Il primo giorno di trading della settimana a Wall Street si è chiuso con un calo dei prezzi. Il Dow Jones si è indebolito dell’1,8% dopo aver perso il 2,6% durante le negoziazioni, il NASDAQ è sceso del 2,2% dopo essere sceso del 3,5% in precedenza, lo S&P 500 è sceso del 2%. Anche le criptovalute sono state colpite dalla tendenza – Bitcoin è crollato del 9%. Il sentimento negativo a New York è arrivato soprattutto dalla Cina, dove è cresciuta la paura del crollo del gigante immobiliare Evergrande.
Le azioni di Caterpillar e Goldman Sachs sono cadute particolarmente bruscamente stasera. Il produttore di attrezzature meccaniche ha perso il 4,5%, e la banca d’investimento è scesa del 3,4%. Altri titoli che si sono distinti in rosso: American Express (-3,3%), e JPMorgan (-3,7%).
Il prezzo dell’oro, un metallo considerato un “porto sicuro” per gli investitori in tempi di incertezza, è aumentato dello 0,8% a 1.765 dollari l’oncia.
I titoli dell’aviazione sono saliti, in contrasto con la tendenza negativa del mercato, dopo l’annuncio della Casa Bianca che a partire da novembre, i visitatori vaccinati dall’UE e dal Regno Unito potranno entrare. American Airlines è in rialzo dell’1,9%, Delta e United Airlines dell’1%.
Inoltre, in controtendenza, le azioni Pfizer sono salite dello 0,8% in seguito all’annuncio dell’azienda che il vaccino contro la corona che ha sviluppato è sicuro per i bambini a partire dai cinque anni.
Mercoledì sera, la Fed dovrebbe lasciare il tasso di interesse nell’economia vicino allo zero, ma gli investitori guarderanno alle previsioni per i tassi di interesse per i prossimi anni: la banca centrale dovrebbe aumentare i tassi di interesse per la prima volta dall’inizio della crisi nel 2022, o solo nel 2023.
La Federal Reserve (Open Market Committee) discuterà anche il programma di acquisto di obbligazioni che la banca porta avanti ogni mese, e potrebbe aggiornare i tempi dell’inizio della riduzione degli acquisti. Gli Stati Uniti stanno aumentando la pressione per decidere di avanzare già a novembre e forse anche a ottobre.
L’indice Hang Seng di Hong Kong ha chiuso con un calo del 3,4%, dopo essere sceso più del 4% in precedenza. Il leader dell’indice, il gigante immobiliare cinese Evergrande, ha perso l’11% nel trading – prima, l’azienda è scesa del 20%.
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Spot EurUsd: 1.1720
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1660, 1.1605, 1,1450) Resistenze (1.1900, 1.1975, 1.2130)
Strategia: Long a 1.1750
Stop loss: 1.1750
Take profit: 1.2200
Nel mondo le tensioni inflazionistiche permangono e le banche centrali potrebbero essere costrette a cambiare strategia in corsa. La tranquillità professata da FED e BCE deve fare i conti con tensioni notevoli sui prezzi dell’energia e dell’elettricità in particolare con impianti che cominciano a chiudere in Europa per effetto dell’antieconomicità di certi processi. Misure di contenimento negli aumenti delle bollette stanno per essere messi in campo dai vari governi europei, ma ormai è inevitabile preventivare una minor spesa per consumi nell’ultima parte dell’anno drenata dall’aumento nei costi energetici.
L’inflazione già morde in Gran Bretagna con il dato di agosto che ha fatto registrare un incremento del 3,2%.
Inflazione che rimarrà quindi più alta delle aspettative e inflazione core che in America è rimasta al 4% anche nel dato di agosto. Vero che siamo sotto il 4,2% atteso e il 4,3% di luglio, ma il dato generale è uscito ad un 5,3% che rende decisamente negativi i rendimenti reali offerti dal mercato obbligazionario. Si intravede qualche segnale di raffreddamento sui settori più tipicamente turistici come quello degli hotel, delle auto usate o delle tariffe aeree ma lo tsunami energetico è in corso e rallenterà il processo di rientro.
A suggerire un persistere della pressione sui prezzi anche l’elevato dato sui prezzi alla produzione. Il PPP è salito del 8,3% ad agosto, la versione core del 6,7%. E non dimentichiamo la Cina che ha visto un incremento a agosto dei prezzi alla produzione del 9,5% su base annua. Effetti che già si notano sulle vendite al dettaglio cresciute decisamente meno delle attese degli analisti ad agosto (2,5% vs 7%).
Si guarda perciò alla FED che il 22 settembre si pronuncerà sui tassi. Invariati sicuramente ma Powell sarà atteso da maggior dettagli sul tapering.
Non è escluso che proprio le tensioni sui prezzi non core dell’inflazione consiglino alla banca centrale un rinvio nel tapering per evitare di strozzare la crescita.
Gli effetti sul dollaro sono stati molto relativi post dato dell’inflazione americana. Il biglietto verde si mantiene nel rapporto con l’euro poco sopra quella zona tecnica di 1.17 che fa da spartiacque tra bull e bear market. Il tentativo di sfondare i supporti di qualche settimana fa si è rivelato una trappola per orsi e questo rappresenta in teoria un punto a favore di chi pronostica una ripresa dell’euro nelle prossime settimane.
Tecnicamente EurUsd può essere considerato in territorio ribassista fino a quando la media mobile a 200 giorni conterrà le spinte rialziste. E’ già successo a settembre e quindi solo un superamento di 1.189 aprirebbe le porte del rialzo per l’euro. Certamente non ignoriamo la struttura grafica che sta assumendo il cambio. Il testa e spalle rialzista di breve periodo sta prendendo forma e proprio il superamento della media mobile sopra citato formalizzerebbe la chiusura della figura di inversione. Il post FOMC chiarità meglio le idee.
La volatilità è molto contenuta e un indicatore che stiamo seguendo con grande attenzione è il Macd mensile. Qui il segnale bearish su EurUsd teoricamente c’è già stato con l’incrocio dal basso verso l’alto della linea del segnale a fine agosto. Manca però la conferma e anche in questo caso dopo il meeting della FED potremo avere le idee un po’ più chiare circa il valore segnaletico di questo indicatore. Ovviamente una chiusura di mese sotto 1.17 sarebbe bearish per EurUsd
La telefonata tra il presidente cinese Xi Jinping e Joe Biden dopo sette mesi di silenzio potrebbe rappresentare una svolta per quella parte di mercato azionario cinese, soprattutto quello legato alla tecnologia che ha sofferto enormemente queste tensioni. Un colloquio franco e ampio come riferiscono le fonti ufficiali, durato 90 minuti.
Ovviamente non ci è dato sapere su cosa i due leader si sono concentrati, ma quello che è emerso è la necessità che la concorrenza tra i due paesi si trasformi in un conflitto. Non converrebbe a nessuno questo è ovvio, a partire da quella Cina che militarmente è ancora una potenza in costruzione. Commercio, spionaggio industriale, diritti umani e gestione e origine della pandemia questi sono i terreni sui quali Cina e Usa si stanno scontrando ripetutamente fin dai tempi del Presidente Trump.
Alcune situazioni difficilmente potranno essere ripianate con un colloquio tra leader. Il genocidio della minoranza uighuri è una macchia spesso rimarcata dal mondo occidentale ma sulla quale Pechino che non accetta ingerenze da parte degli americani. Poi c’è la questione Hong Kong che rappresenterà anche nei prossimi anni un scivoloso territorio di scontro diplomatico.
Ma è il commercio la materia che ovviamente interessa di più i mercati. Attualmente gli americani mantengono dazi per oltre 350 miliardi di dollari su merce cinese, mentre la Cina risponde con la stessa arma per oltre 100 miliardi di dazi. Biden non ha cambiato la strategia di Trump.
Se il clima nei prossimi mesi dovesse rivelarsi più disteso ecco che alcune parti del listino cinese potrebbero diventare una interessante opportunità di acquisto. Ad esempio il Golden Dragon Index, indice che raggruppa le società quotate in America con i loro principali interessi commerciali in Cina, ha perso dai massimi di febbraio il 25% mentre nello stesso arco di tempo lo S&P500 ha guadagnato il 19%. Società come Alibaba e Baidu per esempio hanno perso dai massimi del 2021 il 50% del loro valore. Occasioni di acquisto? Lo capiremo dal comportamento dei mercati nelle prossime settimane quando l’esito del colloquio verrà messo davanti alla realtà dei fatti.
Se questa fosse comunque una prima pietra di un processo di ricostruzione dei rapporti diplomatici tra i due paesi, proprio la tecnologia cinese potrebbe rappresentare una ghiotta opportunità di ingresso per coloro che non vogliono strapagare la tecnologia americana quotata a Wall Street.
Spot EurUsd: 1.1820
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1660, 1.1605, 1,1450) Resistenze (1.1900, 1.1975, 1.2130)
Strategia: Long a 1.1750
Stop loss: 1.1750
Take profit: 1.2200
Non è tapering, ma è di fatto l’inizio del tapering. Questa la sintesi dell’intervento di miss Lagarde a margine della decisione BCE di mantenere invariati i tassi. Verrà ricalibrato il ritmo degli acquisti di titoli previsti dal programma PEPP che rimane a 1850 miliardi con scadenza 2022. Riduzione degli acquisti scontata e che nei prossimi mesi verrà affiancata a inevitabili chiarimenti al mercato su cosa arriverà dopo il PEPP. La previsione di inflazione per il 2022 al 2,2% lascia intravedere un morbidissimo passaggio verso un easing monetario meno intenso con un occhio attento a pandemia e politica monetaria americana. Altri update nelle previsioni BCE hanno interessato la crescita prevista per fine anno al 5% contro il 4,6% delle previsioni precedenti.
Già, quella politica monetaria americana che rimane ancora sullo sfondo in attesa del FOMC del 22 settembre. Dopo l’orribile dato sull’occupazione di inizio mese si scruta nei dati ad essa collegati per comprendere l’evoluzione del secondo obiettivo dichiarato dalla FED. L’indice ISM occupazione è sceso sotto quota 50, ma anche la componente legata ai prezzi è scesa dai livelli stellari di agosto. Powell dovrà confermare o smentire ciò che a Jackson Hole aveva fatto emergere, ovvero tapering in partenza entro fine anno. Salvo clamorosi ribaltoni nei dati occupazionali, o ancora peggio di crack a catena in Cina a causa dell’affare Evergrande, il percorso appare ben delineato.
La stessa Australia, pur prendendo tempo e spostando il tapering a febbraio, ha confermato che il processo di normalizzazione è inevitabile e da percorrere per evitare effetti collaterali a livello di inflazione. Anche il Canada, pur usando toni soft, ha confermato la scelta di ridurre il piano di stimoli.
Il mondo finanziario sviluppato si avvia quindi verso una lenta normalizzazione della politica monetaria mentre nel mondo emergente già da tempo la lotta all’inflazione sta trovando il modo di contenere la svalutazione delle monete locali con ripetuti rialzi dei tassi. Ultima in ordine di tempo la Russia che ha portato i tassi al 6,75% proprio per arginare gli effetti negativi dell’inflazione.
EurUsd non si è praticamente mosso sulla notizia BCE. Il mercato aveva già anticipato la mossa dall’ultima settimana di agosto. Lo schianto contro la media mobile a 200 giorni per l’ennesima volta ha messo la parola fine all’ambizione di chi sperava di vedere una moneta unica più forte. Rimane quindi la soglia di 1.19 la prima barriera da monitorare con attenzione per un cambio di tendenza. Il testa e spalla ribassista formalizzato ad agosto per il momento si è rivelato un “fake” e quindi solo sotto 1.17 si aprirebbero le porte di una debolezza più marcata dell’euro.
Ma 1.19 è importante anche perché sta prendendo forma una figura stavolta rialzista di testa e spalla. Sui grafici di breve periodo, dopo l’affondo sotto 1.17 di agosto, si possono già notare i due massimi che hanno preceduto e succeduto il bottom. Valicare questa resistenza ci permetterebbe già ora di stimare l’obiettivo potenziale del movimento in area 1.21. Ma sullo sfondo c’è un death cross da scongiurare. La media mobile a 100 giorni sta infatti puntando quella a 250.
In una settimana ricca di appuntamenti per le banche centrali di tutto il mondo, il messaggio forse più interessante è arrivato dall’Australia. La banca centrale ha infatti mantenuto i tassi di interesse ai minimi storici ma ha confermato l’avvio del tapering, seppur con un rinvio temporale. La cosa ha un po’ sorpreso gli analisti i quali, visti i recenti lockdown che hanno interessato il paese, pensavano ad un ulteriore fase di prolungamento delle misure di QE. Niente da fare, il mondo si sta indirizzando verso l’archiviazione di questa fase straordinaria di liquidità a bassissimo costo anche in zone del mondo dove tassi di interesse di questo tipo non si erano mai visti.
Il dollaro australiano ha pagato a caro prezzo e un po’ a sorpresa questo atteggiamento della RBA che potrebbe strozzare una crescita che comunque nel secondo trimestre dell’anno si è assestata ad un livello superiore alle attese (0,7% vs 0,4%).
Il rinvio da settembre a febbraio 2021 della riduzione da 5 miliardi a 4 miliardi di Aud di titoli riacquistati dalla RBA ha favorito le prese di profitto sull’Aussie. Il prendere tempo non piace mai ai mercati perché dimostra poca visibilità e soprattutto incertezza. La sensazione è che la RBA abbia calciato avanti la palla per timore che la situazione sul debito privato in Cina (vedi il sempre più probabile default di Evergrande) posso riverberarsi negativamente sulla domanda di materie prime australiane. E questo ci porta ad un altro punto importante, quello dell’attuale valutazione delle commodity.
Osservando il grafico di AudUsd si può apprezzare come il test della media mobile a 200 giorni è avvenuto in modo chirurgico proseguendo una tendenza negativa che va avanti da febbraio 2021. Bear market quindi confermato.
Ma lo stesso grafico ci porta diretti anche al mondo delle materie prime fresco reduce da nuovi massimi nelle scorse settimane e responsabile dell’alto livello di inflazione a livello globale. Da sempre ben correlati, AudUsd e indice Bloomberg Commodity Index stanno prendendo direzioni opposte da un po’ di tempo. Un segnale di eccesso sulle commodity o di palese sottovalutazione dell’Aud? Lo scopriremo nelle prossime settimane ma la sensazione è che l’atteggiamento cauto e il rinvio da parte della RBA nasconda il timore che siano le materie prime quelle ad aver corso troppo in alto.
Spot EurUsd: 1.1880
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1660,1.1605, 1,1450) Resistenze (1.1910, 1.1975, 1.2150)
Strategia: Long a 1.1750
Stop loss: 1.1750
Take profit: 1.2200
I mercati americani proseguono la loro marcia inarrestabile con nuovi massimi storici nonostante dati macroeconomici sull’occupazione inferiori alle aspettative. Venerdì scorso infatti sono state registrate 235 mila nuove buste paga ad agosto, un numero di molto inferiore ai 700 mila attesi e i 945 mila di luglio. Il mercato ne ha approfittato subito per vendere dollari confidando sul fatto che la FED rivedrà il percorso di exit strategy del piano di riacquisto titoli che Jerome Powell aveva illustrato in quel di Jackson Hole.
Il Presidente della FED ha fatto aleggiare sul mercato l’ipotesi tapering già a partire da dicembre 2021 e questo anticiperebbe anche la stretta sui tassi.
Un qualcosa a cui il mercato non crede anche alla luce dei dati sulla disoccupazione e che infatti non ha trovato riscontro nè in una discesa delle borse, nè in un rafforzamento del dollaro.
Al momento rimangono perciò pochi dubbi sulla ripresa in corso negli USA e sulla politica monetaria ancora espansiva. Dall’altro lato dell’Atlantico, ovvero nella zona Euro, l’approssimarsi delle elezioni tedesche con tassi di inflazione particolarmente sostenuti, comincia a mettere pressione sulla BCE.Secondo un sondaggio di Bloomberg, la BCE potrebbe iniziare a prendere atto della crescita dei prezzi e del miglioramento delle condizioni economiche dell’area euro rallentando il ritmo mensile di acquisti di titoli noto con il nome di Pepp, un programma nato in occasione della pandemia e capiente per 1.850 miliardi. Il prossimo meeting BCE potrebbe essere cruciale in tal senso con l’annuncio di una revisione del piano.
Infine la Cina mostra un rallentamento sempre più marcato come confermato dalle borse, in netta controtendenza rispetto al resto delle borse emergenti, ed ora anche dai dati di Pmi scesi sotto 50 in territorio di contrazione economica.
In tutto questo il dollaro americano ha fatto quello che ci aspettavamo. Ovvero rimbalzare dall’importante area di supporto di 1.17. Bene per il nostro trade long EurUsd che si può adesso permettere di aggiustare lo stop al punto di ingresso.
Ma andiamo all’analisi tecnica
Quello che sembrava un testa e spalla ribassista formalizzato si è rivelato una vera e propria trappola per orsi. Prima un bullish engulfing pattern (ovvero una candela rialzista che su scala settimanale ha ricoperto quella ribassista precedente) e poi il definitivo ritorno al di sopra della neck line sembrano aver sancito il fallimento dell’assalto del biglietto verde.
Con questa condizione grafica non si può fare altro che rimanere lunghi di Euro.
Ma è andando sul grafico giornaliero che comprendiamo meglio la posta in gioco ed il movimento ribassista del dollaro.
Avendo l’accortezza di prendere in considerazione solo le chiusure il risultato è evidente. Il trend di debolezza di EurUsd cominciato a maggio sembra essersi esaurito con un rimbalzo vigoroso che ora preme contro 1.19. Guarda caso un livello che coincide anche con la media mobile a 200 giorni.
Attenzione a questo livello perchè un suo superamento imporrebbe un cambio strutturale di atteggiamento verso il biglietto verde.
Alcuni la definiscono come la Lehman del mondo finanziario cinese, ma certamente la crisi che sta coinvolgendo il colosso cinese del real estate Evergrande rischia di mettere a dura prova la tenuta del sistema bancario ed immobiliare di Pechino.
La notizia di lunedì relativa alla sospensione sulla borsa di Shanghai di alcuni bond con scadenza 2022 ha scatenato un fiume di vendite con inevitabile innalzamento dei rendimenti richiesti dal mercato per possedere carta Evergrande.
Ma facciamo un passo indietro cercando di capire come la società è potuta arrivare a questo punto. Circa un anno fa la società in piena crisi e colpita duro anche dalla pandemia, chiese una maggiore sensibilità allo Stato relativamente alla crisi di liquidità che stava colpendo l’intero settore immobiliare.
Il titolo azionario da quel momento è precipitato sulla borsa di Hong Kong di oltre il 70%, un comportamento che si è trasmesso anche sul ben più delicato mondo delle obbligazioni. Qui il default è ormai dato però per certo. Ad esempio il bond con scadenza marzo 2024 prezzava ieri un rendimento a scadenza di poco inferiore al 90%. Il mercato non sembra credere al too big to fail sul quale forse la stessa società puntava da tempo.
Il timore è adesso legato all’effetto a catena che questo fallimento potrebbe avere sul mondo high yield cinese già oggi in grado di offrire rendimenti superiori al 13%. Il rischio percepito dagli investitori esteri è evidente anche perché la metà delle obbligazioni offshore della Cina provengono proprio da società del settore immobiliare. Ma Pechino vuole proseguire nel processo di riduzione della leva finanziaria delle società del settore e difficilmente la politica correrà in salvataggio di Evergrande.
La società ha in pancia ben 104 miliardi di dollari di passivo ed il taglio di rating da parte di S&P ha definitivamente affossato le speranze di ripresa. Il profit warning lanciato dalla società la scorsa settimana (previsto un calo degli utili del 39%) combinato alla difficoltà di accesso al mercato del credito rendono improbabile il pagamento di 7,4 miliardi di dollari di obbligazioni in scadenza nel 2022.
Una crisi annunciata che si spera possa essere confinata all’interno del mondo finanziario cinese. La domanda che però giustamente molti analisti si pongono è se tutto questo non provocherà effetti collaterali da pandemia finanziaria in un mondo che nei mesi scorsi ha acquistato parecchia carta cinese. La percezione verso il rischio degli investitori è molto bassa in questo momento storico, anestetizzata dalla grande liquidità con la quali le banche centrali hanno inondato i mercati nei mesi scorsi. E questa non sempre è una notizia positiva.
Spot EurUsd: 1.1700
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1605, 1,1450, 1,1300) Resistenze (1.1840, 1.1900, 1.1975)
Strategia: Long a 1.1750
Stop loss: 1.1600
Take profit: 1.2200
Era inevitabile. La FED ha di fatto preso atto che l’inflazione non sarà un fenomeno transitorio come il mercato sta anticipando da tempo. Diverse aziende stanno già traslando a valle sul consumatore l’onere di un prezzo più alto di materie prime e semilavorati, ma soprattutto la carenza di produzione in alcuni settori chiave dell’economia. Primo fra tutti quello dei chip, come conferma Toyota costretta a ridurre del 40% la sua produzione globale proprio per carenza di componentistica elettronica.
I verbali dell’ultimo meeting della FED hanno confermato come ormai in stato avanzato di discussione il progetto di uscire dalla fase ultra espansiva di politica monetaria. Si comincerà ad inizio 2022 con la riduzione del piano di acquisto titoli da 120 miliardi di dollari. Si andrà avanti fino all’autunno quando il testimone della stretta monetaria passerà ai tassi di interesse.
I mercati azionari hanno subito compreso il cambiamento di strategia emerso dalle minute FED e preso un po’ di profitto dopo l’ennesimo massimo storico. Una fase di lateralità potrebbe accompagnare a questo punto i mercati più volatili in attesa delle parole di Powell a Jackson Hole.
Intanto il dollaro sta tentando di forzare livelli di resistenza molto importanti e la debolezza dei mercati emergenti (ma anche di alcune commodity currencies) è la chiara testimonianza di quello che potrebbe accadere. Se infatti la FED annuncerà una stretta prima del previsto il biglietto verde sarà un beneficiario netto di questa nuova strategia, raffreddando probabilmente il costo delle materie prime, ma al tempo stesso danneggiando quel mondo emergente da sempre esposto anche a livello di debito pubblico e privato all’andamento dei tassi di interesse made in USA. La stessa tensione si respira già su alcune valute emergenti (ad esempio il rand sudafricano), ma anche su alcune commodity currencies come dollaro australiano e neozelandese. Qui, complice una politica di vaccinazione inadeguata ed una recrudescenza del Covid, le vendite stanno bersagliando Aud e Nzd negli ultimi giorni.
Per quello che riguarda il quadro tecnico del dollaro Usa è evidente come lo sfondamento di 1.17 potrebbe aprire nuovi interessanti scenari. La formalizzazione del testa e spalla ribassista evocato nel focus della scorsa settimana, implica un allontanamento da quella media mobile a 200 giorni (ora in transito a 1.19) che proprio ad inizio agosto ha creato le premesse per quello che in gergo viene definito bacio della morte. Obiettivi tecnici che nel caso di chiusura di mese sotto 1.17 diventano rispettivamente 1.12 e 1.10.
Se a livello giornaliero le divergenze tra spot e oscillatori come RSI sono evidenti, a livello mensile un indicatore come il Macd sembra formalizzare un segnale bearish destinato a durare nel tempo. Se la chiusura del mese sarà quella attuale allora il segnale sarà confermato aprendo le porte a 1.10.
La Fed annuncia l’avvio del tapering e lo fa in maniera consapevole pubblicando i verbali dell’ultimo meeting di fine luglio. Dalle minute è emerso infatti che il programma di acquisto titoli verrà ridotto a partire dai prossimi mesi anche se una data non è ancora stata fissata. Forse Powell sarà più preciso in quel di Jackson Hole. I verbali pubblicati mercoledì sera precisano che non ci sarà nessun legame tra riduzione del QE e rialzo dei tassi, ma è evidente che il mercato si è innervosito alla notizia. Aumento della volatilità e rafforzamento del dollaro le prime conseguenze a caldo.
La FED terrà conto delle incertezze che gravano sull’economia, in primis l’andamento della pandemia e la diffusione della variante Delta. Ma considerando che i casi negli USA viaggiano già ad un livello superiore ai 100 mila al giorno, ci si chiede cosa potrebbe rinviare la decisione come accaduto di recente in Nuova Zelanda. Qui la banca centrale ha deciso, dopo l’annuncio del Governo di un nuovo lockdown di 7 giorni per un nuovo caso di Covid accertato, di non alzare i tassi di interesse a 0,5%. L’aumento del costo del denaro era scontato dal mercato che infatti è stato colto di sorpresa zavorrando così la valuta locale, il dollaro neozelandese.
Tornando alla FED, considerato il raggiungimento (e il superamento) dell’obiettivo di inflazione al 2%, rimane la piena occupazione l’ultimo target da considerare. I recenti dati sulla disoccupazione in deciso calo sembrano andare nella direzione giusta. A quel punto Powell non potrà che rompere gli indugi.
Quindi è cominciata la famosa exit strategy, quella che Bernanke definì nel 2013 come tapering e che colpì soprattutto il mondo obbligazionario. I 120 miliardi di dollari di titoli acquistati dalla banca centrale potrebbero perciò diventare progressivamente meno lasciando al mercato la facoltà di definire in modo più efficiente il reale prezzo dei bond. Presumibile quindi un innalzamento dei tassi a lunga scadenza in linea con quelle aspettative di inflazione che rimangono stabilmente sopra al 2% e che difficilmente piegheranno la testa dopo l’annuncio di Toyota di tagliare la produzione del 40% di automobili a livello globale. Difficoltà nel reperimento dei chip e nuova recrudescenza della pandemia in Asia tra le cause che hanno indotto Toyota ad una decisione storica.
Indicatori anticipatori di inflazione molto osservati dalla FED come quello stilato dall’università del Michigan piuttosto che quello prodotto dalla FED di New York non segnalano nessun ripiegamento nelle attese di inflazione a 12 mesi. Questo costringerà la banca centrale americana ad accelerare i tempi del tapering. Il dollaro ringrazia, borse e bond un po’ meno.
Spot EurUsd: 1.1770
Scala temporale Giornaliera: Supporti (1.1700, 1.1630, 1.1600) Resistenze (1.1800, 1.1910, 1.1975)
Strategia: Long a 1.1750
Stop loss: 1.1630
Take profit: 1.2200
Il dato relativo all’inflazione americana non ha sortito grandi effetti sui mercati valutari. In uno dei mesi di agosto più caldi della storia del pianeta, il forex si mantiene stranamente tranquillo. Merito di banche centrali che hanno anestetizzato il mercato con grandi iniezioni di liquidità, ma anche di assenza di situazioni di stress nel mondo emergente, almeno per il momento. Tornando al dato dell’inflazione americana possiamo annotare come questo è uscito in linea con le attese e sopra al 5% con un dato core depurato dagli effetti volatili di cibo e energia comunque ancora abbondantemente sopra il 4%. Lo stress da riaperture e collo di bottiglia nelle forniture non si è ancora sopito nella catena produttiva ed anzi diverse multinazionali hanno già cominciato a ritoccare i listini.
Gli occhi degli analisti sono però orientati a Jackson Hole a fine mese. Powell potrebbe dare qualche indicazione preziosa sulla politica monetaria anche se diversi esponenti del board FED sono usciti allo scoperto mostrando le diverse vedute all’interno dello stesso. Tapering fin da subito o attendere fino al 2022 con dati sul mercato del lavoro così forti come quelli usciti di recente? Una bella matassa da sbrogliare e che per ora vede il dollaro vincente (sceso a 1.17 contro euro) e i metalli preziosi perdenti. Se i tassi reali risalgono, o comunque la politica monetaria si irrigidisce, oro e argento perdono appeal e di converso il dollaro risulta più interessante.
Sarà a questo punto anche interessante capire come l’Europa uscirà in termini di dati macroeconomici da un’estate anomala, ma certamente diversa da quella 2020 con riaperture più diffuse e vaccinazioni che ormai hanno raggiunto più di metà della popolazione. I dati di inflazione del Vecchio Continente non sposteranno la politica di una BCE che proprio a luglio ha annunciato che tollererà un CPI sopra il 2% per un certo periodo di tempo. Anche questo è alla base del recente indebolimento dell’euro.
Dal punto di vista dell’analisi tecnica confermiamo ciò che era emerso dai grafici della settimana scorsa. Area 1.17/1.175 è l’ultimo baluardo di difesa per la moneta unica europea. Perdere questo sostegno significherebbe andare fino a 1.10, obiettivo teorico della figura di testa e spalla. Le divergenze prezzo- RSI sono evidenti con EurUsd che esce dall’ipervenduto ma con prezzi che limano esattamente il bottom di marzo. Solo il break del supporto confermerà la necessità di chiudere le posizioni long di euro.
Ma andiamo anche a vedere cosa succede al Dollar Index. Cambia la forma ma non la sostanza. Qui abbiamo un doppio minimo 2021 che si sta profilando con area 93/93.5 a fare da baricentro. Il sostegno della media mobile a 200 giorni è stato finora importante per rilanciare l’azione del dollaro e solo una sua perdita (quindi 92) formalizzerebbe anche qui una figura di testa e spalla ma la contrario, ovvero ribassista. Il momento è delicato e la fine di agosto potrebbe essere risolutiva per chiarire diverse situazioni di incertezza.