre i bond americani rimangono fragili vicini al 5% di rendimento trentennale dopo il downgrade di Moody’s.
Intanto sono stati pubblicati i dati di inflazione di aprile in Europa. In Francia continuano a raffreddarsi i prezzi al consumo in crescita di appena lo 0.6% ad aprile, il minimo da dicembre 2020. In Olanda però salgono ben oltre il 4%. Attenzione però alle aspettative a 12 mesi all’interno dell’Eurozona risalite sopra al 3%, mentre restano tiepide le attese a 5 anni attorno al 2.1%.
Quello che ha sorpreso in settimana è stato l’atteggiamento bullish verso l’euro del Presidente BCE Lagarde. Chiamandolo un “global euro moment” Lagarde ha messo in evidenza l’opportunità che può cogliere l’euro come valuta di riferimento in un contesto altamente incerto, incrementando il suo peso nelle riserve valutarie globali che oggi lo vedono con un peso inferiore al 20% ben lontano dal 57% del dollaro americano.

L’euro ci prova, il dollaro risponde

Non c’erano le condizioni per un break rialzista di EurUsd e lo abbiamo visto nella realtà del mercato.
Ancora una volta il test ravvicinato di area 1,15 è servito ai compratori di biglietti verdi per aumentare le posizioni scongiurando una rottura rialzista che avrebbe dato il via ad un processo di svalutazione del dollaro più corposo. Evidentemente non ci sono ancora la condizioni tecniche per questa evoluzione e così il trading range tra 1,10 e 1,15 può proseguire.

EurUsd (grafico monthly) – niente da fare per la rottura rialzista dell’euro

L’aver raggiunto un ipercomprato settimanale è stata la condizione necessaria per avallare l’ipotesi di un EurUsd in possibile ripiegamento, scenario che si sta effettivamente concretizzando. Come si vede dal grafico ogni volta che il cambio ha toccato la zona di ipercomprato settimanale negli ultimi 5 anni, poi a distanza di qualche settimana è arrivato un top primario.
E così è stato anche questa volta con il cambio che potrebbe ripiegare fino a 1,10 prima del ripristino degli acquisti di euro.

EurUsd (grafico weekly ) – L’ipercomprato detta la sua legge

EurUsd outlook settimanale del 26 maggio 2025: Treasury e Dollaro poco graditi ai mercati

  • Gli strascichi del taglio del rating americano rimangono sul mercato obbligazionario con rendimenti USA in ripresa e dollaro incapace di sfruttare questo vantaggio di rendimento. La FED conferma la volontà di non essere troppo espansiva sui tassi nei prossimi mesi.
  • In Europa si intravedono segnali di maggiore fiducia da parte degli investitori. Le borse hanno una migliore forza relativa e l’euro si mantiene forte nei confronti del dollaro. Ma all’orizzonte Trump minaccia nuovi dazi del 50% visto lo stallo nelle trattative.
  • EurUsd che conferma la solidità dei supporti e rialza la testa dopo il taglio del rating americano. Trading range prolungato in vista.

L’Europa ispira sempre più fiducia

Il taglio del rating sul debito americano non ha prodotto gli stessi effetti di quasi 15 anni fa. All’epoca, nel 2011 ovvero quando S&P declassò il rating americano per la prima volta, la borsa perse il 7% mentre i rendimenti dei Treasury scesero alla ricerca del, sembra paradossale, porto sicuro.
Nulla di tutto ciò è accaduto lunedì scorso quando anche Moody’s è arrivata dopo 14 anni alla stessa conclusione ma innescando una reazione opposta, con borse indifferenti e rendimenti obbligazionari in salita.
Un’ascesa dei tassi che sembra contagiare anche paesi come il Giappone che ha visto salire i tassi trentennali sopra al 3%, il massimo degli ultimi 40 anni.
Il CBO (Congressional Budget Office) prevede nei prossimi 30 un’esplosione del rapporto tra debito e Pil in assenza di correttivi dal 98% al 155%; questo ha come conseguenza inevitabile la richiesta di un premio per il rischio più alto da parte del mercato aggravando il costo del servizio al debito. Sarà inevitabile il nuovo attacco di Trump ad un Powell che, come gran parte della FED, vuole vederci chiaro sugli effetti dei dazi su prezzi e occupazione.
Mentre il mercato si gode questa specie di limbo da dazi combinato ad un clima di attesa circa l’evoluzione del conflitto russo-ucraino, dalla FED infatti continuano ad arrivare segnali chiari sulla politica monetaria. Non si farà nulla almeno fino a settembre.
In Europa settimana chiusa con negatività dopo che Trump ha espresso la volontà di mettere nuovi dazi del 50% sull’import di merce dall’Europa se le trattative in corso non produrranno risultati. La BCE intanto rimane in attesa di dati che potranno dare la conferma circa l’opportunità di nuove manovre espansive sui tassi. Il riavvicinamento alla Gran Bretagna dopo la Brexit del 2016 è un segnale importante e di fiducia che sempre pesare sui favori che il mercato continua ad attribuire ad un euro che non sembra aver intenzione di cedere i supporti chiave di area 1,10.

Pausa di riflessione

Per il Dollar Index la zona di supporto poco sotto 100 ha fatto il suo lavoro anche considerando la solidità dei precedenti massimi del 2016 e del 2020. Era attesa una reazione che c’è stata anche se non siamo andati molto più in là dei minimi, segno di una debolezza strutturale del biglietto verde.
L’idea di una figura a “bandiera” che prosegue nella sua formazione rimane quindi in piedi con un dollaro che non dovrebbe andare a ritestare nel brevissimo i minimi in attesa della fine dell’estate quando potrebbero ripresentarsi pressioni in uscita dalla divisa statunitense più forti. Al momento il livello cruciale di supporto per il Dollar Index va posizionato attorno a 97, zona di transito della up trend line che sale dai minimi del 2011.

Dollar Index (grafico weekly) – una figura di continuazione all’interno di un bull market

La media mobile a 50 giorni ha svolto un eccellente lavoro di contenimento rilanciando le quotazioni dell’euro. Anche i massimi del 2024 a fatica hanno contenuto la forza del biglietto verde ed ora si assiste ad un tentativo di interrompere la breve sequenza ribassista cominciata il 21 aprile.
Il fatto che la debolezza del dollaro sia arrivata in contemporanea con il taglio del rating americano e a fronte di tassi in rialzo indica una sfiducia degli investitori verso il debito americano.

EurUsd (grafico daily) – l’euro rialza la testa

EurUsd outlook settimanale del 12 maggio 2025 – USA-Cina accordo in vista

  • Powell non si piega ai voleri di Trump confermando l’indipendenza di giudizio e di azione della FED sui tassi. L’occupazione rimane ancora alta e una ripresa dell’inflazione causa dazi rende al momento necessaria una strategia di attesa. Accordo sui dazi con la Cina in vista.
  • La Germania ha il suo nuovo premier, Merz, e si avvia ad affrontare parecchie sfide geopolitiche ed economiche in un contesto complicato. Segnali, intanto, di risveglio da parte dell’economia europea. Il Regno Unito ha chiuso un accordo sui dazi con l’Amministrazione USA
  • EurUsd rimane stabile ma in fase correttiva dopo la sfuriata di aprile nella parte alta di un range che vede 1.10/1.14 come fascia di prezzo più probabile per le prossime settimane,

Powell diplomatico

Con la frase “Riteniamo che la linea attuale ci metta in una buona posizione per rispondere tempestivamente a potenziali nuovi sviluppi”, il Presidente della Federal Reserve ha rimandato a data da destinarsi qualsiasi manovra sui tassi di interesse americani confermando l’indipendenza dalla politica della banca centrale. Critiche ancora una volta feroci arrivate subito dopo l’annuncio da parte di Trump.
I tassi di interesse americano restano fermi in una forchetta fra il 4,25% e il 4,50% anche perché lo stato dell’economia non mostra evidenti segnali di deterioramento, soprattutto sul mercato del lavoro, mentre l’inflazione mostra qualche segno di rigurgito a causa dei dazi.
L’approccio cauto è piaciuto ai mercati che hanno reagito con sostanziale indifferenza mentre il dollaro si è rafforzato.
Adesso si torna quindi a guardare alle trattative tra l’amministrazione Trump e i vari Stati per sbrogliare la matassa dazi.
Dopo l’incontro con il neo premier canadese Carney, i colloqui avuti con una delegazione cinese in Svizzera sembrano portare un po’ più di sereno con Pechino. Ovviamente rimangono sul tavolo aperti i colloqui con le principali economie del mondo sviluppato ed emergente. Colloqui che saranno utili anche per fare il punto su situazioni geopolitiche vecchie (Ucraina e Medio Oriente, ma anche nuove come le tensioni tra India e Pakistan). Chiuso intanto un primo accordo con il Regno Unito anche se visti i rapporti tra i due paesi (gli States non vantano un grosso deficit verso UK) questo deal è abbastanza irrilevante.
In Europa, intanto, la Germania elegge Merz come nuovo Cancelliere per traghettare un paese in evidenti difficoltà fuori dalla crisi politica ed economica. Le prossime settimane saranno interessanti per verificare come il nuovo governo intenderà coniugare visione nazionale ed europea di fronte ai rischi geopolitici ed economici.
Intanto i dati Pmi europei certificano l’avvio di un miglioramento che potrebbe anche essere il frutto di uno spostamento di interesse dei capitali fuori dall’America. Nel mese di aprile il dato composite si è attestato sopra quota 50 punti.

EurUsd, fase di stallo ma sotto le resistenze

EurUsd conferma il suo momento di forza ma al tempo stesso comincia a mostrare qualche eccesso rialzista che spiega perché probabilmente il mercato si sta prendendo una pausa per rifiatare.
Il cambio è entrato in una fase di ipercomprato settimanale che come dimostra la recente storia solitamente anticipa o comunque intercetta dei massimi relativi di periodo. Ci attendiamo quindi una fase di ripiegamento con i primi supporti di area 1,12 a fare da barriera contro eventuali ulteriori ribassi.

EurUsd (grafico weekly) – ipercomprato settimanale che invita alla prudenza

Al netto però delle fasi di possibile debolezza dell’euro nel breve periodo, rimane in questo momento in piedi l’ipotesi di un cambio più forte in prospettiva.
Un segnale in tal senso arriva dal Macd mensile che nelle ultime occasioni in cui si è presentato ha fatto da preambolo ad ulteriori allunghi della moneta unica europea nei confronti del biglietto verde. Sia nel 2020 che nel 2017 proprio il superamento della linea dello zero rappresentò un segnale di pausa nel rialzo nell’immediato, ma anche un segnale di forza e ulteriori massimi nei mesi successivi.

EurUsd (grafico monthly) – Macd che vuole salire sopra lo zero, segnale di forza

EurUsd outlook settimanale del 5 maggio 2025 – Recessione americana arrivata

  • Gelata dai dati macro americani che confermano l’entrata in un trimestre di recessione per gli USA. Il calo del Pil combinato al rialzo dell’inflazione non è una buona notizia nemmeno per la Federal Reserve. Trump intanto è fiducioso su accordi commerciali imminenti con la maggior parte dei paesi.
  • Europa che continua a far registrare un’inflazione asfittica che dovrebbe permettere alla BCE di proseguire nel percorso di taglio dei tassi di interesse per rilanciare la crescita.
  • EurUsd che sembra voler consolidare i guadagni sotto alle barriere di resistenza di 1,14/1,15. Probabile una fase di minore pressione in vendita sul dollaro.

Trump fiducioso, FED un po’ meno

Dopo gli incontri con i leader europei avvenuti in occasione dei funerali di Papa Francesco, i mercati sembrano essere stati rassicurati da un atteggiamento più possibilista di Trump verso un accordo sui dazi dopo le roboanti dichiarazioni di inizio aprile che avevano sconvolto i mercati.
E in effetti avvicinamenti verso Europa, Giappone, India e la stessa Cina sembrano esserci almeno a parole.
Azionario in recupero, tassi in lieve discesa e dollaro che ha smesso di perdere, questa la sintesi finanziaria.
Economia americana che affonda invece in un trimestre di recessione a causa dell’accaparramento di scorte (e quindi di importazioni con conseguente deficit commerciale) in vista dell’entrata in vigore dei dazi. L’import è cresciuto del 41% ai massimi dai tempi del Covid.
Il Pil americano nel primo trimestre 2025 è sceso dello 0,3% contro attese di +0,4%. Quello che preoccupa gli analisti è stato però anche il balzo dell’inflazione passata da 2,6% a 3,5% contro attese di 3,1%. Le spese per consumi sono cresciute ma meno della metà del trimestre precedente (+1,8%). Almeno sul fronte dell’occupazione non si ravvisano invece segnali preoccupanti.
Ovviamente non sono mancati gli attacchi di Trump a Powell e la FED che obiettivamente si trova in una posizione molto scomoda con la stagflazione che impone ancora prudenza prima di abbassare il costo del denaro.
Trump, come detto, ha comunicato ai mercati che accordi commerciali con India, Giappone e Sud Corea sono in vista, ma anche la Cina sembra voler accettare un deal equo. Da Pechino solo timide aperture ma ovviamente sarà molto interessante vedere come evolverà nelle prossime settimane questa situazione.
In Europa permangono intanto pressioni al ribasso su crescita e per il momento anche inflazione, mettendo la BCE nella condizione di tagliare ancora i tassi grazie ad un euro lontano dalle zone pericolose. Non dovrebbero cambiare le aspettative con il dato di crescita del Pil europeo del primo trimestre superiore alle attese (+0,4%).

EurUsd, per ora da qui non si passa

EurUsd sembra aver compiuto fino ad ora quei passi sufficienti ad etichettare l’attuale fase come correttiva all’interno di un bear market strutturale.
Allontanarsi dalla media mobile a 200 di almeno il 4% è stato infatti un requisito essenziale negli ultimi 10 anni per intercettare dei punti di massimo primario su EurUsd. Per il momento questo obiettivo è stato raggiunto anche questa volta e, aldilà delle fisiologiche prese di profitto, l’assalto a 1,14/1,15 sarà necessario per invertire la tendenza di lungo termine favorevole al dollaro.

EurUsd (grafico weekly) – necessario riprendere fiato per l’euro (price oscillator)

Quello che fino a pochi giorni fa sembrava essere uno scontato minimo ciclico, in realtà si sta trasformando in altro. Ogni 34 mesi EurUsd realizza infatti un massimo o minimo ciclico di spessore e il prossimo appuntamento è fissato per fine luglio.
Vista l’attuale configurazione tecnica sembra proprio che per la valuta unica diventi più probabile intercettare un massimo di spessore che non un minimo.
Considerando la presenza della parete superiore del canale ribassista potrebbe rivelarsi quella una interessante opportunità di acquisto di dollari in chiave strategica. Scenario da confermare, ma certamente da seguire.

EurUsd (grafico monthly) – appuntamento ciclico in vista per l’euro

EurUsd outlook settimanale del 28 aprile 2025 – La retromarcia di Trump

  • Trump comincia a mandare segnali più distensivi verso la Cina e Powell, i due bersagli che di recente avevano innescato parecchia volatilità su mercati già vulnerabili a causa di dazi commerciali che ancora non sembrano trovare grandi sbocchi nelle trattative unilaterali.
  • Europa che può approfittare del momento con la fuga di capitali dagli States che favorisce l’euro e consentendo alla BCE di agire nei prossimi mesi con maggiore serenità su un costo del denaro ancora superiore al 2% con inflazione in calo.
  • EurUsd vive una fase di stallo dopo la crescita delle ultime settimane. Attenzione ai supporti di 1,12 come livello dal quale potrebbero ripartire le vendite di dollari.

I mercati hanno spiegato a Trump i rischi di una trade war

Trump ancora una volta protagonista con le sue dichiarazioni che, almeno questa volta, sembrano aver tranquillizzato il mercato. Per bocca del ministro del Tesoro Bessent i dazi applicati alla Cina e reciproci sono troppo alti e stanno danneggiando le due economie. Lo stesso Trump ha poi cercato di riallacciare un dialogo con i cinesi.
Dopo aver attaccato duramente il Presidente della FED Powell (definito Mr. Too Late) e viste le conseguenze su tassi, borse e dollaro, Trump ha fatto marcia indietro anche su questo fronte dichiarando che non intende licenziare il capo della FED, per il momento sopendo i timori per una perdita di indipendenza da parte della banca centrale più importante del mondo.
Chiaramente le azioni simboliche della Cina (come il rispedire gli aerei Boeing negli USA) ha consigliato maggiore prudenza nella trattativa sui dazi, trattative che sia Giappone che Tailandia hanno per il momento congelato smentendo anche la dichiarazione che avrebbe visto in stato avanzato il trade con numerosi paesi.
Al di là del rimbalzo delle borse su questa parziale schiarita rimangono i nodi aperti sull’evoluzione dei rendimenti a lunga scadenza americana, ancora elevati, e il dollaro che fatica a staccarsi dalla zona di 1,14 contro euro e 142 contro yen.
In Europa, intanto, l’incertezza sui dazi e la forza dell’euro sembrano offrire la sponda ad una politica monetaria ancora più espansiva nei prossimi mesi con il mercato che al momento prezza un costo del denaro fra 12 mesi più basso di 75-100 punti base rispetto ai livelli attuali.
I dati Pmi europei inferiori a quota 50 sia sul comparto manifatturiero che servizi confermano la necessità di misure ulteriori di easing monetario. La stessa crescita dei salari (+1.6%) appare compatibile con un rallentamento dell’inflazione.

Dollaro sempre debole

Tecnicamente per EurUsd la sensazione è che il rialzo sia destinato ad avere un’incidenza ancora maggiore. Se osserviamo i casi di reazione dell’euro all’interno del bear market cominciato dopo la crisi del 2008 ci accorgiamo che, fatta eccezione per il 2013-2014, i massimi ciclici hanno richiesto in 40 settimane un sacrificio di almeno il 15%, ovvero 10 punti percentuali in più rispetto ai livelli di oggi.
Se così fosse il test (e superamento) di 1.20 sarebbe da mettere in preventivo nei prossimi mesi.

EurUsd (grafico weekly) – eccessi su EurUsd ma non ancora così esagerati

Il Dollar Index, dopo una sequenza rialzista in 5 onde, ha avviato una correzione che con lo sfondamento verso il basso di 99.5 è entrata nella sua seconda fase.
L’obiettivo di questa seconda gamba ribassista potrebbe essere area 95 dove viene uguagliata in ampiezza la prima gamba correttiva, ma anche dove si trova la up trend line che guida il bull market del dollaro dal 2011.
Oppure l’obiettivo finale di questo movimento potrebbe essere molto più in basso e posizionabile tra 85 e 87. Qui troviamo diversi supporti.
Dal minimo del 2018, al 61.8% di ritracciamento del bull market fino a quella proporzione di ampiezza della seconda gamba correttiva pari su quel livello a 1.618 volte la prima.
Aspettando qualche altro consistente segnale contrarian è evidente che ambo gli scenari sono aperti, certificando che il minimo per il dollaro comunque potrebbe non essere ancora stato visto.

Dollar Index (grafico weekly) – supporti in vista per il dollaro

EurUsd outlook settimanale del 21 aprile 2025 – Trump striglia Powell

  • La FED non mostra desideri di assecondare la politica di Trump, preoccupata di un rigurgito dell’inflazione che potrebbe rendere necessario mantenere una politica restrittiva sui tassi più a lungo del previsto. L’ira di Trump verso Powell giudicato inadeguato al ruolo.
  • Europa che continua a mantenere aperti i canali diplomatici con gli Stati Uniti nel tentativo di ridurre o addirittura eliminare le barriere commerciali. Al momento da Washington qualche timido segnale di apertura. Intanto la BCE taglia i tassi di altri 25 punti base.
  • EurUsd continua a premere sui massimi di periodo e per il Dollar Index siamo di fronte a supporti di assoluto rilievo tattico e strategico.

Inflazione e crescita, due grattacapi per la FED

La FED non corre in soccorso di Trump, anzi. Le dichiarazioni del Presidente della FED Powell della scorsa settimana hanno fatto emergere un clima di disaccordo abbastanza evidente con l’amministrazione che risiede alla Casa Bianca.
Powell ha detto che la politica non influenzerà in alcun modo le decisioni della banca centrale su tassi, che al momento appaiono appropriati e che richiedono ancora tempo prima di essere mossi per considerare gli effetti dei dazi su consumi e investimenti.
Al momento, ha proseguito Powell, l’economia americana prosegue su un percorso di crescita solido ma all’orizzonte ci sono diverse incertezze. È molto probabile che i dazi generino almeno un aumento temporaneo dell’inflazione secondo il Presidente di una FED, che ha mostrato anche il timore di doversi scontrare a breve con l’andamento divergente di quelli che sono i suoi obiettivi di stabilità. Ovvero l’occupazione e l’inflazione. La prima danneggiata da un rallentamento economico, la seconda dai dazi.
L’ira di Donald Trump verso Powell non si è fatta attendere con rumors che vorrebbero il tycoon desideroso di rimuovere il Presidente FED dal suo incarico.
Il mercato per il momento prezza 100 punti base di taglio nei prossimi 12 mesi ma con molta incertezza.
Trump intanto continua a gettare benzina sul fuoco con lo scontro con Pechino che rimane particolarmente acceso. Soprattutto le terre rare rischiano di essere campo di battaglia commerciale considerando che gli Stati Uniti importano dalla Cina il 70% di quelle utilizzate nelle produzioni manifatturiere.
L’Europa intanto fa tesoro delle timide aperture americane sui dazi e la missione del premier italiano Meloni alla Casa Bianca potrebbe aver fatto da ponte ad un approccio più convinto tra i diplomatici.
Per il momento l’Europa attende prima di applicare dazi reciproci con il 10% già deciso da Trump assieme al 25% su auto e metalli già in vigore negli scambi tra le due aree economiche. La BCE intanto taglia il costo del denaro al 2,25% visto il persistere di minori pressioni inflazionistiche e debole crescita.

Per il dollaro ultima chiamata

Il dollaro americano continua a rimanere debole contro le principali valute del G10, ovvero euro e yen giapponese. Due currency che sono anche le principali in termini di peso del Dollar Index. La sintesi del valore del biglietto verde espressa dal Dollar Index ci dice infatti che siamo di fronte ad un momento decisivo. I supporti di quota 100 sono sotto pressione e il minimo del 2023 è l’ultimo baluardo prima di una rottura che avrebbe impatti notevoli in chiave strategica per chi è posizionato in questo momento lungo di dollari americani.

Dollar Index (grafico daily) – ultima chiamata per il dollaro

EurUsd torna in ipercomprato ma al tempo stesso sta cercando di forzare le importanti resistenze di area 1,13 che rappresentano circa i due terzi della correzione dai massimi del 2021 di 1,237. Una chiusura del mese di aprile sopra questa importante resistenza tecnica rappresenterebbe un segnale bullish forte che imporrebbe un cambio di atteggiamento verso il dollaro americano con la debolezza che potrebbe nei prossimi mesi interessare nuovamente l’area di 1,20.

EurUsd (grafico daily) – nonostante l’ipercomprato l’euro prova a forzare le resistenze