Il 2022 è stato un anno ancora sfavorevole a EurUsd, ma la reazione arrivata a partire da settembre in avanti è stata talmente travolgente da invertire la tendenza. La FED si avvia a esaurire l’aumento dei tassi mentre la BCE continua a combattere l’inflazione. L’euro in questo contesto si avvantaggia anche per le minor preoccupazioni sul fronte dell’energia nel Vecchio Continente.
I verbali del meeting FED di dicembre confermano la linea dura della banca centrale nel contrastare l’inflazione. Nessun membro si è detto favorevole a ridurre il costo del denaro nel 2023. Intanto in Europa l’inflazione scende più velocemente del previsto, un fattore che potrebbe zavorrare l’euro nel breve termine.
Il 2022 si chiude con un saldo positivo per il dollaro americano, ma nettamente sotto i massimi dell’anno. I tassi di interesse europei stanno risalendo rapidamente riducendo il differenziale tassi con gli USA. Poi c’è un prezzo del gas che ha subito un forte ridimensionamento avvantaggiando EurUsd che ritrova la soglia di 1,07.
Il 2022 è stato un anno positivo per il dollaro, ma che poteva andare meglio rimuovendo gli ultimi due mesi dell’anno. Dimezzato praticamente il guadagno a causa non tanto di una banca centrale americana restia ad alzare i tassi, quanto piuttosto a banche centrali come la BCE (e presto la BOJ) che hanno abbandonato la politica del tasso zero. Il 2023 sarà molto interessante e ricco di sorprese.
La FED aumenta i tassi di interesse di 50 punti base come previsto aprendo le porte ad un periodo di costo del denaro che rimarrà al 5% più a lungo del previsto. Riviste al rialzo le stime di inflazione e al ribasso quelle di crescita confermando le indicazioni della vigilia di Powell. Da copione anche il rialzo della BCE che però formalizza il Quantitative Tightening. EurUsd tocca nuovi massimi ma si ferma di fronte alle resistenze chiave
La settimana delle banche centrali è arrivata. FED, BCE e BOE saranno i veri catalizzatori di un mercato che si aspetta minor vigore nel rialzo dei tassi e soprattutto parole confortanti per il 2023 quando un allentamento monetario potrebbe essere necessario per fronteggiare una sempre più probabile recessione economica.
Scontro aperto tra i vari membri della FED. Powell sconfessa infatti quello che poche ore prima alcuni membri più “falchi” del FOMC avevano dichiaro, ovvero che i mercati sottostimavano le potenzialità di combattere con decisione l’inflazione da parte della banca centrale americana. Poi sono arrivati i dati positivi sull’occupazione, ma il dollaro rimane debole.
Poche le notizie di questa settimana in un contesto di mercati ancora pimpanti sia lato azionario che obbligazionario. Il dollaro continua a perdere un po’ di terreno sull’attesa che la FED rallenti il passo del rialzo nel costo del denaro nel meeting di dicembre.
Se la FED allenta la pressione sui tassi allora i mercati sono felici. Tutti tranne il dollaro che soffre e non riesce a recuperare molto terreno sull’euro. I dati su prezzi al consumo e alla produzione di ottobre fanno sperare in un aumento dei tassi di soli 50 punti base da parte della FED. Rialzo delle borse, ribasso dei rendimenti obbligazionari e EurUsd che consolida le rotture tecniche, questo il riassunto della settimana scorsa.
Politicamente divisa in due, economicamente avviata verso una nuova recessione con inflazione che sale ma meno del previsto. Questi i responsi della scorsa settimana dagli Stati Uniti dove i repubblicani hanno occupato un numero di seggi maggiore al Congresso, ma non hanno sfondato come atteso. L’azione di Biden sarà ora meno incisiva e per il dollaro i primi livelli che contano hanno ceduto.