L’inflazione è ancora troppo alta e questo impone il mantenimento di tassi elevati a lungo. Powell e Lagarde hanno ribadito la visione delle due banche centrali più importanti del mondo a Jackson Hole. Una pausa di riflessione potrebbe arrivare sia da parte della FED che della BCE a settembre e questo è piaciuto ai mercati, ma nuovi rialzi non sono da scartare. E questo è piaciuto al dollaro.
L’inflazione americana risale come da previsioni a luglio, dopo un anno di costante ridimensionamento. Anche i prezzi alla produzione rialzano la testa. Previsioni economiche di accelerazione della crescita inducono la FED alla prudenza nel mollare la presa sui tassi. EurUsd continua a rimanere in una fase di limbo in attesa dell’incontro di Jackson Hole a fine mese.
Perde la tripla A il debito americano e questa decisione dell’agenzia Fitch arrivata un pò a sorpresa ha aumentato la volatilità sui mercati in un contesto di politica monetaria ancora restrittiva. In Europa, intanto, i prezzi alla produzione si mostrano remissivi ponendo dubbi a Francoforte su quanto sia ancora opportuno alzare ancora i tassi. Volatile ma poco mosso EurUsd.
FED e BCE non smentiscono i mercati alzando il costo del denaro di un quarto di punto a testa come previsto. Non sarà il 2023 l’anno del taglio dei tassi e non sarà il 2024 l’anno in cui l’inflazione tornerà al 2%. Intanto l’economia europea rallenta, e l’euro a fatica recupera la soglia di 1,10.
La Fed e la Bce non mollano sull’inflazione e quindi sui tassi di interesse. A Sintra i banchieri centrali hanno avuto l’occasione di confrontarsi e sia Lagarde che Powell hanno ribadito che i rialzi del costo del denaro non sono finiti. Anticipando nuove manovre che probabilmente rallenteranno l’economia. Le parole di Powell hanno permesso al dollaro di recuperare evitando il pericoloso break rialzista delle resistenze di area 1,10.
Powell davanti al Congresso ha dichiarato che saranno probabilmente necessari nuovi aumenti nei tassi di interesse per contenere le spinte inflattive negli Stati Uniti. Il dollaro sembra non credere alla FED, oppure pensa che la BCE sarà altrettanto aggressiva viste le massicce vendite sul biglietto verde. Ma i dati PMI europei gelano le aspettative
La FED non si muove sui tassi, ma non esclude di farlo più avanti togliendo ogni ambiguità su un possibile taglio nel costo del denaro nel 2023. Non ci sarà. La BCE rimane aggressiva e anche a luglio si muoverà portando i tassi al 4.25%. L’inflazione rimane il nemico da sconfiggere assieme ad un mercato del lavoro ancora resiliente. Ottima reazione di EurUsd nel test dei supporti.
Gli Stati Uniti hanno disinnescato, come al solito all’ultimo miglio, il rischio default. Adesso tutte le attenzioni vanno sulla FED e sulla BCE con le decisioni di politica monetaria che impatteranno sull’evoluzione estiva di mercato azionari e obbligazionari che stanno assumendo comportamenti divergenti quanto a probabilità di recessione entro fine 2023. EurUsd ritesta i supporti chiave ed è nuovamente a rischio inversione di tendenza.
Scongiurato lo sfondamento del tetto con un accordo che rimanda al 2025 la pratica, gli Stati Uniti tornano a concentrarsi sulle prossime mosse di una Federal Reserve che potrebbe aumentare i tassi a metà mese come farà sicuramente la BCE. In Eurolandia l’inflazione rallenta oltre le attese e l’euro comincia a scontare uno scenario di politica monetaria meno aggressiva del previsto. Negli Stati Uniti invece l’occupazione accelera.
Il mondo finanziario è con il fiato sospeso per l’evoluzione della delicata questione sul tetto del debito americano. In assenza di aumento del debt ceiling l’America andrebbe in default scatenando una prevedibile volatilità sul mercato e corsa ai beni rifugio. L’accordo ci sarà. probabilmente ma sul fotofinish, ma il rallentamento economico maggiore del previsto in Europa favorisce la forza del dollaro.