Settimana densa di appuntamenti quella appena conclusa con il momento di Trump che sta per arrivare. Il 20 gennaio il tycoon per la seconda volta si insedierà alla Casa Bianca e da quel momento in avanti tutte le congetture sul tema dazi cominceranno a trasformarsi in notizie vere.
L’ultimo rumor è stato smentito dallo stesso Trump negando l’idea di dazi universali ma mirati solo su certi prodotti. Poche ore e la CNN ha paventato il ricorso all’emergenza nazionale per permettere al Presidente di attivare una serie di misure protezionistiche verso le importazioni dall’estero.
Il dollaro ha ripreso così forza con i tassi sui Treasury decennali tornati a ridosso del 5%.
A dare vigore al rialzo dei tassi e del dollaro i dati di dicembre sulla creazione di nuovi posti di lavoro in America, abbondantemente oltre le 200 mila unità e soprattutto le previsioni degli analisti. Sullo sfondo tutti da valutare gli impatti degli incendi che hanno colpito la California negli ultimi giorni.
L’Ism servizi ha confermato il buon momento del settore servizi con una crescita sopra quota 54 nella versione composite. Sorprendente il balzo soprattutto della componente prezzi. Si era già notato nell’altro Ism, quello manifatturiero, ma la portata dell’incremento nei servizi è stata notevole e la più forte da febbraio 2023. Un segnale che l’inflazione sta riaccelerando.
La stabilità politica americana, combinata con un’economia pimpante, è in contrasto non solo con l’instabilità europea (Francia e Germania), ma anche con quella dei vicini di casa canadesi dopo le dimissioni del premier Trudeau.
Intanto in Europa l’inflazione risale come da attese al 2.4% nella versione headline e 2.7% in quella core. Germania e Spagna accelerano, mentre Francia e Italia rimangono abbondantemente sotto al 2%. In risalita anche l’inflazione servizi al 4%. Il mercato swap per il momento mantiene le sue stime di taglio da 100 punti base nei prossimi 12 mesi considerando i dati macro molto deboli arrivati dalla Germania con gli ordini di fabbrica in calo del 5.4%.
EurUsd prosegue così nella sua marcia ormai sempre più probabile verso la parità.
La moneta unica europea fatica a trovare una base in un ribasso che tecnicamente ha obiettivi ben più ambiziosi e che vanno sotto la parità.
Vedremo se l’andamento assumerà contorni simili alla prima era Trump quando, dopo una prima gamba rialzista dell’euro post elezioni, il biglietto verde fu oggetto di prese di profitto proprio a ridosso dell’insediamento ufficiale.
Per il momento annotiamo tecnicamente una variazione negativa di EurUsd inferiore al -5% e questo, nei due casi precedenti del 2018 e del 2021, è stato un segnale bearish per EurUsd con ulteriori affondi seguiti nelle settimane successive.
La conferma tecnica di un momento favorevole al dollaro destinato a proseguire arriva dal Dollar Index. Con il doppio minimo formalizzato a dicembre per la valuta americana si prospetta un obiettivo rialzista che si dovrebbe posizionare almeno un 4-5% più in alto dei livelli attuali. Questo sembrerebbe compatibile con un EurUsd in zona 0.97/0.98, in linea con le previsioni offerte dall’analisi tecnica.
Con lo stop delle forniture di gas dalla Russia attraverso il territorio ucraino, si inaspriscono le tensioni sulla materia prima essenziale per il periodo invernale almeno per parte dell’Europa dell’Est. Oltre alle tensioni sui prezzi le conseguenze si vedono anche su EurUsd che vanta una correlazione inversa con l’andamento del prezzo del gas naturale quotato ad Amsterdam. Ne parliamo più avanti.
Intanto continuano a rimanere ampi gli spread di tasso di Stati Uniti e Gran Bretagna rispetto all’euro. Rinvigorite dalla conferma che il costo del denaro nei due paesi per un po’ non verrà abbassato, dollaro americano e sterlina inglese continuano ad avere il vento in poppa mettendo sotto pressione un malandato euro.
Solo i primi dati di gennaio su inflazione e crescita potrebbero allentare la morsa sull’euro qualora emergessero segnali di rallentamento economico soprattutto negli Stati Uniti.
Per il momento gli indicatori Pmi europei hanno confermato a fine 2024 un ulteriore rallentamento rispetto ai livelli già depressi di novembre. Numeri di cui dovranno tenere conto a Francoforte nel meeting di fine gennaio dove dovrebbe essere deciso un nuovo taglio nei tassi.
Stati Uniti che, in attesa del passaggio di consegna formale alla Casa Bianca, guardano invece ai recenti dati che sembrano anticipare una congiuntura economica ancora solida nonostante la delusione arrivata dalla FED circa la prudenza su futuri tagli nei tassi.
Dati di crescita che fanno rimanere in allerta Powell circa gli impatti su prezzi al consumo e stipendi. Ma non abbiamo dubbi che Trump potrebbe far sentire la sua voce dopo i primi indicatori di rallentamento economico che emergeranno nel corso del 2025.
Il finale di 2024 ha riservato al cambio EurUsd solo un modesto rimbalzo che ha confermato la valenza del livello compreso tra 1,04 e 1,05 come resistenza principale ed ostacolo ad una ripresa dell’euro. EurUsd che quindi si mantiene al di sotto di quella fascia di supporto che a lungo ha favorito il rimbalzo del cambio per tutto il 2023 e buona parte del 2024.
Al momento la strategia da preferire rimane quella short con un ritorno sopra la media mobile a 50 giorni di 1,065 a fare da primo campanello di allarme per la tenuta della forza del dollaro.
Torna d’attualità il prezzo del gas dopo che la Russia ha chiuso i rubinetti dei gasdotti in transito sul territorio ucraino.
I prezzi del gas sono risaliti sopra quota 50 €, non lontani dai massimi di ottobre 2023.
E l’analogia grafica con EurUsd conferma che proprio il cambio aveva anticipato questa fase risalendo sopra i massimi dello stesso periodo del 2023.
Se il break rialzista dell’euro fosse confermato (e al momento non abbiamo elementi per negare la cosa), anche per il prezzo del gas naturale sarebbe solo questione di giorni prima di abbattere la resistenza di quota 56 €. Il problema per il Vecchio Continente è che a quel punto sarebbe formalizzato un doppio minimo con impatti decisamente importanti sull’evoluzione del prezzo del gas (e quindi dell’inflazione) per i prossimi mesi con la costretta a stoppare i tagli nei tassi per evitare un tracollo della moneta unica.
Dicembre è il mese migliore dell’anno per l’euro e il fatto che Trump non abbia per ora messo l’Europa al centro dei primi proclami sui dazi commerciali potrebbe aiutare la moneta unica in un rimbalzo in grado di allontanare la parità come potenziale obiettivo di breve termine.
Fino alla fine di novembre era previsto un rafforzamento stagionale del dollaro, ma da adesso in avanti la moneta unica deve battere un colpo anche perché gennaio e febbraio rappresenteranno altri due mesi non facili per l’euro.
Il futuro Segretario del Tesoro Usa Scott Bessent ha già messo in chiaro che il dollaro rimarrà una valuta forte rispecchiando i fondamentali solidi dell’economia americana
I tre pilastri sui quali si baserà la politica di bilancio saranno quelli di un taglio del deficit pubblico, una crescita del 3%, una produzione aggiuntiva di 3 milioni di barili di petrolio al giorno. E dazi.
Il primo annuncio di Trump è andato infatti nella direzione di colpire direttamente con barriere commerciali l’import di merci provenienti da due paesi confinanti, Canada e Messico, e un paese diretto concorrente come la Cina.
Traffico di stupefacenti e di clandestini sono i motivi ufficiali, ma è lo sbilancio commerciale accumulato negli ultimi anni che ha costretto Trump a parlare in questo modo. Il Messico ha superato la Cina come principale partner commerciale, ma gli stessi prodotti cinesi (assieme agli stupefacenti) entrano indirettamente sul suolo americano dal fragile confine messicano.
ll 2025 sarà però anche l’anno che precederà la fine del mandato alla FED di Jerome Powell e se possiamo vedere un elemento di criticità in questo scenario idilliaco che stanno dipingendo i mercati, proprio gli attriti tra governo e banca centrale potrebbero rappresentare un fattore di cui tenere conto qualora una presidenza ombra cominciasse a prendere forma in quel di Washington.
Intanto la BCE si avvicina al tanto atteso nuovo taglio dei tassi con dati di inflazione ambigui.
Scende ancora in Germania, risale in Spagna e in Francia. A Francoforte la convinzione è quella di dover ridurre ancora il costo del denaro per favorire anche una ripresa economia che langue. Di quanto tagliare è ancora un dubbio non risolto.
Se come vedremo tra poco sui grafici di lungo periodo EurUsd conferma la tendenza bearish, osservando il grafico giornaliero ci rendiamo conto che in realtà la lateralità che va avanti da fine 2022 ancora non è stata vinta. La base inferiore posizionata poco sotto 1,05 regge all’urto dei ribassisti e ormai si è capito molto bene che è questo l’ultimo ostacolo prima della parità. Ma ancora non crediamo ci siano le condizioni per andare long su EurUsd.
L’Eurozona attendeva con impazienza i dati sull’inflazione di novembre, numeri che saranno la base di riferimento della decisione BCE di tagliare i tassi. Dati che sono usciti misti come detto sopra.
Il 12 dicembre il mercato sconta un 50% di probabilità di assistere ad un taglio da 50 punti base con un punto di arrivo della riduzione nel costo del denaro al 1,75%.
L’oscillatore SMI (Stochastic Momentun Index) non sembra lasciare molti dubbi su cosa attendersi per il 2025 di EurUsd.
Il segnale bearish di medio periodo (le candele sono trimestrali) nelle ultime tre occasioni è sempre stato micidiale nell’anticipare un profondo bear market dell’euro.
Se sarà così anche questa volta non ci sarà da entrare lunghi su EurUsd almeno fino a quando l’oscillatore non avrà raggiunto livelli di ipervenduto considerevoli.
Per il momento quindi la sollecitazione delle resistenze (1,08 in primis) sono da considerare come finestre di ingresso fino a prova contraria. Al mercato la parola.
I segnali arrivati prima del martedì elettorale da dollaro e rendimenti reali erano chiari seguendo i sondaggi. Trump vincente. E così è andata lanciando in orbita il dollaro e i tassi reali statunitensi. Questa volta il buy rumors sell news non ha funzionato e anzi la tendenza si è esacerbata confermato quanto il mercato aveva lasciato intendere. Maggior protezionismo da parte dell’Amministrazione Trump, spinta alla crescita economica interna (il rally delle small caps si spiega con questi due fattori) e quindi più inflazione. Dollaro e tassi di interesse in rialzo sono state le dirette conseguenze all’evento accompagnate dai massimi storici nuovamente ritoccati a Wall Street. Al gruppetto si aggiunge pure Bitcoin con la presenza di Elon Musk che sembra garantire une bel futuro all’universo crypto.
Ma questa è stata anche la settimana della FED con l’ennesimo e super scontato taglio dei tassi da parte di Powell di 25 punti base in una mossa che però rischia di essere l’ultima se le aspettative di inflazione ricominceranno a salire e i propositi trumpiani di lasciare in eredità una golden age per l’economia a stelle e strisce prenderà corpo. Powell ha cercato di fare l’equilibrista tra domande circa i suoi rapporti con Trump e le prossime mosse di politica monetaria. Con il mercato non più sicuro che il FOMC di dicembre si tradurrà in un nuovo taglio nei tassi.
Intanto in Europa trema la Germania dopo il “licenziamento” da parte del Primo Ministro del Ministro delle Finanze. Divergenze di vedute e volontà di andare a chiedere la fiducia in Parlamento dove Scholz potrebbe però trovare un’opposizione in grado di metterlo in difficoltà. A quel punto si andrebbe a nuove elezioni in un paese che dopo aver perso molto dalla parziale frizione nei rapporti con Russia e Cina, sta vivendo un periodo di difficoltà economica con una crisi demografica senza precedenti che mina il sistema di welfare pubblico. La crisi dell’auto (Volkswagen in primis) rischia di mettere in crisi l’intero sistema politico di quella che un tempo era la locomotiva dell’eurozona.
Ma dopo l’elezione di Trump anche la BCE è in difficoltà. L’aumento dei tassi americani sui tratti più lunghi di curva ha indebolito l’euro e nuovi tagli nei tassi rischiano di spingere ancora più giù una moneta unica che ovviamente importa inflazione dall’estero. Il dilemma su cosa fare con i tassi a Francoforte è sempre più forte visti i deboli dati macro dell’intera Eurozona.
La rottura ribassista di EurUsd sembra essere definitiva. Tutto lascerebbe pensare ad un dollaro pimpante nei prossimi mesi grazie alle politiche che Trump metterà in pratica e di stampo inflazionistico. E l’Europa naviga nelle difficoltà economiche e politiche. EurUsd ha disperatamente tentato di aggrapparsi ai supporti ma poi zona 1,078-1,08 ha ceduto di schianto portando immediatamente il cambio a 1,07. Si fanno concrete le possibilità di un ritorno in zona 1,03/1,04. Per la conferma definitiva serve un il break rialzista del Dollar Index, ancora non arrivato.
Come avevamo segnalato nel precedente rapporto i livelli di supporto chiave di EurUsd erano posizionati tra 1,078 e 1,08. Il mercoledì nero dell’euro ha dato il via ad un ribasso definitivo destinato a rilanciare le sorti del dollaro, con la chiusura di settimana che ha confermato la tendenza. All’orizzonte si sta profilando una divergenza tra oscillatori e prezzo molto interessante (per questo sarebbe opportuna la conferma del Dollar Index), ma al momento la strada verso il basso per EurUsd sembra spianata.
Spot EurUsd: 1.1560
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1505, 1.1450, 1.1300) Resistenze (1.1745,1.1800,1,1850)
Strategia: Flat in attesa di segnali
Stop loss: /
Take profit: /
Nemmeno la Federal Reserve ha sbrogliato la matassa di quale direzione prenderà EurUsd nei prossimi mesi anche se dal punto di vista tecnico il baricentro si è adesso spostato nella parte basse del trading range con supporti molto delicati che cominciano ad essere interessati, ma ne parleremo in seguito.
La settimana è stata caratterizzata dalle solite manovre verbali sui dazi di Trump con obiettivo soprattutto la Cina, e dal meeting di una Fed che sembra aver intenzione di proseguire dritta per la strada di un nuovo rialzo a settembre.
Powell è forte di una crescita del 4% del Pil, ma anche di un tasso di inflazione sopra al 2% ed una sostanziale piena occupazione che rischia di innescare un po’ di pressione sui salari. La Fed non vuole rischiare di farsi trovare impreparata in caso di accelerazione dell’inflazione magari causata dagli stessi dazi ed allo stesso tempo vuole preparare le munizioni per la prossima recessione economica. Mentre BCE e BOJ, per citare due esempi, con i loro tassi a zero non potrebbero fare molto per fronteggiare una nuova crisi economica (se non riportare in auge il QE), la Fed può cominciare a ragionare su una manovra di riduzione del costo del denaro se l’economia richiedesse tale manovra. Il mercato immobiliare sta cominciando a subire la pressione di tassi sui mutui più elevati, ma è sempre e soprattutto la curva dei rendimenti a mostrare un’inclinazione sempre minore, segno di un mercato che segnala alla banca centrale come ogni rialzo, da adesso in avanti, rischia di danneggiare la crescita.
Attenzione anche al mese di agosto, tradizionalmente volatile per il mondo forex, ma non solo. La battaglia sui dazi tra USA e Cina assomiglia sempre più ad un’escalation (anche i cinesi hanno dichiarato di essere pronti ad inserire aggravi di prezzo sulle merci americane) ed è probabile che prima delle elezioni statunitensi di mid terms di novembre i toni possano inasprirsi ancora generando tensione e volatilità.
Forte della volontà di Powell di proseguire con il rialzo dei tassi, a questo punto su EurUsd non resta che attendere il comportamento del mercato nei prossimi giorni con la chiusura di questa fase triangolare verso il basso che potrebbe adesso generare uno scalino immediato verso 1.12/1.13, zona di transito del 61.8% di ritracciamento dell’intero rialzo cominciato nel 2017 a 1.034.
EurUsd (grafico daily) – rottura ribassista in corso
Un aspetto intermarket che potrebbe farci pensare ad una difficoltà del Dollaro, almeno in questa fase, a rompere i livelli di supporto chiave nel rapporto di cambio EurUsd (qui presentato su scala inversa) è l’andamento divergente con l’oro. Normale correlazione negativa tra Dollaro e Oro, ma il metallo giallo si trova su supporti degni di nota in area 1200 con l’esposizione net long degli hegde fund che continua ad assottigliarsi ed ormai prossima a livelli che negli ultimi 10 anni hanno favorito la formazione di un bottom primario. Siamo forse all’ultima chiamata per l’oro. Se area 1200 non dovesse tenere il trend diventerebbe inevitabilmente bearish e specularmente bullish per il Dollaro.
EurUsd e Oro (grafico daily) – oro e dollaro perfetta correlazione negativa