La festa del Ringraziamento dovrebbe essere salva. La fine dello shutdown firmata da Donald Trump avverrà con una contestuale riapertura delle attività federali e con diversi dipendenti pubblici che potranno tornare al lavoro, ma anche con gli aiuti alimentari a tante famiglie in stato di bisogno che potranno ritornare a essere depositati sui conti correnti.
Per chi sta sui mercati saranno soprattutto i dati macroeconomici assenti da molto tempo a essere osservati con estrema attenzione. Soprattutto i dati sull’occupazione si teme daranno risposte non positive vista l’inattività di diversi servizi federali con ricadute inevitabili anche su quelli privati.
Anche la Federal Reserve si metterà al lavoro per estrapolare tutte le informazioni che servono per arrivare al prossimo FOMC preparata e prendere la decisione migliore. Che potrebbe essere quella di un taglio dei tassi salvo rigurgito dell’inflazione di novembre, ma anche un nulla di fatto come diversi esponenti della banca centrale (e lo stesso mercato che sconta una probabilità del 50% di taglio) lasciano trapelare.
Una situazione di stallo che non ha influenzato i listini azionari dove si sta però assistendo ad una rotazione settoriale evidente con il ritorno dei farmaceutici e dello stile value a discapito del growth.
Nulla di nuovo dall’Europa dove l’indice Zew tedesco non ha mostrato numeri particolarmente incoraggianti ma che non cambieranno la decisione di stabilità della BCE nel prossimo meeting di politica monetaria. Chi taglierà a dicembre dovrebbe essere invece la Bank of England che attenderà la presentazione del budget di bilancio governativo a fine novembre prima di abbassare i tassi visto la stato abbastanza fiacco dell’economia britannica.
Osservando il grafico del Dollar Index, ovvero quell’indice che sintetizza il valore spot del dollaro contro le principali valute mondiali (l’euro ha il peso maggiore seguito dallo yen), vediamo come il bel tentativo di reazione del biglietto verde è naufragato proprio sul più bello.
Il doppio minimo di giugno-settembre sembrava essere in procinto di essere formalizzato con tanto di ipotesi di rally misurabile in circa il 3-4% verso l’alto, ma niente di questo è avvenuto. Un ripiegamento quello che stiamo vedendo che fa pensare a una trappola per tori per il Dollar Index, con la resistenza di quota 100 che si dimostra ancora invalicabile. Un ritorno nella parte bassa di questo range non è improbabile a questo punto.

Non è andato oltre i primi supporti di 1.15 EurUsd e questo, in un contesto stagionalmente favorevole al dollaro, fa riflettere.
Gli oscillatori si sono resettati e attendiamo la graduale ripresa delle pubblicazioni delle esposizioni net long e short sui mercati futures per capire dove si sono posizionati speculatori e arbitraggisti. Certamente il sentiment negativo verso il dollaro è decisamente ridimensionato e questo offrirebbe carburante all’euro per salire.
Intanto un oscillatore come lo Stochastic Momentum Index sembra offrire segnali bullish che potrebbero proiettare il cambio verso quell’area di 1,18/1,19 che ha fatto da prima barriera nel precedente tentativo dell’euro.
