Pochi eventi macroeconomici hanno caratterizzato una settimana corta per effetto della Festa del Ringraziamento americana. Le dichiarazioni immancabili di alcuni banchieri centrali e le elezioni politiche olandesi hanno fornito qualche spunto. EurUsd continua intanto ad allontanarsi da livelli critici e affronta adesso le resistenze di area 1,10.
L’inflazione americana rallenta più del previsto e i mercati festeggiano cominciando a sperare in generosi tagli nei tassi di interesse nel 2024 da parte della FED. In Europa intanto la recessione potrebbe non arrivare e l’euro riguadagna area 1,09 un po’ a sorpresa.
Poche informazioni quelle arrivate dai mercati valutari la scorsa settimana se non le dichiarazioni in ordine sparso di banchieri centrali che non lasciano trasparire il desiderio di allentare la morsa sui tassi. Un clima di attesa che ha consentito all’euro di recuperare terreno dirigendo la prua verso resistenze importanti e decisive. I mercati scruteranno con attenzione i dati in attesa dei meeting di dicembre.
Mentre il mondo continua a guardare con preoccupazione alle tensioni geopolitiche crescenti alle porte dell’Europa, l’inflazione mostra segni di moderazione che fanno sperare in banche centrali meno aggressive nel 2024. La FED osserverà con attenzione i dati di crescita, la BCE guarderà ad un’inflazione già in evidente rallentamento. Intanto EurUsd rimbalza tornando a ridosso delle resistenze che contano.
Le tensioni belliche in Medio Oriente hanno favorito la fuga dal rischio con i tassi di interesse che rimangono elevati vista la ferma volontà delle banche centrali di non perdere il controllo dell’inflazione, soprattutto adesso che rischia di vedere una ripresa a causa dei conflitti geopolitici. EurUsd intanto torna a premere sui supporti chiave in ottica di lungo periodo.
Dopo l’Ucraina, Israele, il mercato rinnova lo stato di tensione temendo un allargamento dei conflitti su scala globale. Le divisioni tra Occidente e Oriente aumentano un’incertezza di fondo che non fa bene ai mercati, mentre agevola il recupero di beni rifugio come l’oro e il dollaro. Ma non dei Treasuries americani che toccano il 5% sulle scadenze più lunghe.
La preoccupazione per un nuovo focolaio di guerra scoppiato questa volta in Medio Oriente, con Israele vigliaccamente aggredita dai terroristi palestinesi, trova negli asset più sicuri come oro e obbligazioni un porto verso cui convergere. La FED non sembra però intenzionata a mollare sui tassi, ma il mercato spera. Dollaro comunque premiato nella più classica delle fughe dal rischio.
Negli Stati Uniti gli strascichi dell’aumento del tetto del debito formalmente rinviato a novembre, proseguono, mentre i dati macroeconomici mostrano un’economia ancora forte con le buste paga che hanno doppiate le attese a settembre. Il dollaro rimane forte anche grazie alla nuova guerra in Israele, mentre l’euro subisce vendite alimentate per lo più da prospettive di crescita molto modeste che vedono certi paesi già in recessione come la Germania e altri prossimi ad entrare in questa fase.
Negli Stati l’incubo shutdown torna a materializzarsi in un contesto di banche centrali che vogliono assolutamente contenere le spinte inflattive. Crolla il mercato dei bond, ripiega anche l’azionario, bene il dollaro, unico vero bene rifugio. In Europa la debolezza dell’euro rischia di creare qualche problema alla BCE nella gestione della politica monetaria.
Negli Stati Uniti la politica monetaria rimarrà restrittiva ancora a lungo e la FED vede tagli nei tassi solo a fine 2024. Una buona notizia per il dollaro, pessima per bond e euro. I prossimi dati definiranno meglio il percorso di una banca centrale risultata più aggressiva del previsto nel FOMC di settembre.