Poche ore, questa è stata la durata dell’illusorio rafforzamento di un dollaro americano che conferma la sua debolezza strutturale reagendo male ogni volta che le dichiarazioni sui dazi di Trump si abbattono sul mercato con il suo carico di incertezze e caos.
Terminato il periodo di riflessione (che si prolungherà per alcuni paesi più critici come Messico e Cina), alcuni accordi sono arrivati alla spicciolata anche se non si comprende bene in che modo verranno effettivamente applicati.
La mancanza di dettaglio è tuttavia cosa migliore rispetto a chi, come la Svizzera, il Brasile e l’India, si è visto recapitare lettere shock.
Il mercato continua, comunque, a guardare ai fondamentali e dopo il dato sull’occupazione statunitense le attese per una riduzione dei tassi a settembre sono aumentate riducendo ulteriormente il vantaggio di tasso dei rendimenti americani sulla parte più breve della curva rispetto a quelli offerti dal blocco G10.
E il risultato non poteva che essere un ritorno della debolezza sul biglietto verde.
Se i mercati azionari non sembrano quindi infastiditi dal clima di incertezza commerciale che avvolge i mercati confidenti in un aumento degli utili in prospettiva, quelli valutari vivono un momento delicato con divise come lo yen giapponese ancora sotto pressione, oltre naturalmente al dollaro americano.
A Francoforte si guarda al rafforzamento dell’euro con attenzione perché il rischio è quello di incidere sui margini di esportatori già provati dalla nuova tariffa del 15%. Certamente questa prova di forza sulla moneta unica sta agevolando il lavoro quanto a contenimento dell’inflazione.
L’incontro di Ferragosto tra Trump e Putin potrebbe intanto aprire una nuova fase nella guerra ucraino-russa.
L’attesa non è per una ripartenza immediata dell’euro. Ci sono alcuni aspetti tecnici da sistemare, dal sentiment alla stagionalità, passando dagli oscillatori. Certamente più passa il tempo e meno profondo sarà il recupero del dollaro Usa.
Se prendiamo ad esempio il grafico settimanale basato sulle bande di Bollinger scopriamo che i picchi di volatilità anticipano i top primari. Nel 2020 e nel 2023 è andata in questo modo e il copione sembra ripresentarsi adesso con le due bande inferiore e superiore che stanno convergendo appiattendo la volatilità ed impedendo all’euro di spingere ulteriormente sopra 1,18.
Nel momento in cui le bande si avvicineranno a livelli minimi comincerà probabilmente il conto alla rovescia per un nuovo spunto bullish della moneta unica. Rischi che per il momento rimangono confinati all’importante zona di supporto di 1,12/1,13.
In una manciata di sedute l’euro si è riportato sopra quella media mobile a 50 giorni che ha sostenuto finora il bull market. Con una breve pausa, poi rivelatosi trappola per orsi post accordo con la UE sui dazi, EurUsd ha ripreso la sua marcia rialzista e sarà molto interessante verificare se la moneta unica europea saprà aggredire le resistenze e superarle al primo colpo. Area 1,17 e 1,18 sono critiche sotto questa prospettiva. L’idea di fondo rimane quella, comunque, del proseguimento di un trading range non direzionale fino a settembre, quando la FED scioglierà le sue riserve sui tassi.